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L'uomo è un'arma

Alla gamescom abbiamo finalmente provato la rinnovata campagna coop di CoD: Black Ops III

PROVATO di Matteo Santicchia   —   04/08/2015

Uno dei primi appuntamenti qui alla gamescom 2015 ci ha permesso finalmente di provare con mano la campagna single player di Call of Duty: Black Ops III. Di solito la campagna veniva sempre e solo mostrata, mai giocata nel percorso di avvicinamento all'uscita novembrina. Quest'anno Treyarch ha deciso però di mischiare le carte in tavola, visto che ha spostato il focus sul multiplayer, giocabile addirittura ad aprile in sede di reveal, per arrivare poi alla beta di agosto. La campagna è rimasta un pochino in ombra, benché avesse elementi di rottura rispetto al passato non proprio di poco conto. Basta semplicemente citare la cooperativa per quattro giocatori e le abilità cibernetiche dei protagonisti, vere protagoniste del gunplay del gioco.

Alla gamescom abbiamo provato la campagna cooperativa di Call of Duty: Black Ops III

È giusto sostituirsi a Dio?

La lunga presentazione tenuta da un ispirato James Blundell, ovvero il boss, il director al timone della campagna e della modalità zombi, è stata esaustiva nel ripercorrere il background politico e narrativo dietro alle vicende che ci vedranno protagonisti nel 2065. Un setting quindi futuristico, ma come James Blundell ha più volte ribadito decisamente futuribile, con tecnologie "estreme" che oggi stiamo vedendo nascere.

L'uomo è un'arma

Dove, come è stato per Black Ops e Black Ops II, non si sta solamente raccontando una serie di eventi a livello mondiale, ma dove soprattutto si parla di uomini e delle loro vicissitudini personali. L'attacco terroristico di Menendez ha sconvolto il pianeta sia a livello politico, sia ambientale; sono emerse due fazioni principali, una che supporta gli innesti cibernetici per aumentare le potenzialità degli uomini e una invece che pensa che non sia giusto sostituirsi a Dio creando, di fatto, una nuova razza. E il tutto perché i droni non sono più l'asse principale degli eserciti, dato che lo sviluppo delle armi ad energia diretta li ha resi inefficaci. Ci vogliono quindi i soldati sul campo: le guerre non si combattono più dietro uno schermo, ma con eserciti veri, in carne ed ossa, e ovviamente qualche chilo di inserti in titanio e nanomacchine capaci di interfacciarsi neuralmente con i computer. Veri e propri cyborg, insomma, nati sia per esigenze mediche, sia per essere i migliori in battaglia; soldati che intenzionalmente hanno rimpiazzato gambe e braccia con arti meccanici per diventare, a tutti gli effetti, delle armi.

Più chiavi di lettura

Un mondo ricco di contraddizioni, in perenne conflitto, una sorta di specchio delle divisioni attuali che, nelle intenzioni degli sviluppatori, tra una sparatoria e una scarica neurale, dovrebbe spingere i giocatori a riflettere, ad andare oltre il semplice susseguirsi degli eventi. Treyarch non ha parlato di scelte morali, un po' come quelle che abbiamo visto in Black Ops II, e in tal senso la campagna avrà un andamento lineare, non ci saranno diramazioni e finali alternativi. L'obiettivo di Blundell è quello di dare il la a molteplici chiavi di lettura, di fare in modo che i giocatori confrontandosi possano scambiarsi sensazioni e spunti, il tutto a partire dalle proprie convinzioni politiche e morali. La possibilità, poi, di rigiocare le missioni, modificando a piacere il proprio alter ego, tanto in termini visivi quanto di arsenale e abilità tattiche e cibernetiche, è un incentivo in più per tornare sui propri passi, per scovare o approfondire quanto ci "eravamo persi" giocando la prima volta.

L'uomo è un'arma

Questo è quanto ci è stato promesso, e non facciamo fatica a crederlo visto che Treyarch nei precedenti capitoli della serie ha sempre saputo spingere molto e in modo originale sulla narrazione. Per ora, però, si tratta di intenzioni, che la nostra prova non ha saputo ovviamente testare, ma che si spera possano diventare realtà quando metteremo alla frusta il gioco. Il nostro test, invero abbastanza breve, è stato fondamentale per capire quelle meccaniche di gioco che erano rimaste un po' fumose nei precedenti incontri con Black Ops III. Prima, però, Blundell ha speso molto tempo a parlarci della Safe House, ovvero "l'hub centrale" in cui ci troviamo prima di ogni missione, dove abbiamo accesso alla personalizzazione estetica (possiamo scegliere anche se essere uomo o donna ) e di combattimento del nostro eroe. Possiamo "lavorare" su armi, vestiario e abilità, sia quelle attive, i Cyber Core, che quelle passive chiamate Tactical Rig, potenziandole poi alla bisogna. Ma la Safe House è utile anche per approfondire il background, studiando le centinaia di pagine di documenti, ma soprattutto è fondamentale perché possiamo accedere alla Training Sim, dove poter provare tutto l'armamentario, e per coordinarsi con altri giocatori, i quali possono entrare in partita col più classico del drop in/drop out, scegliendo le strategie per la prossima missione.

Ramses Station

Pad alla mano, ci è stata data la possibilità di giocare la difesa della base mobile a Ramses Station, ovvero la missione ambientata al Cairo più volte vista negli ultime mesi, quella che terminava con la distruzione di un intero quartiere. Solo che finalmente abbiamo potuto provare gli attacchi cibernetici, quei Cyber Core che ci permettono vere e proprie magie distruttive sul campo di battaglia. E campo di battaglia è proprio il termine giusto visto che la cooperativa a quattro giocatori ha spinto Treayarch ad allargare drasticamente gli spazi, a rivedere quindi la pratica del "corridoio" imbottito di nemici da abbattere.

L'uomo è un'arma

L'effetto è quasi da modalità orda, con decine di nemici, uomini, robot, veicoli blindati e droni volanti che a più riprese entrano in scena, in vere e proprie ondate.

L'uomo è un'arma

Il level design sembra fatto apposta per permettere ai quattro giocatori di dare il meglio di sé. I lati del campo di battaglia sono circondati da ballatoi - perfetti per il cecchino - mentre a terra crateri da esplosione, coperture, e defilamenti laterali sono il terreno ideale per far muovere di concerto i giocatori armati con fucile d'assalto, fucile a pompa o mitragliatrice. Il tutto coprendosi a vicenda, sfruttando la cooperazione al massimo. Qui entrano in gioco i Cyber Core. Mandiamo a schermo quelle che abbiamo a disposizione premendo in basso sulla croce direzionale per poi attivarle con L1 e R1 insieme. Ogni abilità ha un suo tempo di ricarica, quindi non possiamo attivare la stessa di continuo, magari quella più distruttiva. Vanno usate con parsimonia, insomma, scegliendo il bersaglio - anzi, i bersagli - con grande attenzione. Cosa possiamo fare? Possiamo prendere possesso di droni volanti e bersagliare dall'alto i nemici, friggere i robot da lontano, bloccarli e renderli inoffensivi per un tot di secondi, fargli perdere l'uso delle gambe o, meglio ancora, fare in modo che uno di loro impazzisca e esploda in mezzo ai suoi compagni. Si capisce, quindi, come ci siano molte possibilità, senza dimenticare che ognuna di queste abilità può crescere in efficacia, scegliendo poi nella Safe House quale portare in missione. Il loro utilizzo non è da "ultima risorsa"; sembrano perfettamente integrate con il resto del nostro arsenale e soprattutto danno il meglio di sé quando i quattro giocatori le sfruttano di concerto. Il nostro test, insieme ad un altro giornalista e due ragazzi Treyarch, è stato ovviamente tutto tranne che questo, ma ci ha sinceramente divertito, soprattutto perché l'impostazione ad arena esalta l'aspetto più "caciarone" del gioco, avendo a disposizione davvero tanta libertà. Non si sta fermi un attimo, non si sta piantati dietro una copertura a giocare al tiro al piccione, il gioco ci invita davvero a muoverci molto per dare fondo a tutto il nostro arsenale, a sfruttare davvero il level design.

Tanto sole e tanta pioggia

E poi? C'è stato tempo per vedere un paio di filmati. Il primo, una versione più lunga di quanto visto al reveal, ovvero l'introduzione alla missione giocata di Ramses Station, ci ha permesso di conoscere qualche dettaglio in più a livello narrativo, esplicitando il legame di Black Ops III con gli attacchi di Menendez, mentre il secondo ci ha portato a Singapore, di notte, durante una furiosa tempesta, col vento così forte da dover ancorarci di tanto in tanto a terra per evitare di essere spazzati via.

L'uomo è un'arma

Se la missione precedente ci aveva fatto provare il lato più aperto del gioco, questa volta abbiamo assistito a quello più canonico, con tanto di obiettivo da seguire muovendosi in un'unica direzione, il tutto però in un'ambiente ben più grande e ricco del solito.

L'uomo è un'arma

Singapore è un cumulo di macerie sferzate dalla pioggia e dal vento, sembra che la squadra debba muoversi verso il punto d'estrazione. A quelle che sembrano quasi delle scalate risalendo colline ricche di palazzi semidistrutti si alternano fasi in cui dobbiamo ripulire per bene la scena prima di muoverci. I nemici sono dappertutto, e ben nascosti dal buio della notte. Per questo è davvero comoda la possibilità di marcare i nemici, marcandoli per efficacia e "corazzatura", in modo da capire a chi si sta sparando, utilizzando al meglio il proprio arsenale. Necessità, questa, davvero impellente, visto che a volte la distanza di ingaggio ci è sembrata sin troppo elevata per capire dove e a chi sparare nel buio della notte. Proprio per questo il protagonista ha fatto spesso ricorso ad un Cyber Core capace di far letteralmente esplodere i robot nemici: l'abilità richiede una mira "approssimativa", potremmo dire, ma l'effetto ad area è garantito. Una missione molto bella graficamente, senza dubbio di più della pulita ma spoglia battaglia di Ramses, graziata soprattutto da un bel sistema di illuminazione, e da tantissimi oggetti e detriti a schermo che vengono mossi dalla furia del vento. Questo nuovo incontro con Black Ops III ha fugato in buona parte dubbi che ci attanagliavano dal reveal. Il test, pad alla mano, ci ha sinceramente divertito, con le nuove meccaniche che espandono davvero il gunplay. Treyarch promette tanto spazio e tanta importanza alla narrazione: qui siamo ancora un po' dubbiosi, anche se i precedenti capitoli del franchise sono garanzia sufficiente di impegno e ricerca di qualcosa di diverso, meno "standardizzato" possibile.

CERTEZZE

  • Giocare in quattro è davvero divertente
  • Gli attacchi cibernetici funzionano
  • Gli spazi aperti

DUBBI

  • Non ci sono finali alternativi
  • Storia profonda e dalle molteplici chiavi di lettura: sarà così?