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I giochi più inutili del Tokyo Game Show 2015

Almeno per noi occidentali

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   21/09/2015

Benvenuti in questo speciale dedicato al peggio di quanto visto durante il Tokyo Game Show 2015, Fabio Palmisano a parte. In realtà, più che del peggio, qui si parla di prodotti inutili... in senso lato. Di base non è detto che siano brutti giochi, semplicemente fatichiamo a trovargli un senso nell'ordine universale delle cose e a giustificarli come prodotti commerciali per l'occidente. Insomma, metteteci anche un bel po' di etnocentrismo e lo speciale è condito. A parte tutto, speriamo che leggendo queste righe possiate trovare il videogioco dei vostri sogni, quello che vi aiuterà a superare tutte le vostre angosce per il resto della vita. Ma bando alle ciance, illuminiamoci d'immenso e partiamo!

Quali sono stati i giochi più inutili del Tokyo Game Show 2015? Scopritelo in questo speciale

Umbrella Corps

Uno sparatutto online tratto dalla serie Resident Evil ci mancava proprio. Dai, chi non ha un amico che sorseggiando un caffè al bar ha urlato ad alta voce (si può urlare anche a voce bassa?): "Voglio uno sparatutto online tratto dalla serie Resident Evil, per il grande Manitù!" Oppure, chi non si è trovato da solo con una ragazza che, di fronte a delle avance più spinte, si è negata dicendo: "Niente da fare, almeno finché Capcom non realizzerà uno sparatutto online competitivo spin-off della serie Resident Evil". Insomma, la richiesta sociale di un titolo simile era altissima e sui forum non si parlava d'altro da anni ormai: quand'è che Capcom darà alla serie Resident Evil lo sparatutto che merita? Fortunatamente le invocazioni dei fan di tutto il mondo hanno trovato terreno fertile nei cuori dei dirigenti di Capcom che, presa dell'argilla, ci hanno sputato sopra e hanno tuonato: "tu giocherai con gran dolore", avviando la produzione di Umbrella Corps, Umbo per gli amici. Insomma, altro che l'annuncio di Resident Evil 7, che dopo il 6 per fare male potrebbe solo scegliere di somigliare al 5. Qui ci troviamo di fronte a un instant classic, uno di quei giochi che passerà alla storia solo per il fatto di esistere. A parte gli scherzi, la nostra speranza è che Umbrella Corps venga fuori un ottimo titolo. Rimane però aperta la domanda: chi ne sentiva il bisogno, soprattutto in anni in cui Capcom non sta realizzando niente di nuovo, affidandosi soltanto alle remastered?

‪#‎おやじgirly‬

Di questo vi facciamo vedere solo un video registrato durante la fiera, anche perché i nostri inviati hanno faticato enormemente a capire la natura del gioco di Galboa (dai, è un titolo musicale pieno di donne). L'unica cosa che sappiamo per certo è che Umberto, Antonio e Vincenzo non riescono più a smettere di cantare la canzone del filmato. Peggio ancora, tutti quanti si sono comprati il vestito della cantante e ora girano per il mondo spargendo amore con i loro microfoni. Certo, come verificherete anche voi, è davvero impossibile non lasciarsi trascinare da un ritmo così potente e da un balletto dalle coreografie così ardite e fuori da ogni canone. Viene quasi voglia di vestirsi da studentessa giapponese per farsi palpare le natiche da qualche maniaco. Il gioco in sé sembrerebbe un invito per i vecchi maiali dell'arcipelago a provarci con le ragazzine in età scolastica. Sul sito ufficiale possiamo vedere delle provocanti donnine con sullo sfondo degli uomini finiti in carcere... sarà il carcere dell'amore? Leggendo la traduzione della descrizione delle ragazze, viene ripetuta più volte la parola "zietto" o "papino". Anche il titolo stesso del gioco è traducibile in qualcosa tipo "Papino cacciatore di ragazzine" o "Bimbe di papino" o "Se continuiamo a tradurre finiamo in galera noi". Certo, data la nostra conoscenza del giapponese potrebbe trattarsi semplicemente di un simulatore di badanti, ma la meraviglia è comunque tanta e la voglia di giocarci pure. No dai, solo l'idea ci ha fatto venire il morbillo, anche perché non ci piace indossare manette.

Dragon Quest Builders

Avevamo bisogno di un Minecraft giapponese? Soprattutto, avevamo bisogno di un Minecraft giapponese marchiato Dragon Quest? Capiamo che di fronte a un fenomeno mondiale come quello del titolo di Mojang ci si possa ingolosire, ma un'operazione così spudorata che senso ha? Probabilmente in Giappone potrà dire la sua, ma in occidente il rischio è evidente, ossia quello di passare per un semplice clone nonostante le caratteristiche innovative. Il pregiudizio è inevitabile e sarà difficile toglierlo di dosso a Dragon Quest Builders, che non ha impressionato davvero nessuno, nonostante il buon trailer di presentazione. Ci sembra il classico caso di gioco soffocato dalla sua stessa ispirazione e, sinceramente, fa un po' specie vedere una serie come quella Dragon Quest inseguire i mondi degli altri, quando da sempre è stata famosa per i suoi. Ovviamente saremo felici di ricrederci nel caso in cui si dimostri un buon prodotto, ma per adesso ogni volta che incrociamo un'immagine del gioco di Square Enix, finiamo per chiederci quando spunterà fuori un creeper. Chissà come si chiama il Notch giapponese...

Gran Blue Fantasy

Se dovessimo nominare il gioco più in evidenza del Tokyo Game Show 2015 non avremmo alcun dubbio: Gran Blue Fantasy di Cygames. Dalle vostre facce abbiamo capito che molti di voi si staranno chiedendo di che gioco si tratti... in effetti non lo sappiamo bene nemmeno noi. Scherzavamo. Si tratta di un MMO free-to-play che, nonostante l'immenso successo in patria, non ha mai raggiunto l'occidente. Stiamo parlando di milioni di download che hanno fruttato a Gran Blue uno degli stand più grandi della fiera. Pensate che ha la colonna sonora scritta da Nobuo Uematsu, mentre il direttore artistico è Hideo Minaba, entrambi conosciuti per i loro preziosi contributi nella serie Final Fantasy (dai, non piangete, c'è di peggio). Se vogliamo si tratta di una dimostrazione plastica di quanto ormai il mercato giapponese proceda su binari molto diversi da quelli del mercato occidentale e si diriga a velocità sempre maggiore verso il monopolio del mobile. La tristezza è inevitabile. Se ci aggiungiamo anche l'importanza data durante la fiera ad altri titoli come Clash of Clans, anch'esso dotato di uno stand enorme, è facile capire dove siano finiti molti dei videogiocatori che hanno abbandonato il mercato delle console tradizionali: a spendere soldi in vestitini.

Le app amorose di Voltage

Ah l'amore, quanto lo amiamo. Come si può vivere senza amore? Parliamo dell'amore con la M maiuscola, quello che ti porta a scegliere il partner sessuale della tua vita tra almeno quattro persone differenti... praticamente la trama di tutte le produzione di Voltage, casa specializzata in simulatori di appuntamento per il mercato mobile. Ora, se ci seguite saprete bene che non abbiamo nulla contro le visual novel. Anzi, probabilmente siamo gli unici in Italia (e non solo) a trattarle con una certa continuità. Le app di Voltage però sono qualcosa di diverso. Dovendo definirle le chiameremmo app Harmony, sperando che capiate il riferimento alla vecchia linea di libri romantici dalle copertine tutte uguali e dalle storie con personaggi intercambiabili. Quelli con le coppie che trombano solo se c'è un caminetto acceso da qualche parte nella loro casa. Ma forse non ci siamo ancora, visto che i titoli di Voltage sono molto peggio di così. Ci troviamo di fronte a una forma di amore industriale, fatto da un terribile concentrato di stereotipi che nemmeno una trasmissione della Clerici. In fondo, potrà affermare qualcuno, nel mondo dei videogiochi i prodotti stereotipati non mancano, qualsiasi genere si prenda in considerazione. Probabilmente è vero... ok, ci avete convinti. Da adesso in poi passeremo la vita a scegliere se ci piace di più la porca timida o l'aggressiva sexy sociopatica.