Siamo soliti decantare le lodi di un mercato videoludico in continua crescita, anche per rimarcare l'importanza di un medium troppo spesso sottovalutato rispetto agli altri, ma è giusto ricordare che in mezzo a un fatturato così pantagruelico si celano anche degli enormi flop, rilevati dagli anni '80 fino ai giorni nostri, con conseguenze più o meno catastrofiche. Con l'evoluzione dei modelli di business e dell'organizzazione dello sviluppo, anche i punti di riferimento sono cambiati e al giorno d'oggi la definizione di flop si è probabilmente anche modificata, spesso con risultati contraddittori tra quello che può essere un fallimento per la critica o il pubblico di appassionati, e quello che è effettivamente un danno finanziario.
L'avvento del supporto a lungo termine, dai semplici aggiornamenti correttivi che possono ora essere risolutivi ai live service che possono essere rimessi in carreggiata anche ad anni di distanza, rendono complicata la definizione di flop nel mercato moderno, per questo motivo i giochi che rientrano in questa piccola selezione dei maggiori flop della storia dei videogiochi appartengono soprattutto al passato, mentre per quelli attuali dobbiamo fare diversi distinguo.
E.T. The Extraterrestrial - Atari, 1982
Flop videoludico per antonomasia, la storia di E.T. The Extraterrestrial si confonde con la leggenda, che a sua volta trascende in mito, diventando il simbolo del videogioco fallimentare, anche perché è finito per corrispondere piuttosto precisamente col crack di Atari, venendo quasi additato come causa dell'intera crisi sistematica del mercato. Il disastro derivò da una concatenazione di cause, ma i guai economici furono ben visibili fin dall'inizio: Atari dovette sborsare oltre 20 milioni di dollari (un cifra mostruosa per un videogioco nel 1982) per la ricca licenza del film che era sulla bocca di tutti all'epoca, cosa che richiedeva già una quantità di vendite enorme per rientrare nell'investimento.
Ad aggiungere ulteriore danno fu la volontà assoluta di lanciare il gioco entro Natale, costringendo lo sviluppatore incaricato, Howard Scott Warshaw (autore di vari successi all'epoca) a sviluppare tutto in poco più di un mese. Con oltre 1,5 milioni di copie vendute, E.T. è a tutti gli effetti uno dei giochi di maggior successo per Atari 2600, ma rispetto alle aspettative della compagnia fu un flop clamoroso. L'aspetto più mitologico della storia è il famoso aneddoto delle migliaia di cartucce seppellite nella discarica di Alamogordo in Nuovo Messico, per anni rimasto ai limiti della leggenda metropolitana ma poi confermato da alcuni veri e propri scavi di ricerca effettuati per un documentario.
Earthbound - Nintendo, 1995
Non proprio tra i peggiori flop della storia, ma sicuramente tra quelli di maggiore impatto per molti utenti: il fallimento commerciale di Earthbound spiega infatti il perché della famigerata assenza della serie dal mercato occidentale. Dopo aver raggiunto il successo in Giappone dal primo Mother su Famicom, mai uscito dalla madrepatria, sembrava giunto il momento ideale per sdoganare la serie anche all'estero con Mother 2, sfruttando anche il crescente successo del Super Nintendo. Il gioco venne chiamato Earthbound in Nord America e promosso attraverso una campagna marketing molto costosa e particolare, che cercava di giocare sull'umorismo e l'ironia tipica del titolo in questione, anche con iniziative atipiche.
Non è ben chiaro come sia andata, ma forse proprio le eccessive stranezze di questa comunicazione (nonché del gioco stesso, per gli standard dell'epoca) potrebbero aver alienato gli utenti, piuttosto che il contrario. Alla fine della fiera, Earthbound riuscì a vendere circa 150.000 copie in occidente, estremamente al di sotto delle prospettive di Nintendo e praticamente la metà di quanto stava invece facendo in Giappone. Non proprio un disastro, ma bastò comunque a creare una sorta di stigma sulla serie, che da allora non è mai più giunta in occidente, nonostante sia richiesta a gran voce da tanti appassionati.
Duke Nukem Forever - 3D Realms, 1997/2011
Quando lo sviluppo (a fasi alterne) di un gioco si protrae per 14 anni, è facile capire già come il progetto sia di per sé già un probabile fallimento. Duke Nukem Forever venne annunciato nel 1997, quando il personaggio e la serie erano all'apice della notorietà, ma è arrivato a conclusione solo nel 2011, all'interno di un panorama videoludico profondamente cambiato e dove anche il genere stesso dello sparatutto in prima persona si presentava ormai diverso dalle caratteristiche basilari dell'originale. Già una genesi così lunga e complessa, con vari passaggi di mano, rende difficile quantificare il costo totale del progetto, ma secondo Randy Pitchford di Gearbox l'ammontare totale, solo per quanto riguarda lo sviluppo, sarebbe stato di circa 20-30 milioni di dollari per 3D Realms.
Dopo essere diventato una sorta di meme, quasi un simbolo del "vaporware", il fatto di giungere a compimento fu quasi una sorpresa e Duke Nukem Forever non venne stroncato da tutti, dal punto di vista della critica e del pubblico. Anche i risultati economici sono incerti e difficilmente inquadrabili: nonostante vendite iniziali molto al di sotto delle aspettative, Take Two ha riferito che ha comunque coperto i costi e generato profitto, anche se difficilmente i suoi risultati possono giustificare una lavorazione travagliata durata 14 anni.
Grim Fandango - LucasArts, 1998
Un caso particolarmente controverso è quello di Grim Fandango, tutt'ora considerato un capolavoro e caposaldo del genere delle avventure grafiche, che tuttavia rappresentò anche la conclusione dell'epoca d'oro del genere. Il declino del punta e clicca, in termini commerciali e di ricezione da parte del pubblico, cominciava a essere evidente già da tempo, ma nel 1998 Tim Schafer e compagni riuscirono comunque a tirare fuori un gioco in grado di rappresentare uno degli apici assoluti di questo tipo di esperienze, cercando peraltro di accogliere le nuove tendenze tecnologiche con un approccio al 3D. La storia di Manny Calavera e del suo strano aldilà tra burocrazia, mitologia precolombiana e romanticismo, resta ancora una perla, ma paradossalmente rappresentò la fine delle avventure Lucas.
Infilato in un periodo storico dominato da nuove mode, con il pubblico che sembrava totalmente assorbito da altro, Grim Fandango sembrava una sorta di fantasma del passato, oltretutto stretto fra le uscite enormi dell'incredibile 1998 che vide arrivare giochi innovativi come Half-Life, Metal Gear Solid e The Legend of Zelda: Ocarina of Time. Nei primi anni, le vendite non raggiunsero nemmeno le 100.000 copie, contribuendo in maniera netta alla decisione di LucasArts di abbandonare questo tipo di produzioni, ma diventando comunque un gioco di culto, recuperato successivamente con la nuova versione Grim Fandango Remastered.
Daikatana - Ion Storm, 2000
Uno dei fallimenti più cocenti della storia videoludica nonché una delle più illustri vittime dell'hype è stato Daikatana, sparatutto in prima persona di Ion Storm, ideato e sviluppato da una leggenda come John Romero, elemento chiave di id Software e co-autore di capolavori del genere come Wolfenstein 3D, Doom e Quake. Proprio queste basi di partenza avevano subito acceso i riflettori su questo nuovo progetto, che sembrava significare un passo evolutivo fondamentale nella storia degli FPS e il marketing aggressivo organizzato dal team aveva contribuito sensibilmente ad alimentare un'aspettativa fuori scala per il gioco, che nel frattempo tardava da arrivare.
I continui posticipi derivavano da problemi organizzativi e la volontà di stupire aggiungendo ulteriormente nuove caratteristiche alla base originale, fino a rendere problematica anche la gestione dell'engine, mentre continuava nel frattempo la campagna pubblicitaria alquanto sopra le righe. Alla fine, circa tre anni dopo il primo annuncio (molti, considerando le tempistiche dell'epoca), Daikatana si rivelò un titolo molto al di sotto delle aspettative e anche rispetto agli standard raggiunti dal genere nel frattempo. Costato pare 30 milioni di dollari, sembra abbia venduto solo poco più di 40.000 copie, diventando il maggior disastro commerciale nella storia moderna dei videogiochi.
Shenmue - Sega, 1999/2001
Inserire Shenmue tra i fallimenti della storia dei videogiochi può sembrare un sacrilegio, vista l'importanza ricoperta dalla serie nell'evoluzione di questo medium e la bellezza del gioco, ma qui parliamo esclusivamente delle implicazioni economiche, che furono indubbiamente disastrose per Sega. L'action adventure di Yu Suzuki rappresenta la realizzazione di un sogno per lo sviluppatore e il team AM2, nonché per molti giocatori che si trovarono all'epoca, per la prima volta, immersi in un open world in 3D realistico e credibile, immerso nel fascino del Giappone degli anni '80 e delle arti marziali. Sotto tutti gli aspetti, Shenmue è stato un successo: un traguardo tecnico impressionante, un ottimo gioco e un titolo dotato di una magia particolare, in grado di rimanere un cult rilevante per anni nella storia dei videogiochi.
Sul fronte economico, la storia fu alquanto diversa e, se vogliamo, anche simbolica di quella che era Sega all'epoca della produzione hardware: i costi immani sostenuti nel corso dello sviluppo non vennero coperti dalle pur buone vendite, e difficilmente sarebbe potuto andare diversamente anche sulla base della scarsa penetrazione di Dreamcast nel mondo. A tutti gli effetti, si è trattato di un passo più lungo della gamba, che testimonia ancora una volta l'anima romantica e sognatrice di Sega, rappresentando tuttavia un altro colpo pesante sulle finanze della compagnia, che di lì a poco avrebbe chiuso la divisione hardware diventando qualcosa di molto diverso.
Okami - Capcom, 2009
Altro caso strano è quello di Okami, tanto da aver ottenuto il bizzarro e ben poco ambito titolo di "vincitore del premio game of the year con il minor successo commerciale" all'interno del Guinness World Records: Gamer's Edition. Il particolare action adventure ad ambientazione mitologica nipponica, che ha per protagonista la divinità Amaterasu in forma di lupo alle prese con varie quest da risolvere utilizzando il "pennello celestiale" rimane tutt'ora un esempio di stile applicato al gameplay, con la sua particolare caratterizzazione grafica che deriva direttamente dal sumi-e, tecnica pittorica classica che ricorda l'acquerello con inchiostro scuro. Non è sicuramente uno dei peggiori flop della storia ma è sicuramente uno dei più famosi e particolari.
Okami è infatti considerato un grande gioco e nel 2006 molte testate l'hanno eletto come gioco dell'anno, eppure non è mai riuscito a sfondare sul piano commerciale, arrivando a qualche centinaio di migliaia di copie vendute nei primi anni di presenza sul mercato (circa 600.000 copie vendute secondo i dati aggiornati al 2009). La situazione è probabilmente migliorata successivamente, con la pubblicazione della nuova versione Okami HD per piattaforme moderne, ma troppo tardi per il rinomato e promettente Clover Studio di Capcom: il dream team della casa di Osaka, formato da Shinji Mikami, Hideki Kamiya e Atsushi Inaba, venne chiuso in seguito agli scarsi risultati commerciali ottenuti dai pur ottimi titoli sviluppati, portando all'uscita delle varie figure chiave dalla compagnia.
APB: All Points Bulletin - Realtime Worlds, 2010
Anche chi non è particolarmente "anziano" potrebbe ricordare APB: All Points Bulletin, visto che ci avviciniamo a un'epoca più vicina alla contemporaneità del mercato e anche alle sue peculiari caratteristiche. Il gioco cominciava già ad essere uno dei grandi progetti online che sembrava basarsi su enormi potenzialità da esprimere attraverso il multiplayer massivo, ideato da David Jones, uno dei creatori di Grand Theft Auto, e pertanto guardato da molti come la "next big thing" in arrivo sul fronte videoludico. A tutti gli effetti, poteva essere quello che è poi diventato GTA Online, ma il problema è che dietro non aveva un nome consolidato come quest'ultimo, né l'organizzazione sistematica di Rockstar Games.
Si trattava di uno sparatutto su vasta scala che divideva i giocatori tra criminali e forze dell'ordine, attivi in un'ampia ambientazioni urbana in stile open world e integrando caratteristiche dalla serie GTA e da Crackdown, entrambi titoli su cui Jones e altri sviluppatori avevano lavorato in precedenza. L'ambizioso progetto face lievitare le spese di produzione fino a circa 100 milioni di dollari tra sviluppo e marketing, cifra che non venne coperta dai ricavi e portò Realtime Worlds in amministrazione controllata, costretta a vendere i diritti sul gioco a K2 Network. Successivamente, il titolo venne rilanciato come free-to-play con il titolo APB: Reloaded.
Def Jam Rapstar - 4mm Games e Terminal Reality, 2010
Un caso particolare è quello rappresentato da Def Jam Rapstar, il cui fallimento è dovuto quasi esclusivamente a un certo caos organizzativo di 4mm Games e Terminal Reality, che dimostrò delle palesi lacune in termini di questioni legali. Di per sé, il gioco musicale basato sul rap non era nemmeno malvagio: si trattava di una sorta di rhythm game in stile Singstar ma tutto incentrato sull'ambito hip hop, contenente brani di Kanye West, DMX, Lil Wayne e vari artisti appartenenti all'etichetta Def Jam, da cantare in stile karaoke seguendo ritmo, metrica e intonazione e cercando di rimanere a tempo e in linea con la melodia, dunque qualcosa di ben rodato.
La risposta di stampa e pubblico fu buona, ma i problemi arrivarono dopo, tutti sul fronte legale: varie compagnie sussidiarie della major discografica EMI fecero causa ai produttori per aver inserito tracce musicali senza permesso e averle usate nel gioco senza alcun accordo sulla gestione delle royalties. Considerando che il gioco era costruito su una partnership ufficiale con Def Jam, è chiaro che i produttori avevano curato le conseguenze legali dei brani su licenza solo su tale fronte, forse scordandosi o sottovalutando le implicazioni nell'uso di altre canzoni fuori da tali accordi. Il risultato fu una causa da 8 milioni di dollari che portò 4mm Games alla chiusura del team e della piattaforma social del gioco.
Kingdoms of Amalur: Reckoning - 38 Studios, 2012
Fra i vari altri casi possibili, scegliamo di parlare di Kingdoms of Amalur: Reckoning soprattutto per la particolarità della situazione che si venne a creare con il team. 38 Studios, fondato da Curt Schilling, ottenne un ingente prestito da 75 milioni di dollari da parte dello stato del Rhode Island, riservato alle nuove attività emergenti e con la promessa di creare posti di lavoro locali. Questo consentì uno sviluppo piuttosto fluido e Kingdoms of Amalur: Reckoning arrivò effettivamente sul mercato in buone condizioni, accolto positivamente sia dalla critica che dal pubblico. Il problema era legato alle aspettative di vendita troppo alte stabilite per il gioco, che rendevano il prestito molto rischioso.
Pur avendo venduto 1,3 milioni di copie nei primi tre mesi, dunque un risultato non male per un action RPG basato su una proprietà intellettuale praticamente sconosciuta, lo Stato del Rhode Island cominciò a fare pressioni su 38 Studios, rendendosi conto che un ritorno economico tale da garantire il rientro dei capitali era praticamente impossibile. Il team non riuscì a pagare in tempo per una scadenza, cosa che lo tagliò fuori da un ulteriore finanziamento richiesto per produrre il seguito. Da lì in poi, ulteriori problemi economici impedirono la gestione dei pagamenti regolare e portarono 38 Studios alla bancarotta, oltretutto coinvolto in quella che divenne una causa civile, vista la presenza di finanziamenti statali. Di recente, il gioco è stato recuperato da THQ Nordic con Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning.
Cyberpunk 2077 e i casi più attuali
Come riferito in precedenza, risulta più facile riconoscere chiaramente i flop commerciali se si guarda ai giochi del passato, sia per la maggiore completezza dei dati, sia perché il modello economico tradizionale rendeva più semplice la definizione. Negli ultimi anni non sono certo mancati i flop, ma è difficile capire sempre quando questi siano effettivi fallimenti commerciali o semplici défaillance in termini di critica o percezione da parte del pubblico. Altro elemento fondamentale è l'organizzazione dello sviluppo con il supporto a lungo termine: Cyberpunk 2077 viene considerato un flop, ma i risultati commerciali non sono così disastrosi e il suo ciclo vitale è talmente lungo da poter eventualmente riprendersi in futuro, per esempio.
Allo stesso modo, Battlefield 2042 sembra un altro fallimento eclatante, ma è comunque ancora presto per bollarlo in tal modo, nonostante i segnali siano piuttosto inequivocabili. Un esempio lampante di questa situazione più fluida e cangiante è dato da No Man's Sky: all'epoca della sua uscita, nel 2016, si parlava di uno dei più cocenti fallimenti visti in ambito indie, ma Hello Games ha continuato a supportarlo con una tale intensità da aver poi ribaltato la visione iniziale, offrendo infine un gioco che ha addirittura superato le grandi aspettative iniziali, così come Sea of Thieves, che ha seguito una parabola molto simile. Per questo motivo, abbiamo deciso di sospendere il giudizio su alcuni dei casi più recenti, per quanto eclatanti siano, in attesa di avere una visione più completa delle varie situazioni.