I libri di Bitmap Books seguono spesso lo stesso percorso: mettono assieme un gran numero di videogiochi. A volte in comune hanno il formato di appartenenza, altre volte il genere. Per Hurt Me Plenty: The Ultimate Guide to First-Person Shooters 2003-2010 vale questo secondo caso, perché è di fatto il secondo volume di un'opera iniziata nel 2022 con I'm Too Young To Die, dello stesso autore: Stuart Maine. Entrambi allungano le mani su anni e anni di sparatutto in prima persona e se la prima uscita si è occupata delle origini del genere come noi lo conosciamo, nel 1992, e della sua rapida proliferazione ed evoluzione, questa seconda parte racconta quello che è successo dal 2003 al 2010.
I motivi per cui si può trovare interessante un libro come Hurt Me Plenty sono almeno un paio e credo coesistano senza annullarsi a vicenda, anzi. C'è la voglia di ritrovare alcuni videogiochi molto amati o perlomeno frequentati a lungo, ma anche quella di saperne di più di moltissimi altri mai provati e forse nemmeno mai conosciuti. Hurt Me Plenty fornisce tutto quello che serve per conoscere in maniera completa un argomento: il contesto. Non è la storia dei dieci, venti o cinquanta migliori sparatutto dei loro anni, ma la rassegna di oltre duecento esponenti del genere. Nella maggior parte dei casi sono giochi che non hanno lasciato un segno tangibile nella storia, ma qualcuno (e forse molti) ha influenzato a modo suo il periodo. Solo attraverso decine e decine di videogiochi "sconosciuti", ci si può fare un'idea sensata delle logiche che hanno portato gli sparatutto in prima persona a essere quello che sono oggi: un genere di estremo successo e di straordinaria varietà.
Tra tutti gli FPS selezionati da Maine e inseriti in Hurt Me Plenty ne vogliamo prendere 10. È il modo più efficace per rendersi conto di quale possa essere l'esperienza della lettura del libro, un grosso coffee table book che non vuole essere divorato in poche sessioni, ma sbocconcellato di quando in quando. Le regole che si è dato Maine per ordinare la confusa materia riguardano i criteri per definire tale un FPS, ma anche il limite quasi inderogabile a un solo gioco per ogni serie citata. In effetti Hurt Me Plenty è molto più di un "semplice" elenco di circa 220 schede e di almeno altrettante immagini di gioco. Per decine di pagine la parte introduttiva si preoccupa di fare un interessante excursus sullo stato degli FPS per come li trova il periodo preso in esame e una serie di interviste puntellano le varie annate, che sono poi il criterio utilizzato per dare una scansione in capitoli a tutto il lavoro. Ci sono le testimonianze di Tim Willits di id Software, Ken Levine di Irrational Games, Garry Newman di Garry's Mod, Robin Walker di Team Fortress e di Minh Le di Counter Strike, tra le altre. Maine ha reso ancora più efficaci e misurate le sue disamine. Ogni gioco gode di una descrizione e di valutazioni misurate. Ci sono le descrizioni sommarie delle idee principali di gioco, un giudizio molto sintetico sulla loro efficacia, curiosità e non solo sullo sviluppo e, in più casi, anche alcuni dati riguardo al successo commerciale ottenuto. In uno spazio tutto sommato abbastanza ridotto, quello delle schede che sono nella maggior parte dei casi limitate a una pagina, Hurt Me Plenty riesce a fare un ritratto utile e a modo suo completo dei videogiochi. E non solo degli Half-Life 2, ovviamente.
Necrovision – The Farm 51 Group (2009)
"Necrovision si chiede cosa nascerebbe dall'incontro tra H.P. Lovecraft e Doom, con la Prima guerra mondiale sullo sfondo", spiega Maine, mentre introduce questo semisconosciuto lavoro realizzato da ex sviluppatori di Medal of Honor e Painkiller.
Necrovision è un FPS in cui gli scontri ravvicinati, a mani nude/stivali calzati, sono tanto importanti quanto la capacità di tirare fuori un headshot al momento giusto. "Il tutto è sostenuto dal tono gonzo-style, per cui le tragedie della guerra si mischiano con zombi, demoni, vampiri, un drago e Satana in persona".
Tron 2.0 – Monolith Productions (2003)
Nato dal successo di No One Lives Forever, la serie curata da Monolith Productions, Tron 2.0 è il sorprendente e inatteso seguito del film originale del 1982, ma sotto forma di un videogioco. "Il gioco dà la possibilità di farsi un'idea di cosa possa voler dire esplorare l'interno di un computer, cosa che il film riusciva solo a suggerire", dice Maine.
Il lavoro di Monolith Productions è di qualità ed è sorretto dalla presenza alle voci di alcuni attori del film e la collaborazione con il regista e il celebre designer delle light cycle, Syd Mead. "C'è anche il 'Progress Bar', il locale in cui si ritrovano i programmi", segnala l'autore del libro.
Singularity – Raven Software (2010)
"Singularity è un FPS coinvolgente e ingegnoso, che merita di essere conosciuto", si legge nella scheda dell'ultimo progetto originale di Raven Software. Il gioco ruota attorno all'utilizzo di un dispositivo che permette di alterare il tempo e di viaggiare tra i decenni.
Nella scheda di Hurt Me Plenty viene spiegato come il progetto sia stato sostanzialmente completato in fretta e furia, dopo una gestazione lunga e complicata, finendo azzoppato in svariate delle sue parti.
Killzone – Guerrilla Software (2004)
Killzone è la serie che ha lanciato lo studio olandese Guerrilla Games, velocemente acquisito da Sony. In realtà Killzone non riuscì a ottenere il successo sperato: "sarebbe stato impossibile sopravvivere all'hype creata da Sony", dice giustamente Maine. Che poi sottolinea quella che è la parte più riuscita del gioco a suo modo di vedere, "Killzone è uno dei pochi giochi in cui le vere star sono i cattivi: nessuno si ricorda la faccia del soldato dell'ISA (Interplanetary Strategic Alliance) che interpretate.
Evidentemente ispirati all'anime Jin-Rah: The Wolf Brigade, gli Helghast sono in copertina e su tutti i materiali promozionali, il che, a ben pensarci, ha perfettamente senso, perché in un videogioco si vede molto più spesso il nemico che il proprio personaggio".
.kkrieger chapter 1 - .theprodukkt (2004)
Realizzato da un team tedesco specializzato nella scena delle demo, .kkrieger chapter 1 non è molto di più di una demo tecnologica. Ma è comunque impressionante. "La demo dura dieci minuti, in cui si raccolgono armi e si combattono i nemici, il tutto sotto le luci dinamiche e la colonna sonora di un'atmosfera inquietante", dice Maine.
La particolarità? Tutta la demo pesa 96 kilobyte. L'immagine del gioco pubblicata in questa pagina, per capirci, è quasi dieci volte più pesante!
Peter Jackson’s King Kong: The Official Game of the Movie – Ubisoft (2005)
Un caso davvero strano, quello del gioco di Ubisoft dal titolo talmente lungo e sostanzialmente così inutile che mi rifiuto di scriverlo per intero una seconda volta. Il progetto venne gestito da Michel Ancel, responsabile un paio di anni prima di Beyond Good & Evil, e fu un successo. Nel libro si dice che "è un survival FPS pieno di sequenze predeterminate e di puzzle, in cui si esplora l'ostile Skull Island nei panni di Jack Driscoll (tutti gli attori del film sono presenti nel loro ruolo)".
Ancel scelse di non avere alcuna interfaccia a schermo e di adottare delle routine che permettevano alla difficoltà di calibrarsi in autonomia tenendo conto del comportamento del giocatore.
Daemon Summoner – Atomic Planet (2006)
Dagli stessi autori di Carol Vorderman's Sudoku arriva un FPS a tema demoniaco, realizzato in soli tre mesi. "Internet adora mobbizzare i videogiochi, affibbiando etichette come 'il peggior videogioco mai fatto', ma per Deamon Summoner non ha avuto tutti i torti", dice inizialmente Maine.
Eppure, nonostante sia un gioco spesso e malvolentieri rotto, Daemon Summoner ha qualcosa di stramboide e di irresistibile, come l'idea che a essere più efficaci non siano i colpi alla testa, ma al cuore!
TimeSplitters’s Future Perfect – Free Radical Design (2005)
La serie di TimeSplitters ebbe un buon successo negli anni di PlayStation 2, Xbox e GameCube. Venne realizzata da Free Radical Design, uno studio formato anche da ex dipendenti di Rare, tra cui David Doak, che era stato uno dei responsabili di GoldenEye 007. In Hurt Me Plenty la scheda dedicata al terzo e ultimo capitolo della serie, Future Perfect, dimostra quanto sia completa l'informazione che offre Maine.
Viene spiegato il motivo del passaggio di editore da Eidos a Electronic Arts, ma anche celebrata la qualità complessiva del gioco, che secondo l'autore del libro è il migliore dei tre realizzati. E poi si riassume anche quanto avvenuto in anni recenti, con il tentativo di rilancio di Free Radical Design e di TimeSplitters, a opera di Embracer. Tentativo finito con un doloroso nulla di fatto. "Per quanto la serie possa tristemente non avere alcun futuro", dice Maine, "ci ha comunque lasciato questo gioco, che è molto vicino alla perfezione".
Oddworld: Stranger’s Wrath – Oddworld Inhabitants (2005)
"Fin dall'inizio, Oddworld Inhabitants provarono a fare le cose a modo loro. Le trame parlavano dell'avidità dei grandi gruppi industriali e dell'impatto sull'ambiente, mentre il gameplay favoriva approcci non violenti e d'infiltrazione": così viene introdotto da Maine il terzo, e ultimo, episodio della saga di Oddworld: Stranger's Wrath - Oddworld Inhabitants. E per i più disattenti: sì, era uno sparatutto in prima persona.
L'elemento caratterizzante era la balestra utilizzata dal protagonista, con cui lanciava delle bestioline che avevano effetti differenti a seconda della loro natura. "L'utilizzo di una visuale in prima persona per i combattimenti e in terza persona quando si corre e si salta è molto sensata e, quando va molto veloce, il personaggio si muove con le dinamiche di una motocicletta", specifica ancora Maine.
Call of Duty – Activision (2003)
Steven Spielberg, la nascita su PC, l'adattamento al mercato console: in Hurt Me Plenty si entra nel dettaglio di Call of Duty, e non solo del primo episodio di quella che è la serie di FPS per eccellenza. L'autore ricorda come il gioco del 2003 nacque, le dinamiche aziendali che portarono lo studio Infinity Ward a lavorare con Activision e anche, in particolar modo, l'idea di gioco che rese Call of Duty del tutto unico rispetto alla concorrenza. "Il gioco propose molte innovazioni", inizia a elencare Maine, "la campagna copriva svariate parti del mondo, passando da un protagonista inglese ai soldati russi. In entrambi i casi non si combatteva come un lupo solitario lanciato contro tutti, ma assieme ai compagni gestiti dalla AI, che seguivano il giocatore o procedevano all'attivarsi di una specifica situazione di gioco".
In questo modo Call of Duty "riuscì a realizzare l'obiettivo degli sviluppatori, che era creare un videogioco in cui si fosse un soldato all'interno della Seconda guerra mondiale e non in cui quella guerra facesse solo da sfondo".
Ci sono altri 210 FPS!
Hurt Me Plenty ha altre centinaia di giochi di cui parlare e lo fa attraverso la solita cura maniacale per la stampa e la rilegatura che caratterizza ogni uscita di Bitmap Books. Questo secondo volume della serie è ancora più a fuoco e più equilibrato del primo. In spazi tutto sommato equiparabili, riesce a trovare una misura più azzeccata ed efficace tra descrizioni, curiosità, ricordi, valutazioni e analisi pura.
Il libro può essere acquistato attraverso il sito di Bitmap Books al prezzo di 41,95 euro, a cui si devono aggiungere circa 12 euro di spedizione e tasse, o su Amazon attraverso il boxettino (con affiliazione) qui sotto: