Da anni siamo ormai abituati a vedere arrivare sul mercato, più o meno a metà del ciclo vitale, una nuova versione di una console che apporta migliorie, modifiche più o meno sostanziali, magari un design più accattivante e meno ingombrante a un prezzo pensato per aggredire il mercato in momenti di calma. Dai modelli Pro delle più recenti PlayStation, alla versione Oled di Switch, alle X e S di Xbox One, tutto punta a farci desiderare il nuovo pezzo di hardware perché più potente, perché più performante, perché più al passo con i tempi, ma si è andato a perdere quel processo di ingegnerizzazione che portava tutte queste revisioni ad avere un significato che andasse oltre la potenza bruta e l'amperaggio: la comodità. Quando videogiocare era ancora considerato una faccenda da ragazzi, le case di sviluppo avevano altre priorità per la testa.
Le console erano fatte per stare, il più delle volte, nel salotto di famiglia o nella cameretta, un luogo che non sempre poteva contare una metratura esorbitante. Quindi, dopo aver realizzato una console che potesse realmente essere definita di "nuova generazione", la sfida successiva non riguardava tanto la potenza di calcolo, quanto la miniaturizzazione, la compressione di quei componenti in un corpo macchina ancora più ristretto, così da potersi mimetizzare meglio con la vita mondana delle famiglie medio borghesi di tutto il mondo. E, tra tali e tante versioni, forse solo una può essere considerata la regina indiscussa di questo regno di secondogeniti, che proprio oggi spegne venticinque candeline: PS One.
Un meteorite inatteso
Cinque anni dopo il successo strepitoso della prima PlayStation, Sony decise di rivedere il suo hardware di punta andando a puntare principalmente sulla portabilità. PS One, infatti, presenta una compattezza incredibile rispetto alla sua versione "fat" (come da lì a qualche anno tutti avrebbero chiamato il modello originale di una console).
Grande poco più del controller Dualshock, il suo scopo era principalmente quello di portare il dispositivo con sé durante le vacanze o addirittura in viaggio, forte delle sue dimensioni esigue e della creazione di un accessorio che gridava anni 2000 da ogni poro della plastica: uno schermo LCD che si poteva assicurare direttamente alla console e che la trasformava in una sorta di lettore CD da viaggio, ma sul quale si poteva videogiocare. La portatile Sony prima di PSP.
Questa prospettiva, assieme al suo design contenuto (ottenuto non senza rinunciare a delle comodità che la sua versione originale forniva) e al parco titoli, che agli inizi del 2000 poteva contare su dei successi fuori scala, fece svettare in cima alle classifiche il nuovo hardware Sony, superando (il primo anno di vendite) il SEGA Dreamcast e il Nintendo 64, nonché la contemporanea PlayStation 2, uscita lo stesso anno e più o meno nello stesso periodo (in Giappone a marzo, mentre negli Stati Uniti e in Europa a novembre, rispettivamente quattro mesi prima e due mesi dopo il debutto sul mercato della revisione di PSX in quei territori).
Sacrifici e benefici
Far rientrare in una piccola unità di plastica tutto ciò che si trovava all'interno della prima PlayStation non era cosa facile. Molte comodità accessorie, infatti, sono state sacrificate sull'altare della divinità della compattezza.
Addio a entrata AV, porta parallela e porta seriale, cosa che impediva di giocare in multiplayer locale (nonostante alcuni siano riusciti a creare modifiche non proprio ufficiali per rendere nuovamente disponibile quell'opzione anche sul nuovo modello), ma benvenuta presa SCART.
Il pulsante reset è stato integrato con quello di accensione, scelta che segna la fine di un'era del videogioco, e l'alimentatore diventa esterno, una bella botta alla portabilità, ma l'edizione Combo messa in vendita dal 2002 presentava, assieme allo schermo LCD, anche un adattatore per l'accendisigari della macchina, cosa che gli fa recuperare qualche punto. A livello estetico, PlayStation accantonò l'iconico grigio per andare su un bianco classico, magari più semplice da integrare all'interno di un'abitazione, ma decisamente più facile da sporcare se si decideva di portarsela in giro.
Perché quel successo?
PS One ha avuto successo principalmente per l'aura di status symbol che aveva ottenuto negli anni la sua versione originale. Giocare su PlayStation era più qualcosa da sfoggiare a livello sociale che non una vera e propria scelta dovuta a un'attenta e critica analisi di quanto poteva effettivamente offrire rispetto alla concorrenza.
Di conseguenza, anche con una seconda console alle porte, era difficile scrollarsi di dosso il manto di icona che gli si era adagiato sulle spalle. Se si aggiunge ciò all'incredibile lavoro di ingegnerizzazione dell'hardware, che rendevano la console molto vicina a tanti altri dispositivi che consideravamo portatili (ma che non lo erano poi più di tanto), ecco che si viene a delineare la sagoma di un successo annunciato, capace di oscurare il nuovo in onore di un "vecchio" che sapeva ancora come picchiare duro.
Voi vi ricordavate di questa versione a cavallo di una generazione? Ce l'avevate? E se sì, quanto l'avete portata in giro, magari con schermo LCD attaccato? Fatecelo sapere nei commenti.