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Tony Hawk e le folli periferiche a forma di skateboard

Nel caso in cui aveste rimosso le periferiche di gioco a forma di skateboard targate Tony Hawk, siamo qui per rinfrescarvi la memoria.

SPECIALE di Mattia Pescitelli   —   09/07/2025
L'insuccesso di Tony Hawk Shred

In un periodo in cui la plastica affollava le nostre soffitte, i nostri garage, le cantine, gli armadi e chi più ne ha ne metta, come poteva uno dei franchise di maggior successo della storia (nato dalla stessa azienda che molta di quella stessa plastica aveva portato nelle nostre case) esimersi dal regalarci una periferica tanto affascinante quanto inutile? Questa è la breve e triste storia di Tony Hawk: RIDE e del suo seguito, Tony Hawk: SHRED, due esperimenti morti già in partenza.

Quella maledetta plastica

Prima di tutto, bisogna tracciare il contesto in cui queste periferiche da gioco sono arrivate sul mercato. È il 2008 e inizia a girare la voce che in quel di Activision sia in sviluppo un nuovo capitolo della saga firmata da Tony Hawk.

Tutti, più o meno, sono in fibrillazione. Dopo diversi anni di insuccessi per la serie e una parabola discendente sempre più marcata dopo il duro colpo inferto dal rivale Skate sviluppato da Electronic Arts, al franchise serviva qualcosa di inedito; qualcosa che spingesse i giocatori a tornare sulla tavola firmata dal numero uno della disciplina.

L'idea! Le periferiche a forma di qualsiasi cosa stavano allagando il mercato. A farla da padrone, ovviamente, c'era Guitar Hero, serie nata dalla stessa collaborazione tra Neversoft e Activision, non a caso i medesimi nomi dietro Tony Hawk's Pro Skater. La passione per la musica deve aver rapito il cuore del team a tal punto da fargli lasciare un franchise milionario per realizzarne uno altrettanto di successo.

L'impronta lasciata da Dance Dance Revolution
L'impronta lasciata da Dance Dance Revolution

Oltretutto nel 2007 è arrivato Rock Band a replicare il successo di questa formula. In questo fervore generale, Activision decide di puntare tutto su un controller a forma di tavola sulla quale far simulare al giocatore quanto "farebbe" su un vero skateboard. Le virgolette sono d'obbligo perché, come è ovvio, skateboard e salotto non sono due cose che vanno d'accordo (a meno che non siate Steve-O e decidiate altrimenti).

Su una tavola senza ruote

Il 2009 vede, quindi, l'arrivo sugli scaffali di Tony Hawk: RIDE. Venduto all'esorbitante prezzo di 120 € (nonostante il mercato in quegli anni ci abbia abituato anche a molto di peggio), il prodotto finale era quello che ci si poteva aspettare: un embrione di un gioco venduto come un titolo completo.

La finta tavola inscatolata di Tony Hawk: RIDE
La finta tavola inscatolata di Tony Hawk: RIDE

La tecnologia, troppo complessa e intricata per rientrare in un prezzo che non andasse a spaventare i consumatori più di quanto avrebbe fatto, era appena sufficiente per riuscire a tenere testa a tutti i micromovimenti che ci si aspetterebbe di poter compiere su una vera tavola per via di sensori poco precisi e mal integrati nella periferica.

L'idea era quella di far avvicinare i neofiti alla pratica, ma quello che permetteva il gioco, ovvero bilanciare il proprio peso su un pezzo di plastica tecnologicamente avanzato, era più simile all'equilibrismo circense che non allo skateboarding (nonostante l'equilibrio sia una parte fondamentale della disciplina).

Decisamente non un movimento replicabile con la tavola in dotazione
Decisamente non un movimento replicabile con la tavola in dotazione

Tutto sembrava sbagliato, dal fatto che un manual si traducesse in un ollie a seconda del contesto, senza che il giocatore potesse effettivamente replicare il movimento (per ovvi motivi) che distingue i due trick, allo spremersi i polpastrelli tra il pavimento e la tavola quando ci si sbilanciava durante un grab, per non parlare del concetto generale di mettere un pezzo di plastica liscio su una superficie altrettanto liscia e aspettarsi di non scivolare ogni trenta secondi.

Perché sì, sulla moquette americana può anche funzionare, ma sulle belle mattonelle italiane si viveva un'esperienza di pre-morte con una costanza probabilmente mai raggiunta da qualsiasi altro videogioco nella storia (forse l'unico aspetto che si potesse minimamente avvicinare all'esperienza "sul campo").

Alla fine della corsa si arriva a brandelli

Dopo il fallimento che fu RIDE, spinto nelle vendite principalmente dal nome, dalla curiosità per il misterioso dispositivo e dalla sete dei giocatori per un nuovo Tony Hawk, Activision ci riprovò neanche un anno dopo, visto che il capitolo successivo era già in sviluppo ancora prima del debutto sul mercato del suo predecessore.

La tavola di SHRED: look diverso, risultato peggiore
La tavola di SHRED: look diverso, risultato peggiore

Quella di SHRED è una storia tanto deprimente quanto breve. L'aggiunta dello snowboarding e di una grafica cartoon non aiutò il povero progetto claudicante già in partenza.

La gente era ormai stufa di riempire la propria casa con controller di gioco sempre diversi e iperfocalizzati. A posare la pietra tombale fu il prezzo di ognuno di essi, che di certo non era un buon biglietto da visita per le tasche di una società che stava vivendo una nuova crisi economica.

Altro trick che vi sfidiamo a replicare con le tavole di SHRED e RIDE
Altro trick che vi sfidiamo a replicare con le tavole di SHRED e RIDE

Nella prima settimana, venduto sia con che senza la nuova tavola, data la compatibilità (almeno quella!) con la precedente, SHRED vendette solo 3000 copie negli Stati Uniti, un tonfo tale da spingere Activision a ibernare il franchise fino a data da destinarsi, corrispondete all'uscita, cinque anni dopo, di Tony Hawk's Pro Skater 5, un'ulteriore tacca sul muro dei fallimenti di una serie che ha fatto scuola.

Con il remake di Pro Skater 1+2 hanno provato che c'è ancora un cuore che batte in questo franchise redivivo. Bisseranno con Tony Hawk's Pro Skater 3+4? Ce lo dirà solo il tempo, che speriamo ci faccia dimenticare nuovamente di questa tavola da skateboard di plastica e senza ruote così da poterla riscoprire ancora e ancora, come se fosse la prima volta che ci ammalia e ci delude nel giro di una manciata di secondi.