Con l'aumento inesorabile dei tempi e i costi di produzione di un videogioco, le case, anche le più rappresentative, si sono trovate davanti a importanti compromessi.
Possiamo chiamarle scelte dolorose, un modo più nobile di inquadrare la questione, ma fanno comunque parte di un meccanismo al quale l'utente pagante non può più tenersi fuori. Ci sono delle priorità da mantenere e la più importante per un gioco è semplicemente fisiologica: deve divertire, intrattenere ed essere di qualità. Tutto il resto passa in secondo piano, in quel resto rientra quella quantità di elementi che arricchisce, ma non determina l'identità di un videogioco. Un secondo piano che, badate bene, non si annulla, ma non potrà mai rappresentare l'elemento cardine nella valutazione di un prodotto. Siamo consapevoli che si tratta di un equilibrio estremamente precario; è molto difficile trovare la quadra tra qualità e quantità, ma in un periodo così ricco quanto caotico, è più importante che mai affidarsi al proprio istinto e anche al buon senso, prima che al portafoglio o ad altri futili parametri. Desideriamo che un videogioco ci faccia divertire per un periodo incerto, ma straordinariamente intenso, oppure che sia in grado di intrattenerci con un infinito e magari noioso numero di contenuti? I giocatori, spesso, non hanno più riferimenti e si fanno influenzare dal giudizio altrui.
Quando la confusione rischia di annebbiare le idee, occorre mirare all'essenza delle cose
Poche mazzate (ma molto buone)
Il caso Street Fighter V è uno dei più calzanti: l'ondata di negatività generata dal picchiaduro Capcom è stata quasi epocale, con una serie di casi davvero sconcertanti. Il titolo è stato sepolto dalle recensioni negative su Steam, mentre è calata a picco anche la media delle recensioni utenti di Metacritic. È stato criticato tutto: la quantità esigua di lottatori, la mancanza di modalità e l'online che non funziona. Qualcuno ha addirittura accusato Capcom di aver venduto una beta a prezzo pieno. È stato solo l'inizio di una piega molto brutta, e pericolosa. Il riscontro positivo degli utenti è fondamentale per una produzione di tale caratura e così lo sono le vendite nel periodo critico del prodotto, ovvero i primi mesi di vendita. Yoshinori Ono è arrivato a scusarsi per i problemi all'online del titolo, ancora un cantiere aperto nel momento che scriviamo. Le vendite inevitabilmente ne hanno risentito, tanto che il gioco è rapidamente uscito dalle classifiche; è accaduto ad esempio in Italia e nel Regno Unito. Le critiche avevano un fondamento: di fronte a tempi e costi probabilmente insostenibili anche per una casa sul mercato da 37 anni, Capcom ha chiesto un atto di fiducia da parte dei giocatori per dare nuova forma al suo storico franchise, offrendo per prima cosa il cuore dell'esperienza ai suoi fan, il resto dopo. Una fiducia che però non è arrivata.
Il lato paradossale della vicenda arriva analizzando, appunto, l'essenza di Street Fighter V, che si rivela essere un ottimo titolo, se non una delle migliori incarnazioni nella storia del franchise. La critica l'ha sostanzialmente premiato, trovando nell'oscurità la luce giusta. È meno difficile di quanto sembra, basta giocare. Il nostro Vincenzo Lettera l'ha fatto, anche se non ha potuto voltarsi di fronte alle mancanze (che ci sono) nella nostra recensione, ma senza risparmiarsi nel commento finale un passaggio più che significativo: "Grazie a meccaniche solide e a un approccio molto più aggressivo, Street Fighter V ambisce già ad essere il picchiaduro di riferimento per questa generazione di console". La recensione chiude con un eloquente: "la vera palestra in cui farsi le ossa è nelle partite contro altri giocatori, prendendole di santa ragione in quella fossa dei leoni che è la modalità online". Gameplay e partite con giocatori umani, l'essenza di Street Fighter fin dal - seminale - secondo episodio del 1991, con solo 8 personaggi e una storia limitata a qualche battuta nonsense tra i lottatori, eppure questo non gli ha impedito di diventare un'icona giocata fino alla sfinimento.
Perdere l'amore (e la bussola)
Non può essere una regola applicabile a tutte le produzioni videoludiche, sono troppi e sfaccettati i casi, ma l'acquirente dovrà probabilmente abituarsi a un nuovo sistema di produzione e distribuzione, più sfaccettato e modulare, ma che non può riflettersi sul biglietto di ingresso. È chiaro che il problema di Street Fighter V è il prezzo pieno. Gli utenti sono abituati a pretendere un prodotto in grado di contenere qualità e numero di contenuti adeguato al costo, che è sempre percepito troppo alto e lo sarà sempre, perché produrre videogiochi costa.
Se fosse stato venduto a un prezzo budget, Street Fighter V sarebbe stato percepito dagli acquirenti come una produzione minore, non all'altezza della fama della saga. E questo non è positivo, ci sono numerosi casi che lo testimoniano. È normale nutrire queste esigenze, da una parte perché, appunto, si cerca di ammortizzare una spesa che molto difficilmente potrà essere percepita come investimento (quello dei videogiochi è un hobby che ha e avrà sempre un costo, mettetevelo in testa). L'altra è una forma di abitudine verso un tipo di media videoludico ricco in termini contenutistici, meglio se soverchiante, per dare quella piacevole sensazione di prodotto che durerà molto, molto a lungo. Fermo restando che, nel caso di Street Fighter V, quel "sempre" doveva essere rappresentato dalle infinite partite con gli amici, ma discostiamoci un attimo dal caso Capcom. In tanti prodotti (non tutti per fortuna), la ricchezza di contenuti si è trasformata in una meccanica, stantia pratica di accumulo, talvolta sconsiderato, fino ad arrivare a eccessi illogici. È il caso degli ultimi Assassin's Creed, dove il giocatore si ritrovava con una mappa soffocata di obiettivi secondari, scrigni segreti, ricordi perduti, piume e quant'altro, dove il motore propulsivo era rappresentato dal desiderio della raccolta compulsiva. Non che sia necessariamente un male, si tratta pur sempre di una forma di intrattenimento, ma non può rappresentare il focus principale. Teniamo presente che anche questo tipo di approccio arriverà prima o poi a un punto di non ritorno, che è tipico di ogni accumulo, e non è un caso se la serie Ubisoft si è presa un meritato - o forse più - anno sabbatico. Alcuni giocatori non sono più in grado di capire se il costo di un videogioco merita la qualità del suo tempo, prima della qualità. Paradossalmente, di tempo per giocare ne abbiamo sempre meno.
La luce in fondo al tunnel
Qual è, quindi, l'antifona che possiamo ricavare da questa lunga dissertazione? Che gli utenti devono recuperare un rigore maggiormente qualitativo nel valutare un prodotto videoludico. Siamo in un sistema che annega il nostro senso critico in un oceano di possibilità, è stimolante, ma una bussola correttamente regolata aiuta a destreggiarsi quando serve, e puntare nella direzione giusta. Quando la confusione rischia di annebbiare le idee, occorre mirare all'essenza delle cose, che è l'unica che conta. Nessuno meglio di noi è in grado di stabilire il giusto valore monetario per saziare il nostro desiderio di videogiocare, ma cerchiamo di non uscire pericolosamente dal seminato. E se non è possibile, facciamoci almeno aiutare da chi cerca di informarci e aiutarci a capire, leggiamo le recensioni e fidiamoci di chi le scrive, e gioca. Arriverà un giorno meraviglioso dove Street Fighter V sarà finalmente completo, con tutte le modalità amate dal pubblico, ma nell'essenza rimarrà sempre il gioco meraviglioso che è oggi.