C'è un dibattito che continua a riemergere con una certa costanza nel corso degli ultimi anni: mentre la quasi totalità dei videogiocatori sembrano d'accordo nel riconoscere che l'evoluzione del gameplay abbia raggiunto un momento di stagnazione - soprattutto nei confini delle produzioni AAA - da una parte ci sono appassionati che accolgono con piacere sistemi più avanzati anche se ciò dovesse significare rimetterci sul fronte della rappresentazione estetica, mentre dall'altra si schiera una fetta di pubblico che non sembra disposta a stringere compromessi quando si tratta di limiti della grafica.
Sulle nostre pagine tale discussione si è recentemente riaccesa attorno a Caves of Qud, titolo che ha messo in scena diverse meccaniche rivoluzionarie e si è imposto fra i meglio valutati del 2024, ma che dall'altra parte si presenta in maniera talmente stilizzata da risultare inavvicinabile per il pubblico di massa. Certo, il videogioco di Freehold Games rappresenta assolutamente un caso limite dal momento che la sua messa in scena è quanto di più distante possa esistere dagli standard dell'industria contemporanea, ma rappresenta un gancio perfetto per analizzare l'impasse di un settore che, stretto nella morsa dell'evoluzione grafica e della messa in scena, sta facendo sempre più fatica a portare innovazioni tangibili nei sistemi di gioco.
L'anno scorso abbiamo pubblicato un'analisi simile - allora il nocciolo della questione risedeva in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom - ma da quel momento in avanti la situazione si è parecchio evoluta. È stata per esempio rilasciata PlayStation 5 Pro, la macchina mid-gen che ha portato il balzo tecnico meno impattante mai incontrato, sono stati pubblicati titoli come Starfield, che ha innalzato parecchio l'asticella estetica di Bethesda Softworks ma è stato criticato per alcune meccaniche anacronistiche, e sono emerse diverse altre diatribe relative non più solo alla grafica in senso stretto ma anche alla rappresentazione, alle inquadrature e a sistemi di combattimento - come quelli a turni - che da molti sono ancora considerati antiquati.
A un anno di distanza dall'ultima volta la domanda è rimasta la medesima, e si tratta di una domanda più che mai rappresentativa dell'intera nona generazione di console: possibile che l'inseguimento della qualità grafica e di un certo tipo di rappresentazione stia danneggiando l'evoluzione del gameplay dei videogiochi? Se è ormai un dato di fatto che le produzioni AAA facciano estrema fatica a portare reali innovazioni sul piano dei sistemi, e che quel compito sembra ormai relegato al solo mercato indipendente, vale la pena sforzarsi di schivare discorsi filosofici e speculazioni per cercare di capire, effettivamente, quanto questa deriva stia costando all'industria.
Quanto sta costando in concreto la grafica all'industria dei videogiochi?
Di recente la crescita dei budget necessari per lo sviluppo dei videogochi AAA è diventata un tema estremamente caldo. Dopo che l'allarme è stato lanciato a più riprese da Shawn Layden durante la scorsa generazione, il 2024 si è chiuso con un'analisi del Boston Consulting Group che ha reso questo dato protagonista assoluto della sua disamina: dal momento che si stima che i budget aumenteranno ancora dell'8% entro il 2028, il tasso di crescita dei costi è diventato ufficialmente più alto rispetto all'aumento dei guadagni preventivato dalle più autorevoli società del pianeta.
Posto che non esistono analisi finanziarie pubbliche riguardo l'allocamento dei budget e la parte più corposa - ovviamente gli stipendi degli sviluppatori - non è soggetta a divisioni di sorta, è possibile affidarsi unicamente a leak, ai crediti e alle dichiarazioni degli addetti ai lavori. Per fare un esempio, più del 60% degli oltre 4100 ruoli professionali coinvolti nella creazione di Red Dead Redemption 2 erano indirizzati alla sola rappresentazione grafica, sonoro escluso. Giusto pochi giorni fa il New York Times ha pubblicato un'indagine in cui si parla dei costi di sviluppo di Marvel's Spider-Man 2 che sono triplicati rispetto al budget del primo episodio ($90 milioni contro $315 milioni, ma in questo caso non è chiara l'incidenza del marketing) prevalentemente in ragione di una messa in scena che si dimostrasse allo stesso livello di quella di Hollywood. La rivista ha anche raccolto diverse testimonianze degli addetti ai lavori riguardo la questione della fedeltà estetica: secondo l'ex manager di Square Enix Jakob Navok, a tal proposito, "La fedeltà grafica ormai muove solamente un gruppo vocale di videogiocatori nei loro quaranta e cinquanta anni".
L'investimento necessario per allinearsi agli standard grafici dell'industria AAA sta costando molto alle compagnie, in certi casi quasi tutto, per esempio è stato ormai confermato da Bloomberg che Suicide Squad: Kill the Justice League sia costato $200 milioni di perdite a Warner Bros Discovery: se è chiaro che le ragioni del fallimento non abbiano nulla a che vedere con la rappresentazione estetica, la stessa cosa non si può dire dell'entità delle perdite. Zachary Small del Times ha anche analizzato la crescita fuori controllo che ha caratterizzato grandi saghe come Assassin's Creed: mentre "il film" composto da tutte le sequenze cinematografiche del primo capitolo durava circa due ore e mezza, quello di Assassin's Creed Valhalla ha toccato quota 23 ore. "Più di due stagioni intere di Game of Thrones", ha sottolineato l'autore, scattando una fotografia preoccupante delle dimensioni delle attuali produzioni di prima fascia.
Un altro fattore che rischia di passare in secondo piano è l'enorme incremento dei tempi di sviluppo e di pubblicazione che si riversa inevitabilmente sulla crescita dei budget, ovviamente legato alla grezza quantità di asset e al dettaglio richiesto dai progetti AAA. L'ex BioWare Mark Darrah è arrivato a coniare il termine "Fidelity Death Cult", per parlare della "letale" ossessione verso la grafica fotorealistica e la riluttanza verso il riutilizzo di asset che caratterizza alcuni studi e finisce per dilatare ulteriormente le tempistiche. Viene da sé che quando i tempi si gonfiano per ragioni legate all'estetica a rimetterci è il game design, perché rischia di presentarsi sul mercato fuori tempo massimo, come successo a diversi hero shooter e più in generale ai live service di questa generazione. Sta di fatto che, con l'avvento del 2025, sono trascorsi quattordici anni dalla pubblicazione di Skyrim e non c'è neanche l'ombra di un nuovo capitolo di The Elder Scrolls all'orizzonte, Grand Theft Auto VI sta per veder luce undici anni dopo il suo predecessore, mentre Final Fantasy XVI ha avuto sette anni di scarto con il quindicesimo episodio.
A proposito di Final Fantasy XVI, parlando proprio ai nostri microfoni, Naoki Yoshida ha raccontato delle differenze fra lo sviluppo del suo MMORPG e il suo primo videogioco AAA: "Lavorando su Final Fantasy 14 abbiamo molto tempo a disposizione per creare l'ambientazione e studiare la storia e non è necessario concentrarsi sui dettagli. Invece quando si tratta di una grande produzione ogni dettaglio è importantissimo per l'esperienza. Pensate a una singola sequenza animata, anzi, a un singolo tavolo che si vede in un filmato: bisogna pensare al tipo di legno, all'età del tavolo, al fatto che sia bagnato o asciutto, che sia danneggiato, con quale telecamera e attraverso quali lenti è filmato...". Con il senno di poi, è possibile che tale livello di cura abbia finito per andare a detrimento di altri elementi.
Tutto questo non significa assolutamente che non ci sia più spazio per videogiochi AAA anche cinematografici che possano risultare profittevoli, anzi, diversi esempi corrispondono perfettamente a tale identikit. Tuttavia, è fisiologico che questa rete di problemi, che ha tantissimo a che vedere con la fedeltà grafica, finisca per riflettersi negativamente sull'evoluzione del gameplay e dei sistemi. Se, da una parte, è ormai assodato che la crescita dei budget stia rendendo sempre più difficile scegliere di assumersi dei rischi in termini di meccaniche, al tempo stesso le meccaniche più avanzate diventano sempre più complicate - se non addirittura impossibili - da mettere in scena secondo gli standard estetici dell'industria di prima fascia, spostando tutta la responsabilità sul mercato indipendente.
Il problema dell'evoluzione del gameplay
David Reitman, capo del settore gaming della "Big 4" della consulenza PriceWaterhouseCoopers, ha dichiarato sempre al Times: "Una volta ero dalla parte dell'alta fedeltà: se un gioco non aveva una grafica al limite non era di nostro interesse, ma adesso le cose sono cambiate". Il succitato Jacob Navok ha notato come i videogiochi leader di oggi siano titoli come Roblox, Fortnite e Minecraft, quanto di più lontano possa esistere dalla fedeltà grafica, mentre l'investitore Matthew Ball ha riferito sempre al NY Times che: "Quasi tutti i videogiochi più redditizi girano su un tostapane". Ma se in termini di rendimento è evidente che un diverso tipo di approccio si sia già imposto, ed è ovvio che i classici colossal continueranno a dare i propri frutti traghettati da giganti come Grand Theft Auto VI, la mancata evoluzione dei sistemi di gameplay rappresenta un nodo centrale del mercato AAA.
Quando, diciassette anni fa, Shigeru Miyamoto diceva: "La maggior parte delle compagnie vanno nella stessa direzione, utilizzano tecnologie identiche. Stanno semplicemente cercando di essere migliori dei rivali. Noi cerchiamo di essere unici, diversi, senza dipendere dalle tecniche degli altri" non era preso sul serio dai colletti bianchi. Oggi, alla luce dei risultati raccolti da Nintendo Switch e dalle produzioni della compagnia, molti di essi sembrano essersi allineati alla sua visione. Anche il pubblico sembra arrivato a un punto di rottura, non essendo più disposto a trasformare in un "videogioco evento" opere generiche come Star Wars Outlaws, criticando la piattezza dei sistemi e della scrittura di Dragon Age: The Veilguard, e apparentemente - dato che è ancora tutto da dimostrare - guardando con sospetto saghe inaffondabili come Assassin's Creed.
Lo scorso anno notavamo come Elden Ring e The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom viaggiassero verso i 10 milioni di copie piazzate nonostante fossero stati fortemente criticati anche nelle sezioni commenti proprio in ragione di una messa in scena inadeguata alle tecnologie moderne, inquadrata dai più come il loro principale tallone d'Achille. Un anno dopo, il primo viaggia verso i 30 milioni di unità mentre il secondo ha superato da tempo i 20 milioni. Nello stesso periodo si speculava del destino di un Baldur's Gate 3 verso il quale molti videogiocatori nutrivano perplessità in ragione del vetusto sistema di combattimento a turni e anche del tipo d'inquadratura adottato, mentre oggi è diventato un cult dal quale l'industria sta ancora tentando di riprendersi.
Nei giorni scorsi abbiamo discusso in diverse occasioni di Caves of Qud in quanto videogioco meglio valutato del 2024 dalla critica e dal pubblico la cui struttura è ancorata a sistemi di gioco profondissimi, impossibili da replicare secondo gli standard dell'industria AAA: se da un lato è evidente che si tratta di un caso estremo, dall'altro fa sfoggio di gran parte delle meccaniche avanzate di cui il pubblico ha fortemente lamentato l'assenza in giochi di ruolo contemporanei, come per esempio Starfield. Un discorso molto simile si potrebbe fare anche riguardo Animal Well, il cui successo si regge quasi esclusivamente sulla forza delle idee di rottura dell'autore Billy Basso, ma anche per tantissime produzioni dirompenti che hanno toccato l'ultimo lustro. Ormai il mercato indipendente è rimasto quasi l'unico portabandiera dell'evoluzione e della sperimentazione in termini di meccaniche di gioco e non è una coincidenza che si muova con budget molto più bassi e in maniera totalmente slegata dalla messa in scena.
Come rimarcato da personalità attente all'aspetto finanziario come David Reitman la fedeltà grafica vende e continuerà a vendere sempre: forse se un capolavoro come Outer Wilds di Mobius Digital avesse potuto contare su una presentazione da produzione AAA avrebbe venduto molto più di 2 milioni di copie, ma certamente nessun grande publisher contemporaneo si sarebbe mai assunto un rischio imprenditoriale del genere. È fuori di dubbio che la ragione per cui pietre miliari del sottobosco indie fanno numeri piuttosto contenuti risieda nel colpo d'occhio, ed è altrettanto evidente che diverse grandi produzioni riescano a macinare vendite prevalentemente grazie all'impatto dell'estetica. Per alcuni il 2D rappresenta già di per sé un ostacolo, per altri l'inquadratura isometrica non s'ha da fare, per altri ancora il combattimento a turni è ormai vetusto, e così i limiti si estendono a diverse forme di rappresentazione dell'azione.
Di recente Rami Ismail ha sollevato preoccupazioni riguardo il fatto che l'industria di prima fascia si trova in una situazione di stallo perché i grandi videogiochi tradizionali sono diventati troppo costosi e troppo poco redditizi - portando gli esempi di Avatar: Frontiers of Pandora e Hellblade 2 - mentre i titoli live service si sono dimostrati troppo rischiosi. La nostra sensazione, invece, è che l'evoluzione delle meccaniche di gameplay sia diventata troppo rischiosa a causa dell'aumento dei budget - dunque cercare di creare nuovi fenomeni basati su idee inedite come Dark Souls o Monster Hunter è diventato pericolosissimo - mentre i sistemi più complessi stanno diventando praticamente impossibili da implementare all'interno di opere dall'elevata fedeltà grafica.
E la soluzione?
Secondo Reitman, senza alcuna sorpresa, la soluzione risiede nell'implementazione dell'intelligenza artificiale: solo così sarà possibile incrementare ulteriormente e in maniera sostenibile le esigenze tecnologiche delle esperienze di ultima generazione. A suo avviso il primo settore in cui si raggiungerà il livello successivo sarà quello dei titoli sportivi, dal momento che in circolazione ci sono migliaia di ore di materiale da cui attingere, fra partite di calcio e di basket. Tra le voci dissonanti è emersa a sorpresa quella del CEO di Take Two Interactive Strauss Zelnick, perché secondo lui: "L'IA non renderà lo sviluppo di videogiochi più economico, più veloce o migliore per creare successi. [...] Al limite i nostri sviluppatori potranno dedicarsi a questioni puramente creative". Purtroppo la sua rimane comunque una voce fuori dal coro, perché Ubisoft sta per esempio sviluppando "Ghostwriter", un software IA per la scrittura dei dialoghi, mentre NVIDIA è convinta di poter sostituire interamente gli scrittori dei videogiochi.
Tornando alla questione della grafica e dell'impasse che sta caratterizzando l'industria dei videogiochi contemporanea, l'ultima parola spetterà come sempre a un'utenza che votando con il portafoglio finirà per influenzare il comportamento dei publisher. Tenendo a mente che, visti gli attuali tempi di sviluppo, probabilmente le conseguenze si vedranno solo a distanza di anni. Al momento stiamo vivendo un periodo molto particolare: qualche scivolone nel mondo delle tradizionali produzioni AAA non basta assolutamente per giustificare un cambio di rotta generale, allo stesso modo in cui non sono sufficienti i trionfi di una manciata di eccezioni, come per esempio quelli di Larian Studios. Una fetta crescente del pubblico di massa sembra aver iniziato a soffrire la stagnazione sul fronte del gameplay, ma al tempo stesso è ancora fortemente legata all'estetica e non sembra pienamente disposta ad aprirsi fino in fondo a formule alternative come quelle proposte dallo sviluppo indipendente. Il 2024 è stato un confuso anno di transizione, forse il 2025 renderà chiara la rotta verso il futuro.