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Quattro chiacchiere su Overwatch

A tu per tu con Aaron Keller, designer dello sparatutto targato Blizzard

SPECIALE di Lorenzo Fantoni   —   05/04/2016

In quanto assistant game director di Overwatch, Aaron Keller è responsabile di gran parte del gioco e per "responsabile" intendiamo "persona che deve gestire la tonnellata di idee partorite dai creativi e fare in modo che siano coerenti con l'universo di gioco e non sbilancino troppo il gameplay", insomma un bellissimo inferno fatto di riunioni, brainstorming, spunti, idee scartate e tanti test. Come se non bastasse, Aaron è anche responsabile del level design delle mappe, del loro bilanciamento e di tutti quei piccoli dettagli che devono essere limati per far si che i giocatori non sfruttino eventuali exploit e tutti si divertano. Visto che eravamo dalle parti, di Irvine per provare la versione console di Overwatch abbiamo pensato bene di sederci al tavolo con lui per una chiacchierata sull'atteso sparatutto competitivo di Blizzard e conoscere il suo parere sullo sviluppo del gioco.

Abbiamo fatto una chiacchierata negli uffici Blizzard con Aaron Keller, il designer di Overwatch!

Una costante evoluzione

"Dalla prima versione mostrata alla Blizzcon sono cambiate un sacco di cose, in quel momento avevamo bisogno di una versione stabile con qualche mappa e un po' di eroi da presentare al pubblico per dare un'idea di cosa sarebbe stato il gioco, di come si costruisce un team, ma era solo l'inizio", spiega Keller. "La magia del gioco secondo me è però nata quando gli eroi sono diventati 21 e abbiamo potuto presentare tanti stili diversi e tante abilità differenti che i giocatori potessero apprezzare e utilizzare. Che poi è anche ciò che secondo me porta le persone a giocare ancora e ancora: scoprire i vari personaggi, le loro combinazioni e come sfruttare al meglio la mappa e i poteri". Un processo lungo, ricco di cambiamenti, che necessita di un bilanciamento continuo. "Ad esempio, con l'ultima patch abbiamo cambiato qualcosa in Zenyatta e nei suoi Orb. Ci siamo accorti che nei team migliori venivano schierati due Zenyatta e due personaggi veloci, tipo Tracer o Genji, che venivano curati continuamente, e l'unica strategia contro questa scelta era fare la stessa cosa. Per risolvere questo problema abbiamo deciso che per fare in modo che entrambi gli Orb funzionino Zenyatta deve restare in contatto visivo col bersaglio per almeno tre secondi: per adesso questa scelta sta pagando, ma se dovesse rivelarsi controproducente decideremo cosa fare". Una scelta nata per risolvere un grande problema filosofico di Zenyatta: chi curo? "Abbiano notato che chi lo usa è sempre combattuto su chi curare e spesso non è al corrente delle azioni del personaggio su cui ha messo l'Orb, in questo modo potrà sempre curare in maniera efficiente".

Pensato per console

Ma cosa cambia veramente tra PC e console? Sappiamo che il danno delle torrette è stato ridotto, per venire incontro alla differente velocità con cui i personaggi si muovono, ma c'è altro? "Le differenze tra le due versioni sono veramente minime, la più evidente è forse l'aiuto alla mira, che è totalmente assente sulla versione PC, anche se si usa un pad, ma che invece abbiamo inserito in quella console, ma stiamo ancora lavorando sui dettagli e non c'è altro. Anche prima dell'annuncio del gioco, mesi e mesi prima, giocavamo a Overwatch con il pad; abbiamo sempre pensato che dovesse arrivare anche su console". Ma come si costruisce un mondo da zero? Dove si prendono le idee, soprattutto quelle che non possono essere riciclate internamente? "Abbiamo un team creativo che ovviamente è ricco di talenti; alcuni lavorano per Blizzard da moltissimi anni, tipo Chris Metzen, e sanno bene cosa può funzionare per noi e cosa no. Ovviamente abbiamo preso moltissime ispirazioni da altri giochi o dal mondo del cinema, ad esempio dalla Pixar. Cercavamo qualcosa che fosse colorato, un mondo in cui fosse possibile rilassarsi, volevamo però che fosse anche unico e si inserisse nello stile Blizzard, rimanendo differente. Come ogni nostro gioco doveva avere un suo stile".

Quattro chiacchiere su Overwatch

Ma parliamo delle mappe, possiamo saperne qualcosa di più? "Cambiamo continuamente piccoli dettagli su ogni mappa, grazie anche all'enorme comunità di Beta Tester che ogni giorno di riempie di feedback. Di solito le modifiche maggiori riguardano i personaggi più grandi, ovvero come riuscire a muoverli nello spazio agevolmente, senza che rimangano bloccati". D'altronde creare una mappa non è una roba facile: "Il più grave errore in una mappa è sbagliarne le dimensioni. Ciò che non vuoi assolutamente è ad esempio che Reaper finisca in uno spazio troppo grande per le sue abilità, qualcosa che il giocatore non possa gestire, abbiamo speso molto tempo con i designer delle arene per cercare di capire quanto grande dovesse essere una porta, o largo un corridoio, cercando di capire le distanze d'ingaggio tra i giocatori, e il tutto è accaduto mentre stavamo definendo il nostro primo eroe, ovvero Tracer. Via via che il gioco è cresciuto e gli eroi sono aumentati, abbiamo cambiato completamente approccio e abbiamo cercato di creare mappe in cui tutti potessero fare qualcosa di speciale. Adesso il nostro lavoro è fatto soprattutto di piccoli dettagli: quanto deve andar veloce il payload, quanto tempo ci vuole per conquistare un punto di controllo e così via". Ma qual è il suo eroe preferito e la sua mappa preferita? "Oddio, difficile dirlo, adoro Route 66 perché è molto aperta e adoro giocare Phara in quella mappa", ammette Keller. "Non posso dire di avere un personaggio preferito, avendoli provati e testati tutti, e ci piace molto l'idea che il giocatore possa cambiarli continuamente. In teoria ci sono anche delle modalità in cui non è possibile farlo, un po' come accade in League of Legends o altri MOBA, ma non è di sicuro nei nostri piani bloccare l'estro dei giocatori. Detto questo, il gioco deve ancora uscire e stiamo sempre con l'orecchio teso verso la community, ma per adesso direi che non vogliamo proprio limitare nessuno: questa è l'essenza di Overwatch".