A John Carmack dei videogiochi in quanto tali è sempre interessato poco. Le cronache raccontano che ciò che lo appassionava davvero era risolvere i problemi tecnologici legati allo sviluppo. Ha sempre avuto il piglio dello scienziato e molto poco quello del creativo.
Anzi, è probabile che consideri quasi un peso la distrazione causata da un approccio più disordinato ai problemi, che nella sua ottica vanno risolti solo per passare al problema successivo. Commander Keen non era solo un platform da rendere divertente, ma anche uno scrolling da rendere fluido su macchine che nessuno riteneva in grado di gestirlo. Wolfenstein 3D non era solo il capostipite degli sparatutto in prima persona, ma soprattutto un modo per sperimentare una tecnologia grafica mai tentata prima. Lo stesso RAGE, il suo ultimo videogioco in cui figura come sviluppatore di id Software, era prima una mega-texture da far funzionare, poi un prodotto da lanciare in un mercato sempre più competitivo, in cui nessuno può pensare di campare di rendita, nemmeno l'uomo che ha contribuito a inventare il genere più commerciale sulla piazza. Ma facciamo un passo laterale che paradossalmente ci proietta anche verso il futuro: DooM; e cerchiamo di capire perché anche se avesse continuato a lavorare per id Software non sarebbe mai riuscito a tenere fede al suo stesso mito.
Equilibri
Pensando a DooM tutti possiamo condividere una serie di immagini rimaste indelebili nella memoria collettiva degli appassionati di videogiochi, immagini fatte di scontri furiosi contro orde demoniache, che si aggirano minacciose per i labirintici livelli di una base spaziale costruita sul suolo di Marte.
Se ci pensiamo bene la trama di DooM non ha alcun senso, o almeno non lo ha finché non le sommiamo ad altre immagini appartenenti alla storia del gioco. DooM non è solo il suo motore rivoluzionario, ma è anche quella casa dove gli allora ragazzotti di id Software, John Carmack, John Romero e Tom Hall, si riunivano per giocare di ruolo, bere birra, mangiare patatine e programmare. Doom è sapienza tecnica, ma è anche quell'atmosfera, con un gruppo di individui competentissimi che gioca come sviluppa e sviluppa come gioca. Va bene, abbiamo il motore, per cosa lo usiamo? Ecco un demone come lo abbiamo immaginato leggendo dei Beholder mentre tiravamo dadi per scappare da un dungeon; eccone un altro grosso, rosso e con le corna ricurve, che sembra arrivato da uno di quei fumetti di serie z che tutti tanto amiamo; ecco che il protagonista è un improbabile marine ed ecco che a un certo punto può spuntare anche una sega elettrica, che non ha molto senso in una base spaziale, ma che vuoi mettere quante soddisfazioni può dare nel corso del massacro? DooM era texture, ma era anche l'anima di quelle texture (che brutta espressione), rintracciabile in un processo creativo a metà tra un dadaismo naif e la scissione dell'atomo.
Attenzione perché non stiamo indicando un sistema da cui prendere spunto per il futuro, ma solo creando un affresco che includa nel processo produttivo anche alcuni fattori ambientali che hanno permesso l'armonia dell'atto creativo, fattori che oggi sarebbero improponibili per il mondo dei tripla A, vista la dimensione dei progetti da gestire, ma che allora erano inscindibili dallo sviluppo stesso, che era un atto legato a doppia mandata con quel modo di vedere il mondo. id Software non era un'azienda con dei proprietari e dei dipendenti, ma era i suoi dipendenti. id Software esisteva in quanto identità di uno specifico gruppo di individui che condividevano esperienze di vita quotidiana che si riflettevano costantemente in ciò che facevano. Carmack era il dominio tecnologico, il maestro di cerimonia capace di piegare hardware e software al suo volere imparando a conoscerli e a rispettarli per trarne il massimo. Romero era lo schizzo di genio, la furia anarchica dell'atto creativo stesso che non si poneva domande sulla liceità della rappresentazione, ma si faceva bastare il fatto che gli piacesse. Ci sarebbe molto da discutere su entrambi i caratteri e sulla loro distruttività una volta isolati, ma in questo frangente conta capire soprattutto che i due approcci, per quanto in netto contrasto tra loro, formassero in realtà un unico processo, equilibrandosi e sostenendosi a vicenda. Erano la chiave di volta che teneva in piedi l'intero architrave di id Software.
Nuovi corsi...
id è finita quando è venuto meno il sistema di contrappesi che permetteva di esprimere diverse anime bilanciandole. La cacciata di figure creative importantissime dallo studio e lo strapotere di Carmack hanno segnato la prevalenza delle problematiche di natura tecnologica sulle altre. È stato un processo di territorializzazione vero e proprio, con il carattere più forte che ha iniziato a dettare la linea dell'intero studio, frenandolo lì dove non ha più trovato un contrasto di livello adeguato. Prendiamo DooM 3: era un ottimo gioco, ma era solo un DooM tecnologicamente più avanzato, complessivamente davvero freddo. Il problema di Carmack erano le ombre, non l'evoluzione del genere degli sparatutto in prima persona, portata invece sapientemente avanti da studi concorrenti come Valve. In un certo senso Carmack era diventato un peso per la sua stessa azienda, perché dei videogiochi non gli interessava più quasi nulla. Per questo è stato ben contento di andarsene a lavorare sull'Oculus Rift, dove è tornato a ragionare su problematiche da risolvere, invece che sui modi per creare videogiochi divertenti. Così crediamo che il suo allontanamento da id Software, che non è più id Software, non possa che fare bene al nuovo DooM, che non è più DooM. Non lo è, non lo sarà più e non dovrebbe nemmeno puntare a esserlo.
Ma davvero il nuovo DooM può essere un buon gioco senza John Carmack?
...o nuovi ricorsi?
L'industria dell'intrattenimento, quella dei videogiochi su tutte, è bloccata in un eterno ripetersi che la sta alienando dal produrre qualsiasi novità vera. I videogiocatori stessi sembrano ignorare il principio per cui la bellezza di un'opera non è solo dettata dall'opera in sé, ma anche dal contesto che l'ha prodotta. DooM è un tempo, uno spazio e alcune persone, queste ultime comprensive di autori e pubblico. Sognare che il nuovo DooM sia quello di allora è ingenuo, quanto sbagliato.
Per questo l'allontanamento di Carmack potrebbe avergli fatto bene: venuto a mancare l'ultimo legame forte con il suo passato, il titolo potrebbe finire per essere un bel gioco, proprio lì dove non pretenda di celebrare a tutti i costi il nome che porta, ma tenti di superarlo, magari riprendendone alcuni elementi, ma rileggendoli nella chiave delle moderne tecnologie, imponendogli così una fortissima virata. Carmack sarebbe stato solo un peso, non tanto perché non più capace di sviluppare videogiochi, quanto perché impossibilitato a non essere Carmack. Se senti che qualcosa non ti riguarda più, non puoi farti tornare la passione schioccando le dita. Meglio lasciare andare che opprimere. C'è sempre la concreta possibilità che il DooM di Bethesda venga fuori pessimo, chi può dirlo? Fa un po' ridere vedere gente in estasi dopo tre secondi di trailer... ma l'ambiente è questo e bisogna starci. Nel caso deluda sarà solo la prova ulteriore che a volte è meglio non provare nemmeno a toccare certi ricordi, lasciando che invecchino diventando nostalgia.