L'arroganza di qualche anno fa è sicuramente lontana, la Crytek di oggi è un team dall'atteggiamento diverso, quantomeno in materia di pubbliche relazioni, ma, al di là di un ridimensionamento delle ambizioni connaturato alle difficoltà economiche salite alle cronache un paio d'anni fa, poco o nulla sembra essere cambiato nella sua voglia di sperimentare e spingere la tecnologia. Volati a Francoforte, nel quartier generale dello studio fondato dai fratelli Yerli, abbiamo avuto l'occasione di infilare il caschetto di PlayStation VR e cimentarci in una nuova e sostanziosa prova sul campo di Robinson: The Journey, titolo che si preannuncia come una delle proposte graficamente più di impatto della line-up di lancio del dispositivo di realtà virtuale di Sony, previsto per il 13 ottobre. Le buone nuove, tuttavia, non riguardano solo la grafica, visto che da questo hands on è emerso che sembra esserci molto più gioco rispetto a quanto rilevato durante il nostro precedente incontro, tenutosi all'E3 2016 (di cui potete leggere qui o dare un'occhiata a fondo pagina, in formato video).
Abbiamo provato Robinson: The Journey, lussureggiante esclusiva Crytek per PlayStation VR
Adolescenza interstellare
Come si sa, Robinson: The Journey cerca di mischiare suggestioni diverse. La vicenda del protagonista, dichiaratamente ispirata al classico della letteratura di Daniel Defoe (a cui si ammicca sin dal nome), i dinosauri e la fantascienza. Il cocktail, a giudicare dagli assaggi che gli abbiamo potuto dare finora, appare meno originale di quanto ingredienti del genere lasciassero sperare, ma la grinta non sembra mancare affatto. Una volta dentro il gioco, infatti, l'idea di trovarsi in uno spin-off di Jurassic World sa rivelarsi a tratti davvero potente. Potente come solo un'esperienza di realtà virtuale dai fondamentali pensati con raziocinio (ma anche qualcosa di criticabile) e mossa da un CryEngine in buono spolvero può essere.
Sul primo aspetto Crytek sembra essere riuscita a far tesoro del bagaglio accumulato finora in fatto di sperimentazioni con la VR, culminate con Back to Dinosaur Island, tech demo per visori PC, e The Climb, il suo primo gioco vero e proprio in realtà virtuale. Studio della prospettiva e delle proporzioni, ripensamento del concetto di HUD e di altri veicoli di trasmissione delle informazioni al giocatore, espedienti per prevenire malori, messa a punto di una gestione della visuale e sistemi di deambulazione e di interazione che risultino efficaci e al tempo stesso naturali, insomma ogni genere di questione "a monte", spesso tutt'altro che banale, che uno sviluppatore deve affrontare quando lavora in questo ambito. I risultati sono convincenti, il know-how degli Yerli e soci pare aver fruttato, sebbene certe applicazioni del gioco sembrino fatte apposta per PlayStation Move, grazie a cui guadagnerebbero nettamente in precisione, intuitività e potenziale immersivo, ma, paradossalmente, ci è stato detto che il suo supporto non è previsto, nemmeno con una patch della seconda ora. Discorso simile per la grafica: i passi indietro rispetto a Back to Dinosaur Island (di cui Robinson: The Journey condivide il DNA) sono evidenti, la definizione generale non è eccezionale, c'è del pop-in violento, che può anche toccare oggetti in primo piano, mentre chi mastica pane e CryEngine può notare rinunce un po' più subdole, come quelle riguardanti l'interattività della vegetazione, applicata in maniera meno intensiva del solito. Per il resto, il sempre considerevole motore grafico di Crysis e Ryse è lui, con la sua illuminazione, la sua densità e diversità della flora, la sua qualità dei materiali, capace sempre di caratterizzarsi per una resa che ai suoi apici flirta con il fotorealismo e, più in generale, offrire un impatto degno di nota, senza rinunciare a buon quantitativo di fisica "di servizio", di quella che magari non permette di tirar giù le baracche come Nomad ma rende adeguatamente persuasiva l'interazione con molti oggetti, dotandoli di reazioni coerenti. Con alle spalle il fresco annuncio di PlayStation Pro, abbiamo chiesto se tutto ciò fosse realmente mosso da una PS4 regolare, ricevendo conferma, mentre non ci sono stati forniti dettagli circa miglioramenti per il nuovo sistema, previsti ma avvolti da una nebulosità un po' evasiva, simile a quella che Sony aveva fatto trasparire sul palco del PlayStation Meeting.
A spasso nel parco
Complice le sezioni fatte provare finora alle fiere, c'era il (fondato) timore che Robinson: The Journey fosse tutto qua, una dimostrazione di muscoli e di perizia applicativa della VR, tutta "setpiece" e puzzle ai limiti dello strumento di calibrazione. E invece sembra esserci anche il gioco. È quanto abbiamo scoperto vestendo i panni del giovane protagonista, per una quarantina di minuti, durante le primissime fasi dell'avventura.
Partendo dai convenevoli con il suo assistente robotico, praticamente il cugino di Weathley di Portal 2, e prendendo confidenza con un tool attraverso cui manipolare oggetti come con una Gravity Gun, abbiamo dovuto affrontare una serie di problemi di routine, nell'area circostante la capsula di salvataggio dove Robinson si sveglia tutte le mattine, da 10 anni a questa parte, sognando di rimettere a posto l'enorme astronave su cui viaggiava, i cui pezzi si sono sparsi un po' ovunque, finendo in certi casi per diventare parte di vedute che dalle ceneri dello scontro tra tecnologia e natura sono fiorite in evocativi panorami. Con alcune eccezioni, l'ordine era sostanzialmente libero, così come libere erano le possibilità di esplorazione. Abbiamo rimesso a posto uno spaventapasseri, giocato un po' a basket, riattivato alcuni collegamenti elettrici e ritrovato Laika. Quest'ultimo è un cucciolo di tirannosauro, il secondo companion del giocatore, che a differenza dell'altro ha una natura biologica e quindi degli istinti e una personalità, consentendo di stabilire un rapporto più "vivo" e caloroso, come può essere quello con un cane, ma soprattutto di sfruttare le sue inclinazioni a propria utilità. È il caso di certi piccoli erbivori, che interferivano con un cancello e che siamo riusciti a far disperdere, ordinando a Laika di correre a spaventarli.
Le meccaniche di gioco ora assumevano i connotati del classico enigma ambientale a base di osservazione e spostamento di oggetti, ora di un mini-game a sé stante simile a quello di hacking dei recenti Deus Ex, ora della prova di coordinazione, come le scalate, giocoforza analoghe a quelle di The Climb (ma meno soddisfacenti), ora di un "grinding" à la No Man's Sky, come lo scanning di piante e animali, a cui è dedicato un database interattivo e svariati easter egg. Il tiro era piuttosto all'acqua di rose, sebbene ci sia stato promesso che strada facendo le cose si faranno via via più gratificanti, mentre per quanto il respiro non assumerà nemmeno lontanamente quello di un open world puro le zone esplorabili si faranno più ampie e saranno previsti dei cambi di ritmo, con passaggi simili allo showcase lineare apprezzato a Los Angeles. Che il gameplay acquisti effettivamente spessore o meno, siamo già dalle parti di un "walking simulator" medio, con a ben vedere qualcosa in più da fare e il valore aggiunto della VR. Considerato quanto certe volte la categoria riesca a trovare consensi anche nel caso di proposte mediocri, per alcuni questo potrà essere già più che abbastanza. Per stabilire invece se Robinson: The Journey vanterà tutt'altra caratura, proponendo dinamiche di maggior senso compiuto e oltre all'atmosfera e le suggestioni a secchiate dalla sua abbia magari anche una storia avvincente, non resta che aspettare di giocarne e immergersi di più, a questo punto in fase di recensione, tra poco meno di un mese.
CERTEZZE
- Ottima immersività
- Struttura di gioco più aperta e varia di quanto preventivato...
DUBBI
- ...ma dallo spessore ancora da verificare
- In svariate cose sembra fatto per il Move, ma il supporto della periferica non è in cantiere