Abbiamo imparato a sopravvivere, principalmente grazie alle regole di Kovac, sia nell'originale How to Survive che nella recente versione Third Person Standalone. Ora è il turno del sequel, che ha fatto il proprio debutto su Steam Early Access nell'ottica di un lavoro di rifinitura che gli sviluppatori di Eko Software porteranno avanti di pari passo con il feedback degli utenti. I primi aggiornamenti hanno sistemato alcune delle criticità più evidenti del gioco, che tuttavia a un mese dall'uscita soffre ancora di qualche incertezza tecnica, di un'interfaccia bruttina e di scelte stilistiche discutibili. Ad ogni modo, ecco le nostre impressioni dopo qualche ora passata insieme ai nuovi sopravvissuti.
How to Survive 2 è una gran bella incognita, con alcune novità ma anche tante zone d'ombra
L'involuzione della specie
La trama del primo episodio di How to Survive ci vedeva naufraghi su di un'isola tropicale i cui abitanti si erano misteriosamente trasformati in zombie. Interagendo con una serie di personaggi, il nostro compito nel gioco era quello di trovare determinati oggetti, salvare alcune persone e creare un passaggio verso le altre zone dell'arcipelago, affrontando nemici sempre più numerosi e implacabili, con l'ulteriore preoccupazione di dover pensare ai fabbisogni primari del nostro alter ego: fame, sete e sonno, quest'ultimo gestito tramite hot spot dov'era possibile salvare la partita.
L'esperienza si poneva fin dai primi minuti come impegnativa, vista soprattutto l'ampiezza dello scenario e la necessità di percorrerlo più volte per raccogliere ciò che ci serviva, sempre con il timore di cadere in una mortale imboscata o di muoverci al buio, braccati da creature ancora più pericolose del normale. A nostro vantaggio potevamo sfruttare un sistema di crafting piuttosto sfaccettato, che consentiva di costruire armi man mano più potenti, anche da tiro e da fuoco, e componentistica di varia natura. Ebbene, tutti questi aspetti sono praticamente scomparsi in How to Survive 2, che ci mette nei panni di un anonimo sopravvissuto, il cui aspetto è regolabile tramite un editor abbastanza limitato nei numeri e nelle possibilità, all'interno di uno scenario suddiviso in varie location differenti, ma non nell'ottica di una struttura open world. Si parte da un'ampia foresta che funge da hub per le missioni, accedendo quindi ad ambientazioni urbane abbandonate, visitabili in differenti momenti della giornata. La nostra ancora di salvezza, Kovac, è ancora lì ad attenderci, a fornirci preziosi consigli su come sopravvivere e a presentarci una lista di obiettivi che diventano accessibili man mano che saliamo di livello, spendendo i punti esperienza guadagnati sul campo.
Meno survival, più sintetico
Come detto, nel primo episodio di How to Survive ci si trovava ad affrontare missioni piuttosto lunghe, nonché bisogni fisici che influenzavano in modo sostanziale il nostro modo di approcciare l'esperienza.
Si girava parecchio e bisognava fare in modo di riposarsi in concomitanza con le fasi favorevoli della giornata, evitando dunque di girare di notte per non ritrovarsi a fuggire da insidiosi e sfuggenti "troll", spaventati unicamente dal fascio di luce di una torcia le cui batterie andavano anch'esse gestite con sapienza. Nel secondo capitolo, tuttavia, l'aspetto survival appare molto meno marcato, quasi un elemento di contorno, sacrificato forse in nome di un'accessibilità superiore; o magari messo da parte momentaneamente, nell'ottica di un Early Access che punta a sottoporre all'attenzione degli utenti aspetti diversi del prodotto, per poi reintrodurre gradualmente ciò che al momento manca. Fatto sta che gli zombie risultano molto più malleabili durante le prime ore di gioco e spesso è possibile eliminarli con un unico colpo di mazza, se si ha l'accortezza di caricarlo in corsa. Il sistema di combattimento non ha subito particolari miglioramenti, rimanendo purtroppo vincolato a meccaniche molto limitate e ripetitive, specie negli scontri ravvicinati, che rendono la pratica di sconfiggere un nemico semplice routine, a un certo punto anche noiosa. La stessa struttura delle missioni è stata modificata per offrire sequenze meno lunghe e impegnative, in alcuni casi addirittura talmente brevi e sintetiche da prestarsi a un'eventuale opera di grind per guadagnare punti esperienza e migliorare in tal modo il personaggio, sia tramite il semplice aumento del livello che il potenziamento di abilità basilari, come forza, resistenza alla fatica, capacità di individuare minacce e così via. Dopo una determinata fase diventa anche possibile indossare i componenti di armature che si trovano in giro, il che però finisce per sminuire un po' troppo il grado di sfida, anche e soprattutto quando si gioca nella modalità multiplayer cooperativa, vera novità del pacchetto.
Chi non sopravvive in compagnia...
Una delle mancanze più evidenti di How to Survive è stata risolta con questo sequel, che introduce appunto una co-op online per quattro giocatori. Ci si può unire a una partita o crearne una nuova, e da quanto abbiamo potuto vedere le cose funzionano piuttosto bene, dunque gli sviluppatori dovrebbero puntare alla grande su questo nuovo aspetto dell'esperienza, in particolare cercando di tenere i server sempre pieni e di evitare, come purtroppo ci è capitato in più di un'occasione, lunghe attese per il matchmaking.
Quando le cose funzionano, tuttavia, è divertente esplorare le location in gruppo, affrontare gli zombie e coordinare le proprie azioni strategicamente, laddove possibile. C'è tanto potenziale da sfruttare, insomma, ma ora come ora gli spigoli del gioco sono tanti, e oltre alla reiterazione di un sistema di combattimento basilare ci sono svariati problemi sul fronte tecnico, sia a causa di glitch più o meno gravi (nel nostro caso non veniva riconosciuta la risoluzione di 1080p e siamo stati costretti a giocare a 720p), sia a causa di scelte stilistiche discutibili. In primo luogo l'interfaccia è brutta da vedere, specie quando si effettua il crafting, e non risulta particolarmente intuitiva, anzi sulle prime bisogna spesso cercare le varie funzioni (divise fra personaggio e accampamento) per capire cosa fare e come farlo. In secondo luogo è stato inserito un pessimo effetto di trasparenza quando si accede agli edifici, che "sminuzza" gli elementi grafici attorno al personaggio ma diminuisce la visibilità di oggetti e nemici nelle vicinanze, nonché dello stesso ambiente circostante, creando non pochi grattacapi quando ci si deve muovere fra le stanze o su per le scale. Tale elemento va a incardinarsi in un comparto tecnico di per sé non malvagio ma al momento privo di personalità, pieno di scorci anonimi e di nemici riciclati. How to Survive 2 è insomma una gran bella incognita: un prodotto dotato di evidenti potenzialità, specie in ambito multiplayer, ma allo stesso tempo ancorato a meccaniche limitate, per molti versi meno brillanti rispetto all'episodio d'esordio.
Conclusioni
PRO
- La co-op ha del potenziale
- Le missioni più brevi potrebbero avere un senso
CONTRO
- Elementi survival in secondo piano
- Sistema di combattimento mediocre e invariato
- Soluzioni grafiche discutibili