Il termine "aspettativa" viene dal latino "exspectare", composto dalle parole "ex" (fuori) e "spectare" (guardare). Il significato lo sappiamo tutti: si tratta di una sorta di anticipazione del futuro. Una previsione che passa per il nostro personale giudizio e che ci permette di "guardare da fuori" un dato elemento o una precisa situazione. Nonostante l'aspettativa in sé non abbia mai la pretesa di essere un'opinione definitiva, è inevitabile che venga filtrata da una nostra percezione soggettiva. Una sorta di specchio della nostra psiche, che utilizziamo per riflettere il nostro quotidiano. E fin qui, nulla di nuovo sotto il Sole.
Con il passare del tempo ci siamo però convinti di essere tutti dei grandi esperti (e questo non solo del settore videoludico). Facciamo previsioni, ragioniamo al posto delle aziende e abbiamo maturato l'arroganza di poterci mettere nei panni delle altre persone senza conoscere il loro passato o i loro pensieri. Una boria potenziata a più non posso dai social network, che ci hanno messi tutti in vetrina, spingendoci ad assumere un tono sicuro e una posa da esposizione. Perché in vetrina devi essere perfetto. Perché devi avere sempre ragione e diventare un punto di riferimento. Perché tutti devono saperne più degli altri, in modo da spiccare in quella vetrina davanti alla quale passano migliaia di persone.
Ecco che quindi l'aspettativa è diventata una sorta di pretesa. La pretesa di aver indovinato una previsione grazie alle proprie capacità deduttive. Un'emozione così forte da influenzare persino il nostro cervello, rendendoci schiavi delle nostre previsioni e incapaci di aprire la mente di fronte a qualcosa di diverso da quanto preventivato.
Con questa base di partenza, è molto più complesso capire se questa prima metà del 2025 videoludico sia stata positiva o meno. Siamo rimasti delusi dalle varie uscite perché ci siamo trovati di fronte a progetti "mediocri", oppure solo perché lontani dalle nostre aspettative? Ragioniamoci insieme.
2025 videoludico - Fine primo tempo
Se c'è una cosa della quale è veramente difficile lamentarsi è il numero di videogiochi usciti in questi primi sei mesi dell'anno. Sei mesi che hanno dimostrato quanto, in realtà, il mercato sia strabordante di opere, che faticano ad attecchire su un pubblico sempre più vicino a quello dei fast-food. Un pubblico pronto a divorare il proprio ordine, per poi passare a quello successivo. Eppure abbiamo avuto diversi titoli meritevoli di attenzione. Titoli come Dynasty Warriors Origins, che ha portato i musou a un livello mai visto prima, Split Fiction, che ha confermato la creatività di Josef Fares o Blue Prince, che si è rivelato un inaspettato successo da parte del pubblico di tutto il mondo.
Per non parlare poi di opere incredibili come Kingdom Come Deliverance 2 o Clair Obscur: Expedition 33, che hanno galvanizzato gli amanti dei GDR occidentali e orientali. Nulla da dire poi sulle grandi conferme come Monster Hunter Wilds, Doom: The Dark Ages e Mario Kart World, che hanno ribadito la potenza di aziende come Nintendo, id Software e Capcom. Pensateci: persino Assassin's Creed Shadows si è dimostrato un valido capitolo della saga Ubisoft, scacciando quelle che erano le preoccupazioni nate sul finire dello scorso anno. Insomma: i titoli non sono mancati di certo e, soprattutto, si sono rivelati abbastanza vari da coprire un'utenza sempre più variegata nei gusti, nelle piattaforme e nel tempo a disposizione. Eppure la percezione è che non tutto sia filato per il verso giusto.
Critiche e criticità
Mese dopo mese, infatti, sempre più persone hanno iniziato a lamentarsi per svariati motivi. Si parte dalle classiche critiche mosse al franchise di Assassin's Creed, per poi protestare contro la scarsa longevità del recente Monster Hunter. Affermazioni che trovano anche un valido terreno per costruire dei confronti strutturati e interessanti, ma che spesso si infrangono contro le pareti metaforiche delle certezze personali.
Tra chi si lamenta dei pochi titoli a disposizione e chi della scarsa qualità delle opere uscite nel corso di questo 2025, ecco che arriviamo quindi a una delle più grandi aspettative "tradite" dall'industria: Nintendo Switch 2. In molti hanno criticato diversi aspetti della nuova console della Casa di Kyoto (come la GameChat), evidenziando la propria delusione nell'essersi trovati di fronte a quella che è, a tutti gli effetti, una Nintendo Switch Pro. Questo perché dalla Grande N ci si aspettava innovazione. Ci si aspettava l'effetto "wow", il gimmick sorprendente in grado di rivoluzionare l'industria. Ci si aspettava... di più.
Neanche il tempo di terminare la proteste nei confronti della recente console Nintendo, che ecco approdare sul mercato Death Stranding 2: On the Beach. E apriti cielo. Bastano alcune recensioni (principalmente italiane) per far scattare il pubblico del web in piedi per gridare allo scandalo. Per gridare all'ennesima delusione. Dopotutto da Hideo Kojima ci si aspettava qualcosa di mai visto prima. Qualcosa che portasse il linguaggio del videogioco a un nuovo livello. Qualcosa che potesse porre rimedio in un settore (a detta della gente) ripetitivo, stagnante e monotono. Ma quante di queste lamentele sono davvero sensate? Il pubblico ha ragione a lamentarsi, oppure siamo davvero tutti dei giocatori viziati?
Aziende reali e lamentele digitali
Prima di rispondere alle domande appena enunciate, è necessario fare un ragionamento. La comunicazione tra aziende e consumatori è uno dei grandi drammi degli ultimi anni del settore videoludico. Questo perché, per tornare nuovamente sulla metafora della vetrina usata in apertura, le varie software house si concentrano sempre più sugli strilloni promozionali da appendere fuori dal proprio negozio per attirare più persone possibili. In questo modo mettono in secondo piano la qualità della merce esposta e si dimenticano persino di lavare il vetro che permetterebbe al pubblico di vedere il contenuto del negozio. Ecco, una comunicazione corretta non dovrebbe aver bisogno degli strilloni per vendere un prodotto, bensì sfruttare il prodotto stesso come traino per la vendita.
Perché questa digressione? Perché parte delle aspettative (e di conseguenza delle delusioni) vengono da una mala comunicazione da parte proprio delle aziende. Aziende sempre meno rispettose dei consumatori, che si riempiono la bocca di promesse e che, anche a distanza di pochi mesi dalla chiusura di uno studio, possono guardare negli occhi la propria utenza e affermare che il progetto del team in questione procede alla grande. È necessario, infatti, distinguere le aspettative create da una comunicazione aziendale a dir poco furba (e non con accezione positiva del termine) da quelle che maturiamo in autonomia. Le prime hanno un valore nettamente inferiore, dato che si tratta di pensieri intrusivi che ci vengono innestati nella mente. Le seconde, invece, sono quelle più interessanti e che stiamo trattando nel corso di questo articolo.
Aspettative e psiche
Premesso che le lamentele, se giustificate, hanno sempre ragione di esistere in quanto maturazione di un giudizio personale, è innegabile che l'aspettativa vada a contaminare la nostra percezione finale. Questo perché viviamo alla costante ricerca del piacere, nella speranza di trovare dei piccoli spiragli di luce nel nostro quotidiano.
Secondo diversi studi psicologici, infatti, trovare conferma per le proprie aspettative suscita nell'essere umano gioia e, paradossalmente, sorpresa. Una sorta di realizzazione personale che ci rende felici non solo per l'elemento protagonista della nostra "previsione", ma anche nei confronti di sé stessi. Si prova piacere nell'aver fatto una valutazione risultata poi corretta e ci illude di aver "svelato l'arcano". Di essere capaci di comprendere qualcosa di più grande di noi e di essere riusciti a prevalere su coloro che la pensavano diversamente.
Questo ragionamento vale ovviamente anche al contrario. Non vedere rispettata una propria aspettativa suscita frustrazione e delusione. Sensazioni potenziate in base a quanto investimento emotivo ruota attorno all'elemento in questione. Avere delle precise aspettative di Death Stranding 2: On the Beach dopo aver amato il primo capitolo, per esempio, può portare a un rigetto del titolo in caso di delusione. Aver amato la capacità di Nintendo di introdurre nuovi elementi ludici a ogni nuova generazione di console potrebbe portare a un vero e proprio fastidio di fronte alla mancanza di novità di Nintendo Switch 2.
Insomma: avere aspettative è normale e, nel caso dei videogiochi, denota la volontà dell'individuo di voler decodificare una propria passione. Il problema, però, subentra quando ci facciamo divorare dalle aspettative. Quando quest'ultime assumono un valore paritario a quello intrinseco dell'opera. In un mondo ideale, infatti, sarebbe corretto discernere ciò che ci aspettiamo da ciò che approda sul mercato. Difficile? Tantissimo. Fattibile? Può darsi.
La necessità delle aspettative
Ci sono diversi modi per gestire le aspettative. Da un lato possiamo semplicemente abbracciarne l'esistenza, con la consapevolezza di maturare un giudizio soggettivo e, di conseguenza, inattaccabile perché personale. Possiamo anche tentare di combatterle, affermando di poter valutare un'opera andando oltre il pregiudizio, che in ogni caso comunque rimane in secondo piano. Alcune persone, però, optano per una terza strada, tentando di vivere una vita focalizzata sul presente e ignorando qualsiasi aspettativa. Si tratta di una scelta difficile e di un percorso di vita da costruire mattone dopo mattone, ma in questo modo si può vivere senza preconcetti o desideri che potrebbero non diventare mai realtà. In questo caso subentra inoltre un piacere della scoperta che permette di abbracciare quello che arriva nel modo più puro possibile.
A questo punto è giusto anche riannodare i fili del discorso: le aspettative sono "buone" o "cattive"? Possono impattare sul nostro giudizio personale di questo 2025 videoludico? Ovviamente non c'è una risposta unica e univoca alla prima di queste due domande, ma è certo che in un modo o nell'altro la spasmodica attesa di qualcosa e il desiderio inconscio di avere ragione su una previsione possono influenzare il risultato finale. Non di tutti, ma sicuramente di molti.
Questo non è sintomo di un problema da correggere, sia chiaro, ma è un elemento che è bene prendere in considerazione quanto si ascolta un parere, che può risultare più o meno influenzato dalla propria identità. Per questo motivo, infatti, tutti dovrebbero provare con mano il videogioco (o, più in generale, l'opera) di turno. Per maturare un giudizio che sia personale e soggettivo. Perché, alla fine, sono gli unici che contano davvero.