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Iron Harvest, il provato

Il provato di Iron Harvest, uno strategico in tempo reale ambientato in una realtà alternativa dall'insolita profondità narrativa

PROVATO di Simone Tagliaferri   —   05/05/2020

Con Iron Harvest King Art Games ha deciso di cambiare completamente genere rispetto alle sue produzioni precedenti, provando a dire la sua nel mondo degli strategici in tempo reale, pure senza rinunciare a quel gusto narrativo che l'ha resa nota con The Book of Unwritten Tales, una delle migliori serie di avventure punta e clicca degli ultimi anni, purtroppo snobbata dal grande pubblico. In realtà il catalogo di King Art Games è molto più variegato di quello che possa sembrare a uno sguardo superficiale, visto che comprende uno strategico a turni (Kronos), un gioco di ruolo d'azione (The Dwarves) e addirittura alcuni manageriali.

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Iron Harvest è ambientato in una realtà alternativa, quella del cosiddetto 1920+ che vede le nazioni più grandi e potenti sviluppare delle tecnologie avanzatissime da utilizzare per la guerra: i campi di battaglia sono pieni di grossi mech, che affiancano la fanteria spargendo morte e distruzione. La parte di campagna single player che abbiamo avuto modo di provare inizia proprio dall'ennesima discesa in guerra di alcune grandi nazioni europee, nonostante il conflitto precedente abbia prodotto un numero consistente di lutti. A dirla tutta inizia con un lungo tutorial, che ci spiega i rudimenti del sistema di controllo e in cui facciamo la conoscenza di una delle eroine del gioco (truppe speciali molto resistenti e con abilità uniche).

Già qui appare chiaro come King Art abbia voluto dotare Iron Harvest di un lato narrativo più profondo di quello dell'RTS medio, ma dando uno sguardo approfondito anche al contorno, ci si accorge di come non ci trovi di fronte al solito strategico dalla trama abbozzata, ma a una vera e propria epopea di guerra, che coinvolge rapporti parentali, grandi amicizie e acerrime rivalità. Naturalmente c'è anche il gioco.

Gameplay

Dal punto di vista del gameplay Iron Harvest offre degli elementi davvero interessanti, che lo rendono più profondo di quanto non sembri a un primo sguardo. A parte le missioni più narrative, che offrono degli obiettivi molto specifici, quasi da gioco di ruolo (vai nel posto X, incontra il personaggio Y), con tanto di missioni secondarie, utili per ottenere risorse e per assistere a degli eventi laterali, ma comunque gradevoli se innestati nel quadro generale, le meccaniche base sono molto simili a quelle classiche degli RTS, pur con alcune differenze importanti.

L'obiettivo di ogni mappa è quello di dominare le risorse presenti per poter costruire dei nuovi edifici e produrre unità sempre più potenti. Ogni unità o edificio ha un suo costo e avere più risorse permette di svilupparsi più rapidamente. In alternativa, in alcune missioni avremo un numero di unità fisso e dovremo riuscire a gestirle per arrivare alla fine.

La necessità di dover ammucchiare truppe per partire alla conquista del nemico non inganni, perché i numeri sono importanti, ma per vincere c'è bisogno di considerare l'insieme degli elementi presenti sul campo di battaglia, in particolare le coperture, che negli scontri di fanteria sono vitali.

Iron Harvest 1920 07

In Iron Harvest ogni muretto può fungere da copertura e ogni cespuglio da nascondiglio per tendere imboscate. I soldati in copertura subiscono meno danni e hanno più tempo per ricaricare l'arma senza esporsi al fuoco nemico. Far avanzare le truppe in campo aperto, sperando che l'intelligenza artificiale faccia il resto, è il modo perfetto per farsi massacrare. Gli sviluppatori tengono talmente tanto a questo aspetto del gioco da averlo esplicitato sin dalla prima missione post tutorial dell'unica campagna presente nella beta, missione dove basta una disattenzione per essere circondati dai nemici e massacrati senza troppi riguardi. Gli scontri si vincono quindi tenendo prima di tutto da conto il posizionamento.

Sistema di combattimento

Il sistema di combattimento in sé ricalca moltissimo lo stile del gioco, ossia cerca di essere il più realistico possibile, fortunatamente senza diventare pedante. Così i fucilieri hanno una cadenza di fuoco molto lenta, perché le armi sono quelle della Prima Guerra Mondiale e richiedono del tempo per essere ricaricate; l'artiglieria è pesantissima e viene letteralmente trascinata dai soldati, facendo passare molti secondi tra un colpo e l'altro e gli attacchi aerei non sono precisissimi.

Le cose cambiano un bel po' quando sul campo di battaglia appaiono i mezzi meccanici, che rendono gli scontri più brutali e invero spettacolari.

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Questi grossi mech, il cui aspetto è un miscuglio delizioso di veicoli storici e mezzi fantascientifici, tendente allo steampunk, dominano letteralmente i campi di battaglia. Ce ne sono di diversi tipi, tutti equipaggiati differentemente a seconda della loro fazione, come ad esempio dei carri armati con delle zampe di ragno, oppure dei simili AT-ST o ancora dei veri e propri botoli robot particolarmente lenti ma molto resistenti. Le loro armi sono generalmente mitragliatrici pesanti o cannoni di varia foggia e potenza, che possono spazzare via nel giro di pochi secondi intere squadre di soldati. La versione di Iron Harvest che abbiamo provato non ci ha consentito di provare tutte le fazioni e tutte le missioni della campagna narrativa (venti in totale), ma ci ha dato una buoni prospettiva su quello che ci attende nel gioco finito, deliziandoci con dei momenti davvero coinvolgenti e delle sorprese importanti, che vedremo a cosa porteranno nella versione finale.

Stile grafico

Dal punto di vista tecnico ci siamo trovati di fronte a un titolo solidissimo, che offre alcune chicche notevoli, soprattutto dal punto di vista stilistico. Il motore grafico non fa miracoli, ma regge bene anche durante gli scontri più complessi, non perdendo mai (o quasi) fluidità.

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In particolare quando sul campo di battaglia ci sono i mech, il colpo d'occhio diventa notevole: vuoi per il moltiplicarsi delle esplosioni e vuoi per il contrasto tra le loro dimensioni e quelle dei soldati normali. Non mancano comunque dettagli realizzati con grande attenzione, come le tracce lasciate nella neve da umani e robot, oppure il movimento dei mech in mezzo ai campi coltivati. Alla fine a stupire davvero è l'aderenza dello stile grafico con quella che è la sua iconografia, ossia con il tentativo già raccontato di far rivivere le atmosfere di quell'epoca in una serie di fotografie e quadri ricalcati su dei modelli storici (come ammesso dallo stesso autore dopo essere stato accusato di plagio). Molto curata anche la colonna sonora, che riecheggia le sonorità di quell'epoca, pur riletta in chiave fantastica.

Iron Harvest ci ha davvero incuriositi e ci è dispiaciuto di non avere tra le mani la versione finale del gioco per poterlo finire. La campagna single player sembra essere il giusto compromesso tra narrazione e azione, mentre alcune meccaniche peculiari gli regalano una freschezza che al genere manca da un po'. In generale sembra di trovarsi di fronte a un'opera compiuta e molto curata nell'immaginario, decisamente diverso da quelli cui siamo stati abituati negli ultimi anni. Speriamo solo di non vedere tradite queste nostre prime impressioni, perché c'è ancora molto da provare prima di dare un giudizio definitivo.

CERTEZZE

  • Immaginario curatissimo
  • Storia della campagna single player interessante
  • Combattere con i mech è uno spasso

DUBBI

  • Qualche animazione da rivedere