Fire Emblem Engage ha portato una ventata d'aria fresca all'interno della saga di Intelligent System, perfezionando i risvolti strategici del sistema di combattimento a turni grazie agli Emblemi, una delle meccaniche più innovative della serie. Tuttavia, le critiche non sono mancate: la veste grafica del gioco e del protagonista hanno lasciato perplessi gli affezionati, per non parlare di una narrazione poco convincente.
Sotto tanti punti di vista Fire Emblem Engage è tutto fuorché il gioco che ci si aspettava: un gameplay innovativo, uno stile grafico che prende le distanze dalla tradizione, ma allo stesso tempo una storia che raschia il fondo del barile e un'attenzione esigua dei confronti nei rapporti tra i personaggi, che da sempre sono uno dei pilastri della saga. Sorge spontaneo chiedersi cosa possa riservare il futuro di Fire Emblem, ma per ipotizzare dove potrebbe andare bisogna guardare a com'è evoluta la serie negli anni.
Un drago che risorge dalle ceneri
Storicamente Fire Emblem è sempre stata una serie di nicchia apprezzata principalmente in Giappone e che ha visto la luce al di fuori dei confini nipponici solo col suo sesto capitolo. Dopo una lenta apertura al mercato internazionale, Nintendo e Intelligent Systems sono riuscite a rendere Fire Emblem più appetibile anche a una fetta di mercato più ampia a partire dal debutto su Nintendo 3DS con Fire Emblem: Awakening.
Ironicamente, il titolo che ha conquistato il pubblico internazionale è anche quello che ha salvato la serie dal tracollo: "Se le vendite di questo episodio fossero state inferiori alle 250.000 copie, avremmo smesso di lavorare alla serie", ha affermato nel 2013 Hitoshi Yamagami, il produttore di Awakening, "La nostra posizione era chiara: se questo fosse stato l'ultimo Fire Emblem, allora avremmo inserito tutto ciò che avremmo sempre voluto includere."
Con la sua cura maniacale per il dettaglio del mondo di gioco e personaggi approfonditi in maniera eccellente, Awakening ha creato i presupposti per il rilancio della saga negli anni a seguire: meccaniche da dating simulator, mappa interattiva, innumerevoli abilità e possibilità di giocare senza la morte permanente delle unità hanno riportato in auge una serie che ormai aveva un piede nella tomba.
L’ombra di Genshin Impact
La ripresa della serie ha coinciso con un periodo di buona popolarità degli RPG, scongiurando definitivamente la tanto temuta cancellazione. Forse è proprio l'insieme di questi due fattori ad aver distratto Intelligent Systems dalla narrazione che in origine ha reso Fire Emblem una saga così iconica. Al tempo stesso la virata verso design dei personaggi più eccentrici e l'ingresso nel mercato mobile con Fire Emblem Heroes suggerisce come lo studio stia osservando attentamente nuovi trend e altri giochi popolari degli ultimi anni. In particolare, non sono mancati gli accostamenti con il giocatissimo Genshin Impact.
L'interazione tra le community online attorno ai due prodotti lascia intendere come i giocatori di un titolo siano portati a provare anche l'altro, principalmente incuriositi proprio dalla potenza visiva dei personaggi. O, chissà, magari dalla quantità di waifu introdotte in ogni aggiornamento, componente ormai inscindibile degli RPG orientali e che assicura al gioco uno zoccolo duro di utenti innegabilmente attratti da questa tipologia di personaggio.
Per sperimentare una veste grafica "alla Genshin Impact", quindi pensata per attirare un pubblico più ampio, si è chiesto il contributo artistico della nuova illustratrice di Fire Emblem Mika Pikazo, famosa non solo per i suoi lavori nel panorama editoriale giapponese, ma anche per aver realizzato gli avatar dei V-Tuber Hakos Baelz e Kaguya Luna.
L'illustratrice ha risposto a una necessità ben precisa del team di sviluppo: "Stavamo cercando un artista il cui stile potesse richiamare un pubblico vasto, inclusi i giocatori più giovani, e che avesse la capacità di dare vita a un'ampia varietà di personaggi", ha dichiarato Tsutomu Tei, game director di Fire Emblem Engage. "Fra tutte, le illustrazioni di Mika Pikazo spiccavano perché erano davvero colorate e vivaci! Ci sono apparse perfette per la direzione che desideravamo imprimere a questo titolo. Possiamo dire che il team di sviluppo l'ha votata all'unanimità".
Il contributo artistico di Mika Pikazo in Fire Emblem Engage ha generato reazioni discordanti: se parte del pubblico ha storto il naso per la vicinanza stilistica con il mondo dei V-Tuber, altri videogiocatori si sono avvicinati al gioco proprio grazie allo stile unico dell'illustratrice giapponese, raggiungendo gli obiettivi della strategia di Intelligent Systems. Ironia della sorte, il tratto della Pikazo che in tanti hanno trovato derivativo è frutto di una ricerca che nasce dalla voglia di scardinare i canoni mainstream, pur finendo per diventarne parte.
"Sono sempre stata appassionata delle controculture e delle correnti underground, tutta roba che non è mainstream. Ma durante i miei studi non ho mai potuto esprimere questo mio lato. I giapponesi sono conservatori", ha affermato Mika Pikazo in un'intervista del 2016. "Ma in Brasile [dove l'illustratrice ha vissuto], le divergenze di pensiero non erano scoraggiate, bensì valorizzate", spiegando la nascita del suo stile prorompente e dai toni sgargianti, in passato smussato dalla mancanza di lungimiranza dei suoi connazionali.
Una virata verso questi canoni artistici dai toni più mainstream apre lo spiraglio all'ipotesi di rendere Fire Emblem un franchise in grado di diramarsi su media diversi dal videogioco. La serie non è nuova a questo genere di operazioni: infatti, già nel 1992 il primo adattamento manga ha fatto il suo debutto in Giappone, seguendo la scia di Square Enix che negli anni 90 ha lanciato Dai e L'emblema di Roto, due serie manga ispirate a Dragon Quest.
Dopo questo primo esperimento, Fire Emblem ha continuato a presidiare il mondo dei fumetti con costanza e non senza qualche incidente di percorso (come la cancellazione del manga ispirato a Fates) e più recentemente con degli yonkoma a colori tratti dal mondo di Heroes. Adesso i tempi parrebbero maturi un ritorno in grande stile proprio con Engage: la nota casa editrice Shueisha ha lanciato sulle pagine della rivista Saikyo Jump e su sito e app di Shonen Jump+ il manga tratto dall'ultima iterazione della serie, interessante esperimento che lascerebbe ben sperare in qualche sviluppo ulteriore.
Il prossimo passo potrebbe essere un adattamento animato del manga, operazione anch'essa non del tutto sconosciuta alla serie di Intelligent Systems. Nel 1996 ha visto la luce l'anime ispirato a Fire Emblem: Mystery of the Emblem, ma che ha avuto vita breve, contando solo due episodi prima di una brusca interruzione. Ciononostante, l'anime è stato il primo prodotto targato Fire Emblem a varcare i confini giapponesi, vantando persino una localizzazione in italiano con doppiatori noti tra gli appassionati d'animazione: Massimo di Benedetto (Marth), Emanuela Pacotto (Lena), Jenny de Cesarei (Shiida) e Debora Magnaghi (Elice).
Dal flop della serie del 1996 a oggi è mutato l'interesse di Nintendo nei confronti delle opere audiovisive tratte dalle proprie IP, come dimostrano l'uscita di Detective Pikachu e di Super Mario Bros. - Il film, oltre all'acquisizione della casa di produzione Dinamo Pictures, ribattezzata successivamente Nintendo Pictures. Se da un lato non è certo che Nintendo voglia investire in produzioni che esulino dalla realizzazione di cinematiche per i propri titoli, questo lascia ben sperare in una maggiore attenzione nei confronti degli adattamenti animati.
Fire Emblem, un gioco per tutti?
Come già è detto parlando della grafica, Fire Emblem Engage ha il preciso compito di piacere a un pubblico molto più vasto di quello di Three Houses e le innovazioni nel gameplay supportano questa visione, grazie a un maggior dinamismo del sistema di combattimento a turni.
Dal punto di vista narrativo, invece, Engage si è distanziato notevolmente da Three Houses, gioco di spicco nella serie per profondità e stratificazione della rete di personaggi con la possibilità di diramare la storia principale in ben 4 direzioni differenti. Anche in questo caso, l'inversione di rotta di Intelligent Systems sembrerebbe non essere casuale: "È stato deciso che in questo episodio la storia avrebbe dovuto avere una struttura più semplice, con un singolo obiettivo principale", ha confermato il game director Tsutomu Tei. "L'idea era creare un videogioco in grado di attirare molte persone, perché, ad esempio, anche chi non ha idea di quanto sia divertente un GdR strategico a turni potesse trovarlo interessante anche solo dal punto di vista grafico".
Ma mentre Engage punta su una maggiore linearità e appiattisce i dialoghi tra i personaggi inciampando nel citazionismo, Genshin Impact continua imperterrito per la sua strada, unendo il gameplay alla forza dei suoi personaggi, intesi non come semplici avatar da agghindare bensì come parte di un mondo narrativo ben più complesso e nel quale i giocatori decideranno più o meno di calarsi a seconda dell'esperienza che ricercano.
Quel che si cerca non è l'originalità a ogni costo: è da oltre trent'anni che i giochi della serie hanno raccontato delle variazioni sul tema di una trama sempre molto elementare. Ma adesso che Fire Emblem è finalmente diventato un videogioco più popolare, è la capacità di entrare in empatia con il giocatore che ha iniziato a scemare.
Nel futuro di Fire Emblem c'è sicuramente la voglia di non parlare più alla sola nicchia di appassionati e di cercare di invogliare sempre più giocatori a dare una chance alla serie, una direzione che nasce da una visione ben precisa delle potenzialità e dei limiti del franchise. Al contempo, sarebbe interessante vedere Intelligent Systems continuare a innovare e a puntare sulla qualità della narrativa senza il timore che risulti indigesta al grande pubblico.