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I venditori di key sono il nuovo cancro del mercato PC?

Cerchiamo di capire chi ci rimette e chi ci guadagna davvero dal mercato grigio

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   10/07/2016

Il primo scontro tra publisher e mercato grigio risale ormai a più di un anno fa, quando Ubisoft revocò delle chiavi dei suoi giochi acquistate dagli utenti su Kinguin e G2A, perché frutto di una vera e propria truffa ai suoi danni: qualcuno le aveva acquistate con carte di credito rubate su Origin, il negozio di videogiochi digitali di Electronic Arts, per rivenderle successivamente nei negozi di chiavi di seconda mano soprannominati.

I venditori di key sono il nuovo cancro del mercato PC?

Il caso fece scoppiare aspre polemiche tra il publisher e coloro che avevano acquistato le chiavi rubate, che ritenevano comunque legittimo il loro possesso dei giochi. Ubisoft impiegò qualche giorno a cedere, riattivando le chiavi già usate per sbloccare i giochi su uPlay, ma fermando comunque quelle non ancora utilizzate. Fu allora che per la prima volta si provò a mettere in guardia l'utenza sulla natura di molte transazioni su questi siti, che teoricamente offrono un ottimo servizio permettendo di rivendere le chiavi non utilizzate, ma che sempre più spesso si stanno trasformando in una zona franca in cui alcuni gruppi criminali fanno affari sicuri, a discapito del mercato PC e degli operatori onesti. Il sistema è quello ben spiegato con l'esempio di Ubisoft: i criminali utilizzano carte di credito rubate per acquistare stock di chiavi in maniera del tutto legittima. Quando però le carte di credito vengono bloccate dopo le denunce, i rivenditori online sono costretti a rimborsare gli acquisti. Le chiavi nel frattempo sono rimaste in giro, o magari sono state già vendute agli ignari acquirenti, che di loro vanno soltanto in cerca di buoni affari.

Discutiamo di come funziona il mercato grigio delle chiavi e i rischi che comporta per il mercato PC

Il caso TinyBuild

Il mercato grigio è tornato sotto i riflettori di stampa e pubblico con la recente denuncia fatta dal piccolo publisher TinyBuild, che ha accusato direttamente G2A (ormai un vero colosso del mercato digitale online, che si è potuta permettere di acquistare spazi pubblicitari nei cinema prima del film di Warcraft) e altri venditori di chiavi di seconda mano, di lucrare alle spalle degli sviluppatori, non dandogli nulla di ciò che ricavano.

Punch Club, uno dei giochi di TinyBuild le cui chiavi in vendita su G2A erano rubate
Punch Club, uno dei giochi di TinyBuild le cui chiavi in vendita su G2A erano rubate

Il caso dovrebbe esservi noto: qualcuno ha comprato migliaia di chiavi dal negozio di TinyBuild chiedendo poi il risarcimento per tutte quante. Subito dopo le chiavi in questione sono apparse su G2A, dove sono state vendute a prezzo ridotto rispetto a quello dei negozi puliti. Perché TinyBuild non ha revocato le chiavi quando ha visto la situazione? È più facile a dirsi che a farsi, in realtà: per controllarle tutte ci possono volere giorni, se non settimane, soprattutto per un team così piccolo. Gli acquirenti nel frattempo hanno già attivato le chiavi acquistate. Di fatto, revocando le chiavi TinyBuild non avrebbe colpito i criminali, ma soltanto i videogiocatori. Insomma, se un publisher colossale come Ubisoft non si è potuto permettere la pubblicità negativa derivante dalla revoca in blocco delle chiavi finite sul mercato grigio, pensate che possa permettersela Tiny Build? Il risultato è stato che 26.658 copie dei suoi giochi non hanno prodotto alcun ricavo (parliamo di SpeedRunners, Party Hard e Punch Club), per una perdita complessiva stimata di 450.000 dollari.

Meglio piratati che acquistati su G2A

A questo punto urge chiarire alcune questioni, perché ci rendiamo perfettamente conto di quanto possa essere spiacevole e facilmente fraintendibile l'intero discorso. Noi siamo consci che per l'acquirente finale è impossibile verificare prima se la o le chiavi che sta acquistando dal mercato grigio siano legali o meno. Anzi, diciamo di più: non spetta a lui l'onere del controllo. Vi sembrerà strano, ma ci risulta difficile dare la colpa della situazione anche ai criminali.

Speedrunners
Speedrunners

Certo, sono loro che commettono il reato di furto delle chiavi e sono loro che le rivendono, ma ovviamente non possiamo pretendere di sensibilizzarli con un articolo per appellarci al loro buon cuore. Certo, speriamo che finiscano in galera, ma a quello deve pensare la polizia postale, non noi. Per i rivenditori però la situazione è completamente diversa: a loro spetta l'onere del controllo della merce che vendono, come spetta a qualunque negozio da quando è nato il concetto di negozio. Se quando andate a comprare il pane lo trovate marcio, date la colpa solo a chi lo ha fatto o soprattutto a chi ve lo ha venduto? Ovviamente non pretendiamo che i vari negozi si mettano a verificare la validità di ogni singola chiave, ma potrebbero fare lo sforzo di creare delle barriere d'ingresso per la vendita, in modo da render più difficile l'accesso ai ladri. In questo modo sarebbero maggiormente tutelati anche tutti quei venditori onesti che magari vogliono soltanto rivendere la chiave in più che hanno ottenuto da un bundle, per racimolare qualche soldo. La questione è davvero spinosa, soprattutto per i piccoli sviluppatori. Lars Doucet, il creatore di Defender's Quest lo ha fatto capire bene e non ha usato mezze misure quando ha chiesto ai suoi fan di "piratare" i suoi giochi invece che acquistarli da G2A e simili. Secondo lui "piratare" non è rubare, mentre acquistare da G2A sì. In effetti un download pirata, per quanto spiacevole per lo sviluppatore, è meno dannoso della vendita di una chiave rubata. Non è bello sapere che qualcuno sta guadagnando con il tuo lavoro ingannando quelli che, in fondo, sono i tuoi potenziali clienti.

Chi ci rimette davvero?

Sappiamo che è difficile comprendere e accettare il peso della situazione per un pezzo del mercato PC, perché ovviamente il mercato delle chiavi di seconda mano offre un vantaggio a cui molti acquirenti non vogliono rinunciare: il prezzo ribassato. È difficile convincere qualcuno che la posizione giusta da prendere è quella che va contro i suoi interessi, soprattutto quando entrano in gioco dei pregiudizi che, seppur nulli dal punto di vista logico, sono perfetti per autoconvincersi della bontà delle proprie scelte. Qualcuno ad esempio crede che l'acquisto di chiavi di seconda mano sia un modo per ribellarsi ai grandi publisher e alle loro politiche di prezzo, ma nella realtà avviene l'esatto contrario: a pagare sono sempre gli sviluppatori, soprattutto quelli più piccoli, che si ritrovano senza ingenti percentuali di ricavo, magari di fronte a un pubblico entusiasta che acclama il loro lavoro. Davvero qualcuno pensa che un publisher come Electronic Arts, o anche uno come Bethesda, tanto per fare un altro esempio, vengano toccati in modo sensibile dal mercato delle chiavi di seconda mano? Parliamo di colossi che fatturano decine, quando non centinaia di milioni di euro l'anno, provenienti da mille rivoli differenti. Se un giorno vedranno che un pezzo di mercato non è più conveniente, si gireranno altrove alzando le spalle, come hanno sempre fatto. Magari produrranno più free2play o più giochi/servizi, così da ridurre al minimo le perdite derivanti da qualche chiave venduta sottobanco. È per le realtà più piccole che la situazione si complica, visto che la vendita del prodotto sviluppato è la loro prima, e spesso unica fonte di ricavo. Insomma, per i grandi publisher già citati trentamila chiavi rubate sono un danno relativo, mentre per un publisher come TinyBuild possono fare la differenza tra il progetto successivo o il fallimento

Qualcosa si muove

Fortunatamente pare che tutta questa storia abbia smosso un po' le acque e che sia iniziata la mediazione tra le parti. Il mercato grigio continuerà a esistere, ma G2A, spinta evidentemente dalla cattiva pubblicità ricevuta, ha annunciato che inizierà a pagare il 10% di royalty a sviluppatori e publisher per ogni transazioni eseguita. Inoltre, gli aventi diritto avranno accesso a un pannello di controllo che gli permetterà di verificare la validità delle transazioni in corso, per magari revocare le chiavi contraffatte prima della vendita. Si tratta ancora di una goccia nel mare, ma speriamo che anche altri siti simili seguano la stessa via, così da rendere un po' meno opaca la vendita di chiavi di seconda mano.