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Oxenfree e gli spettri del passato, tra onde radio e hauntologia

L'uscita di Oxenfree su dispositivi mobili iOS e Android tramite la piattaforma Netflix ci offre l'occasione di approfondire i significati più profondi del gioco.

SPECIALE di Giulia Martino   —   04/10/2022

Il tempo presente e il tempo passato
sono forse entrambi presenti nel tempo futuro
e il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irredimibile.

Thomas Stearns Eliot, Burnt Norton, 1935

La discussione videoludica si concentra spesso sul qui e ora, seguendo i ritmi serrati del mercato, continuamente alla ricerca della novità per incoraggiare i consumi. È quindi interessante collocarsi controcorrente, fermarsi, guardarsi intorno e costruire connessioni tra il videogioco e gli altri ambiti del sapere. In occasione della pubblicazione di Oxenfree sulla piattaforma Netflix - che rende disponibile il titolo su dispositivi mobili, sia iOS e Android - vogliamo riavvolgere il tempo, imprimendogli una direzione contraria rispetto all'ordinario. Vogliamo guardare ai temi di un videogioco pubblicato nel 2016, una delle opere videoludiche più significative dello scorso decennio, applicando un concetto coniato nell'ormai lontano 1993 dal filosofo francese Jacques Derrida: l'hauntologia.

Curiosi di quelli che saranno gli sviluppi del seguito Oxenfree II: Lost Signals, recentemente rinviato all'anno prossimo, parleremo della forza dirompente degli spettri, di tempo fuori di sesto e di onde radio capaci di aleggiare per l'eternità. Mettendo in discussione l'assunto secondo cui che la realtà sarebbe analizzabile puramente e semplicemente come ciò che è, perché i fantasmi di ciò che è stato continuano a scrivere e riscrivere la nostra storia.

Per ovvie ragioni, il presente articolo conterrà numerosi spoiler sulla trama di Oxenfree. Vi invitiamo a completare l'avventura di Alex e dei suoi compagni prima di intraprendere la lettura.

La realtà è infestata dal passato

La figura dello spettro è di per sé criptica e sfuggente. Abitante di un mondo liminale tra vita e morte, il fantasma è spesso portatore di messaggi e rivelazioni per i viventi. Oxenfree, come tante opere prima di lui - basti pensare al dramma "spettrale" per eccellenza, ovvero Amleto di William Shakespeare - pone questi esseri misteriosi al centro della narrazione, rendendoli protagonisti sia del mondo diegetico (quello in cui si muovono Alex e i suoi amici), sia del mondo di gioco, che emerge dalla materialità del videogioco in quanto oggetto. Secondo Olli Tapio Leino, l'oggetto-gioco è l'artefatto in cui i processi del gioco e la sua materialità digitale divengono inestricabilmente interconnessi; come vedremo, l'infestazione spettrale di Oxenfree coinvolge sia il mondo diegetico che il mondo di gioco, manifestandosi con interferenze radio e glitch visivi.

La presenza di un fantasma genera una sensazione particolare: quella del perturbante. Descritta da Sigmund Freud nel 1919 in Il Perturbante, si tratta di un'emozione di angoscia portata da situazioni al contempo familiari ed estranee. Freud ha spesso evocato gli spettri all'interno del proprio lavoro: era accaduto nell'epigrafe di Psicopatologia della vita quotidiana (1901), formata da due versi del Faust di Goethe: "Adesso l'aria è così piena di fantasmi / che nessuno sa come sfuggirgli". Il filosofo Mark Fisher scriveva che non c'è niente di peggio di vedere un viso che non c'entra, una presenza in qualche misura familiare - un volto pur sempre umano, in fin dei conti - ma al contempo fuori posto. Perturbante, appunto.

L'atmosfera surreale di Oxenfree
L'atmosfera surreale di Oxenfree

Facciamo un salto temporale in avanti e arriviamo al 1993. Anzi no, spostiamoci indietro. È il 1983. Jacques Derrida non ha ancora scritto l'opera che sarà centrale per la nostra analisi di Oxenfree, ma già parla di fantasmi: "Ritengo che gli spettri siano una parte del futuro", dice. Un'affermazione strana, visto che il fantasma è un qualcosa che non è più, che proviene dal passato. Ora saltiamo davvero al 1993, anno zero dell'hauntologia. Un fatto curioso: questa parola ricorre solo tre volte in tutto Spettri di Marx. Stato del debito, lavoro del lutto e nuova internazionale, pubblicato proprio quell'anno. Eppure si tratta del testo fondante dell'hauntologia, che da allora ha fatto ingresso nella critica musicale e letteraria, nelle analisi politologiche e nella filosofia, andando a identificare le modalità con cui il passato ritorna per "infestare" il presente, in un eterno ritorno che distorce il tessuto stesso del tempo e lo imprigiona in un vortice di ripetizione.

In un gioco di parole che rende molto bene nel francese parlato - ontologie versus hauntologie - l'approccio decostruttivista di Derrida mira a distanziarsi dall'ontologia tradizionale (l'analisi dell'essere in quanto tale) per dimostrare come l'essere sia "posseduto", ossessionato, tormentato dal passato, indefinibile per ciò che è, perché lo spettro di ciò che è stato torna a condizionare il presente e a scrivere ciò che sarà: è questa l'hauntologia, e in questo senso è vero quanto Derrida aveva affermato dieci anni prima - perché gli spettri sono davvero una parte del futuro.

Un dialogo di Oxenfree
Un dialogo di Oxenfree

Stando all'accademica Justyna Janik, le cose o le persone infestate dai fantasmi del passato perdono i loro contorni, e la loro identità diventa incerta. È come se subentrasse una disturbante incoerenza, e per questo il concetto di hauntologia può essere considerato figlio di quello freudiano di perturbante: nell'oggetto posseduto dallo spettro rimangono elementi familiari, ma al contempo subentrano particolari nuovi, frutto dell'intrusione fantasmatica. Perché vi parliamo di tutto questo? È molto semplice: Oxenfree è un'opera perfetta per illustrare come il concetto di hauntologia possa essere utilizzato per analizzare un prodotto artistico - in questo caso, un videogioco.

L'eterno ritorno dello spettro

Uno scenario di Oxenfree
Uno scenario di Oxenfree

In una delle storie raccontate da Radio Nostalgia from Mars nel brillante Golf Club Wasteland, una donna sopravvissuta al disastro ecologico terrestre e fuggita su Marte rievoca una serata in discoteca. C'era una canzone il cui ritornello faceva: "Repetition, repetition...". Il DJ della radio ce la fa ascoltare, e subito gli spettri della Terra che fu tornano a tormentare il presente e i suoi abitanti con un sound inquietante e ossessivo.

Il ritornello della canzone preconizzava il futuro monotono che attendeva nello spazio i ricchi sopravvissuti alla catastrofe ecologica del nostro pianeta, mentre ai poveri rimasti sulla Terra sarebbe spettato un destino ancora peggiore. La radio è centrale anche in Oxenfree: ad essere precisi, si tratta della chiave del suo gameplay. È con la radio che Alex risolve gli enigmi, apre porte e, sì, evoca fantasmi di un'altra dimensione (un qualcosa che non si dovrebbe mai fare a casa). L'isola di Edwards è un concentrato di passato a cui è impossibile sfuggire, e questo passato entra nel presente anche e soprattutto attraverso le onde radio captate da Alex. Ciò non deve stupire, perché la radiotelegrafia è nata proprio nel segno della spettralità. Guglielmo Marconi, inventore della telegrafia senza fili, l'aveva creata proprio come "scienza spettrale" (la definizione è di Mark Fisher): Marconi era convinto che i suoni, una volta generati, non muoiono mai; con gli strumenti adatti - da lui ossessivamente ricercati per tutta la vita - sperava di riuscire a captare suoni provenienti dal passato, che si affievoliscono, certo, ma non scompaiono mai del tutto.

Guglielmo Marconi
Guglielmo Marconi

In Oxenfree sono i suoni emessi dai responsabili delle telecomunicazioni dello USS Kanaloa, un sottomarino statunitense affondato all'inizio degli anni '40 per una incomprensione dell'addetta alla ricezione delle comunicazioni via radio di stanza sull'isola di Edwards, Maggie Adler. Adler è morta pochi giorni prima dell'arrivo di Alex e compagni sull'isola, ma la sua presenza si fa sentire tramite le lettere che ha disseminato sulle spiagge e nei boschi, nella speranza che chi fosse venuto dopo di lei avrebbe potuto dare pace ai fantasmi dello USS Kanaloa. Proiettati in un'altra dimensione dall'esplosione del reattore nucleare sperimentale posto sul sottomarino, i novantasette Sunken ("gli affondati") sono poi rientrati nello stesso tessuto temporale in cui vivono Maggie, Alex e gli altri protagonisti della storia proprio grazie a una loro sventurata "rievocazione" da parte di Maggie Adler all'interno della caverna in cui Alex (ri)mette in moto gli eventi.

Corsi e ricorsi, quindi, in un eterno ritorno di un passato che non passa, perché - è Mark Fisher a scriverlo - "chi non è in grado di ricordare il passato è condannato a vederselo rivendere all'infinito". Nelle sue lettere, Maggie Adler si dice pentita per aver tentato di nascondere l'esistenza degli spettri: lo ha fatto a fin di bene, scrive, ma alla fine questo silenzio non ha risolto le cose. L'isola è essa stessa un simulacro del proprio passato, infestata com'è da vecchi dispositivi radio, da bunker antiatomici e da memoriali della tragedia dello USS Kanaloa. E, alla fine, a farne le spese sono Alex e i suoi amici.

Il crepitio della radio: il suono dell'hauntologia

La disperazione delle novantasette anime dello USS Kanaloa genera una forza tale da rompere i confini del tempo e distorcerne i contorni. E così, facendo determinate scelte nel corso dell'avventura, Alex può avere la possibilità di riportare in vita il fratello Michael, annegato al largo dell'isola di Edwards durante una nuotata con la sorella. In più occasioni, Alex viene riportata nel passato e può influenzare la vita di Michael, determinando delle svolte nel suo corso.

Nei vari finali vengono descritte le vite dei protagonisti dopo la conclusione degli eventi del gioco - peccato però che l'azione degli spettri non finisca mai davvero. Cominciando un new game plus, la persistenza del loop temporale in cui erano intrappolati Alex e compagni è resa manifesta fin dai primissimi secondi della nuova partita: interferenze e glitch visivi fanno capire al videogiocatore che la storia di Oxenfree è in continuo divenire, senza alcun punto fermo. Questo perché sull'isola di Edwards "il tempo è fuori di sesto", come dice Amleto, sconvolto dall'apparizione del fantasma del padre, nell'opera omonima di Shakespeare; il tempo è deragliato dal suo normale percorso e non vuole saperne di tornare al suo posto. In una drammatica coazione a ripetere, Alex, Ren e Jonas continuano a prendere il traghetto fatale che li condurrà sull'isola; Alex e Jonas tornano di nuovo nella pericolosissima caverna in cui Maggie Adler aveva aperto lo squarcio dimensionale; Michael muore annegato ancora, e ancora, e ancora.

Oxenfree
Oxenfree

Queste ripetizioni della storia si riflettono sull'oggetto-videogioco, che a sua volta si annoda su sé stesso e non propone una conclusione vera e propria: Oxenfree finirà solo quando il giocatore sarà soddisfatto dal finale ottenuto - le varianti possibili per i destini dei protagonisti sono abbastanza numerose - e deciderà di non rientrare nel disturbante loop di interferenze radio, immagini fuori posto, fotografie infestate da spettri e possessioni fantasmatiche. Il parallelo potrebbe sembrare curioso, ma si tratta di una situazione non dissimile da quella vissuta dalle donne e dagli uomini dell'Inghilterra vittoriana. A partire dalla metà dell'800, la presenza del soprannaturale si fece sentire con forza, anche tramite nuove tecnologie rivoluzionarie: la velocità sovrumana dei treni, le voci senza corpo trasmesse dal telefono, e poi le comunicazioni quasi istantanee tramite il telegrafo (la "scienza spettrale" di Marconi, ricordate?) - tutti elementi che fecero collassare spazio e tempo, in un'epoca in cui l'elettricità era vista come una forza occulta e i (presunti) contatti con i defunti attraverso i medium erano un'occupazione ricorrente nei circoli colti. La passione vittoriana per lo spiritismo segnala un'irruzione del passato come forza perturbante all'interno del presente.

In Oxenfree, come sui tavoli dei medium, corre uno stesso segnale: i morti non saranno messi a tacere, nemmeno invocandoli un milione di volte. Scrive Jacques Derrida che "un fantasma non muore mai, ma sta sempre a venire e rivenire", perché noi non possiamo rinunciare allo spettro, e allo stesso tempo lo spettro non può rinunciare a noi. Se la presenza di uno spirito in una seduta medianica è tradizionalmente indicata dallo spegnimento delle luci nella stanza o da scuotimenti di tavoli e sedie, la coazione a ripetere che tormenta tutte le persone coinvolte nell'avventura di Oxenfree - Alex e i suoi amici, Michael, Maggie, i novantasette morti dello USS Kanaloa - si manifesta prevalentemente tramite indici visivi (le inquietanti immagini che ogni tanto compaiono a schermo all'improvviso) e, soprattutto, distorsioni sonore.

Mark Fisher
Mark Fisher

Abbiamo già citato più volte il filosofo Mark Fisher, forse il principale propugnatore dell'applicazione del concetto di hauntologia alla cultura popolare. Nelle sue analisi musicologiche (spesso condivise con il critico Simon Reynolds, anch'egli interessato al concetto coniato da Derrida), Fisher individua quello che definisce "marchio sonoro dell'hauntologia": il crepitio. È questo elemento a farci capire immediatamente che i suoni captati dalla radio di Alex non provengono dal presente, ma dal passato: si sente un qualcosa che non c'è, e non a caso uno dei leitmotiv dell'avventura è una canzone che la defunta madre di Jonas, fratellastro di Alex, ascoltava spesso quando lui era piccolo. I fantasmi sonori sono centrali anche in Disco Elysium, altra opera videoludica in cui l'hauntologia gioca un ruolo di primo piano - ma, come si suol dire, questa è un'altra storia, che per entità e importanza meriterebbe di essere raccontata in un'altra occasione.

L'infestazione spettrale si manifesta anche tramite il ritorno di luoghi, stanze e capanni al loro passato arredamento, al servizio delle finalità militari perseguite dall'isola decenni prima. Ecco tornare vecchie stazioni radio, telefoni obsoleti, apparecchi per la decrittazione dei messaggi: l'isola non riesce a sfuggire alla riproposizione del suo passato, come se questo fosse un gigantesco buco nero da cui è impossibile scappare. Alex, messa davanti allo strano sistema delle serrature che si aprono sintonizzandosi su una particolare frequenza radio, intuisce che il tessuto temporale è stato distorto: "La tecnologia qui è sempre stata... tipo primitiva e del futuro allo stesso tempo". Il presente non è contemplato nell'equazione, troppo infestato dal passato perché possa assumere un'identità propria.

Oxenfree
Oxenfree

Nelle battute finali dell'avventura, i fantasmi che hanno posseduto Clarissa parlano ad Alex con un'ombra di gentilezza: "Maggie ha - aveva - avrà un'amica e... Tu ce la ricordi molto". Si tratta di Anna, risucchiata nella dimensione alternativa quando Maggie ha aperto lo squarcio della caverna. È una frase magistrale, perché mostra perfettamente come il tempo dell'isola di Edwards sia ormai fuori di sesto. Nulla potrà farlo tornare al suo posto: il dramma dei fantasmi dello USS Kanaloa non potrà trovare consolazione, e la perdita delle vite umane presenti sul sottomarino sarà irrimediabile in ogni linea temporale. Il loro passato è un trauma irrisolto. A noi resta un videogioco capace come pochi altri di trattare un tema essenziale per la nostra contemporaneità: il continuo ritorno del passato, in un'era - quella del digital recall, in cui tutto è registrato, accessibile, disponibile con un click - in cui, come scrive Mark Fisher, anche la perdita è andata perduta.