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Giochi da incubo: i peggiori giochi horror

Ci prepariamo per accogliere Halloween con una panoramica di videogiochi horror talmente brutti da non avere quasi bisogno di mostri

SPECIALE di Mattia Armani   —   29/10/2018

Halloween è una festa conosciuta ma dalle origini poco chiare. Per qualcuno nasce dalla festa dei morti che si celebrava nella Roma antica, ma c'è chi è fermamente convinto che le radici di questa tradizione debbano essere ricercate nella celebrazione pagana di Samhain, rito di chiusura dei raccolti e di fine dell'estate legato alla cultura celtica. Quello che è certo è che negli ultimi decenni Halloween ha nuovamente attraversato l'Atlantico permeando gradualmente altre culture, prima con il cinema hollywoodiano e poi grazie all'inevitabile globalizzazione culturale scaturita dalla connettività. Ed eccoci quinti tutti pronti a festeggiare il 31 ottobre, tra costumi improbabili, maschere da hockey, zucche trasfigurate, film di paura e, ovviamente, videogiochi horror. Un mondo, quest'ultimo, che celebra in tempo reale la festività con eventi e patch di ogni genere, ma che da sempre si affida all'orrore per sfruttare la sua capacità unica di coinvolgere il giocatore e trovare una fonte inesauribile di cattivi soprannaturali e inquietanti. Spesso questa alchimia genera esperienze memorabili, tanto nella sfera dei tripla A quanto in quella indie come dimostrano gli articoli dedicati al bello di Halloween del nostro Staccini, ma capita spesso che il terrore non sia solo una questione di tematica. Il genere horror più di altri accoglie al suo interno titoli talmente brutti da risultare spaventosi a prescindere dalle mostruose creature che ci chiedono di affrontare.

Ju On: The Grudge
Ju On: The Grudge

Doppiaggi terrificanti e destini infausti

La nostra rassegna dei giochi del terrore talmente brutti da essere spaventosi a prescindere parte con un caso particolare, un titolo uscito nel lontano 1999 che è si chiaramente ispirato al primo Alone in the Dark e che non è poi così orribile. Giocato in lingua inglese Nocturne è, o almeno lo era un tempo, un survival horror decente, un titolo a episodi che ci mette nei panni di un vero duro impegnato ad affrontare mostri classici come i nobili vampiri d'epoca utilizzando potenti pistole e perfino di armi speciali o benedette pensate proprio per far fuori velocemente particolari esseri soprannaturali. E tutto sommato il gioco sviluppato dalla sfortunata e ormai defunta Terminal Reality funziona, anche se non stiamo parlando di un capolavoro. Anche perché Nocturne soffre di un sistema di controllo per l'epoca spaventoso, combinato con una gestione delle telecamere a dir poco terrificante. Ma non è questo che ne fa un vero incubo. La presenza di Nocturne in questa panoramica la dobbiamo infatti al doppiaggio in italiano, un vero crimine, uno di quelli in cui ti aspetti che in una notte piovosa spunti un tizio in impermeabile giallo che prenda a colpi di machete negli stinchi i responsabili. Se qua e la qualche doppiatore prova a dare un impronta di qualche tipo a un personaggio, molti si limitano a dimostrare quanto sia scarsa la loro abilità nella lettura, con un risultato che finisce per essere comico, soprattutto quando la pettoruta segretaria in divisa ci invita a vestire i panni dell'eroe parlando in romagnolo stretto. L'effetto che ne deriva è straniante, tanto da mettere i brividi tra una risata e l'altra. Uno straniante ben diverso da quello degli horror giapponesi che ci hanno abituato a capelli corvini, atmosfere inquietanti e maledizioni terribili.

Night Trap
Night Trap

Tra questi c'è anche Ju-On: Rancore, terzo capitolo della celebre serie di film horror indipendenti lanciata da Takashi Shimizu, un regista che con pochi mezzi ha dato vita a un fenomeno internazionale da ben 13 capitoli. Nessuno dei sequel o dei remake statunitensi è riuscito a eguagliare l'originale, ma questa terza incarnazione del franchise è comunque degna di essere vista dai fan del genere. Diversa la questione del tie-in, uscito su Wii nel 2009, che zoppica vistosamente nonostante il coraggio avuto dagli autori nel proporre qualcosa di diverso, capace di sfruttare l'atmosfera inquietante delle pellicole per offrirci un particolare connubio tra simulatore di casa infestata e avventura. Peccato per la povertà del gameplay che vanifica quasi del tutto la tensione, per la durata inferiore a quella media di un film, per la resa tecnica a tratti imbarazzante e per il prezzo di lancio da tripla A che, vista la povertà di contenuti, si è rivelato essere l'elemento più terrificante dell'intera produzione. Non ci aspettavamo però molto, mentre nutrivamo speranze Vampire Rain, l'esclusiva temporale per XBox 360 che l'ormai scomparsa Artoon ha commercializzato nel 2007. Il gioco, uno stealth splatter dal level design a dir poco mediocre e dal gameplay frustrante, è stata una delle grandi delusioni della prima decade di questo millennio, tale da aver segnato irrimediabilmente il destino di una software house di belle speranze, un team che al suo interno ha accolto anche eccellenze assolute SEGA responsabili di capolavori come il primo Sonic the Hedgehog e Panzer Dragoon. Le capacità del team sono emerse, seppur parzialmente, con titoli come Blinz e Blue Dragon, ma si sono smarrite proprio con questo Vampire Rain, ultimo titolo di peso del team prima dell'assorbimento da parte di AQ Interactive che qualche anno dopo ha a sua volta chiuso i battenti, forse per una sorta di oscura maledizione.

Dead Space: Ignition
Dead Space: Ignition

L'orrore dell'inconsistenza

Il genere dei titoli horror è pieno di vere e proprie mostruosità tra le quali troviamo una pletora di tie-in mediocri e innumerevoli titoli indipendenti di pessima qualità. Ma anche i grandi franchise originali ci hanno riservato brutte sorprese, come nel caso di Dead Space: Ignition, il prequel di Dead Space 2 che risulta ancora disponibile al prezzo iniziale di circa cinque euro. Un prezzo di certo esiguo, ma possiamo dire altrettanto di questo fumetto interattivo che non risulta terrificante se non nell'incoerenza dell'elemento che più lo dovrebbe caratterizzare: la trama. E non sono da meno, in termini di orrore involontario, i tre mini-giochi, tra l'altro realizzati con poca cura, che riempono le circa due ore di nulla di un prodotto che è pensato esclusivamente per i fan più sfegatati del franchise Visceral, quelli che per aver informazione in più sono disposti a soffrire le pene dell'inferno. Le stesse terribili pene che ha passato Digital Pictures dopo la pubblicazione di Night Trap, forse il film interattivo più famoso tra quelli sviluppati per Sega CD. Pubblicato nel 1992, il titolo è stato inizialmente sviluppato per la console NEMO che, terribile presagio, è spirata prima ancora di arrivare sul mercato. Qualcuno però ha avuto la bella idea di preservare le scene già girare, aggiungendocene di nuove per il rilancio sulla console SEGA che, destinata al fallimento, poteva fare senza dubbio a meno di un titolo addirittura chiamato in causa dal Senato degli Stati Uniti durante la famosa inchiesta sulla violenza nei videogiochi del 1993.

Onechanbara: Bikini Samurai Squad
Onechanbara: Bikini Samurai Squad

Il problema è che il gioco, successivamente arrivato su diverse piattaforme e disponibile anche sulle macchine di ultima generazione nella Anniversary Edition, non è particolarmente impressionante, inquietante o violento. Tolta la meraviglia tecnica del combinare scene cinematografiche con l'interattività, una roba che faceva impressione giusto agli albori del videogioco moderno, di Night Trap restano solo confuse scene che vedono improbabili vampiri futuristici attaccare giovani donne in lingerie. Davvero un orrore, in ogni senso possibile. Poi la percezione del videogioco è cresciuta, l'utenza è cambiata, la percezione della violenza si è affievolita e siamo arrivati al 2009 di Onechanbara: Bikini Samurai Squad. Al gioco d'azione sviluppato per Xbox 360 da D3 Publisher, che con questa variante dei classici Onechanbara ha cercato di conquistare l'occidente, non manca davvero nulla di quello che chiederemmo a un horror classico tra zombie, katane e sangue in quantità. E ci sono pure le ragazze maggiorate per chi non può fare a meno dell'essenza dell'horror americano anni 80 e se non altro ha qualcosa con cui distrarsi da quello che sembra un insulto da parte di una software house giapponese costretta a lavorare a forza su una console americana. Non sappiamo se le cose siano andate così, ma viene quasi naturale pensarlo di fronte alla mancanza di cura di un gameplay traballante, di un comparto tecnico inquietante e di un'esperienza mortalmente ripetitiva. Un vero inferno, tanto da fare il giro e diventare quasi un cult trash.