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Rivisitando Monkey Island, dalle scimmie a tre teste all’insulto finale

In occasione dell'attesissimo nuovo capitolo, rivisitiamo la storica avventura di Monkey Island, dalle scimmie a tre teste all'insulto finale.

SPECIALE di Damiano Gerli   —   01/05/2022

Nel profondo dei Caraibi, l'isola di Melee.

Una frase apparentemente ordinaria, ma che per tanti riporta a una serie di ricordi infiniti, che risuonano come echi lungo gli spogli corridoi di una giovinezza passata. Sarebbe inutile negare che, tra i tanti videogiochi usciti negli anni 90, i titoli Lucasarts hanno sempre trovato una potente nicchia di appassionati, per quanto - magari - siano opere che non si sono mai imposte al "grande pubblico". Questo è sicuramente vero per l'Italia: già nel decennio precedente, giochi come Maniac Mansion e Zak McKracken avevano trovato tanti pronti ad accoglierli favorevolmente. Certo, uno dei motivi fu sicuramente l'ottima qualità media dei prodotti Lucasfilm/Lucasarts, ma c'è altro?

Considerando quanto, ancora oggi, sia facile trovare appassionati nel nostro paese della saga, fa riflettere come siamo stati pronti da subito a recepire con gioia le avventure dei pirati fantasma, scimmie a tre teste e polli di gomma con una carrucola in mezzo. Ci possiamo, pacificamente, definire un pubblico particolarmente legato al genere delle avventure "punta e clicca"? Sembrerebbe così secondo John Holder, il fu presidente di Leader, tra i maggiori publisher di videogiochi degli anni '90. "Il pubblico italiano è sempre stato composto da grandi appassionati: non c'era, almeno all'epoca, un mercato di "casual'" commenta Holder. "I giochi caratterizzati dalle componenti di avventura e con una storia dalle forti vene umoristiche erano recepiti sempre molto bene."

Eppure, la nostalgia nei confronti di una saga come quella di Monkey Island non è poi così facile da interpretare per chi, magari, non ha mai giocato a nessuno dei titoli in questione. Cos'hanno, poi, di tanto speciale le avventure di Guybrush, LeChuck ed Elaine? Provando a dare una risposta, si tratta di un piccolo universo fantastico creato con cura e passione da, all'epoca, giovani scrittori influenzati da storie di pirati e alcune esperienze ai parchi giochi.

L'originalità e la creatività che ha caratterizzato il disegno dei personaggi e alcuni degli enigmi, risultano difficilmente ritrovabili in altri titoli, anche nelle avventure pubblicate nel medesimo periodo. Anzi, per alcuni dei fan sono qualità rare perfino nei successivi titoli Lucasarts. Quindi, la domanda sorge spontanea: si tratta di una serie di valore eguale in tutte le sue parti o c'è qualche scimmia, pardon pecora, nera?

Il Segreto di Monkey Island

Il discorso è complesso, per cui pensiamo valga la pena partire da un'affermazione pacifica: i primi due titoli della serie sono considerati essenziali da tutti gli appassionati. Magari c'è chi preferisce il secondo al primo o viceversa, ma il fatto che siano entrambi stati supervisionati dell'originario creatore, Ron Gilbert, mette tutti d'accordo. Ne "Il Segreto di Monkey Island" seguiamo l'arco narrativo dell'apprendista pirata Guybrush Threepwood, il suo incontro con l'acerrimo nemico LeChuck e l'innamoramento con la figlia del governatore di Melee Island, Elaine Marley. Nel secondo titolo, infatti, "LeChuck's Revenge" troviamo un Guybrush maturo, nonché più arrogante e "maleducato". Lo stesso sarà chiaramente fonte d'ispirazione per altrettanti ragazzacci del punta e clicca come Simon the Sorcerer.

Nei giochi, il team mette a frutto quanto imparato nelle avventure precedenti, con una significativa novità di design: d'ora in poi, nelle avventure Lucasarts sarà impossibile morire. O meglio, la morte non sarà un evento che costringerà il giocatore a buttare al secchio ore di gioco. Non è infatti un caso che proprio il primo titolo contenga diverse frecciatine ai concorrenti Sierra Entertainment, che manterranno l'idea della morte nelle avventure grafiche ben oltre la metà degli anni '90. Certo, Guybrush può morire se lasciato sott'acqua più di dieci minuti, ma considerando come - post mortem - i bottoni si trasformino in "ordina hint book", l'intento sarcastico è fin troppo evidente. Il sistema musicale interattivo iMUSE sarà un'altra freccia all'arco, debuttata in LeChuck's Revenge: una colonna sonora che segue il giocatore in ogni luogo, adattandosi e cambiando a seconda delle situazioni e del tono delle scene.

Monkey Island
Monkey Island

Le prime magagne nella serie iniziano con il finale di Revenge, dove - spoiler alert - sembra che l'intera trama fosse semplicemente il sogno di un ragazzino perso al luna park. O... no? A quanto pare, l'idea originale di Gilbert era proprio quella, già per il primo titolo: fu poi Tim Schafer a convincerlo a cambiare direzione. Il team quindi, all'ultimo momento, indeciso su come concludere, decise di ripescare quell'idea originale per Secret of Monkey Island, lasciando - intelligentemente - la porta aperta per altri seguiti. D'altronde, lo stesso Gilbert era andato via poco prima della fine dello sviluppo di Revenge e il team doveva, in qualche modo, inventarsi qualcosa per mettere la parola fine. Per quanto si sprechino le teorie su quale sia davvero il significato dell'enigmatico finale, che personalmente chi scrive ha sempre adorato, affermiamo un'altra certezza: dopo l'uscita di Gilbert dalla Lucasarts, i fan iniziano a dividersi.

La Maledizione di Monkey Island

La Maledizione di Monkey Island
La Maledizione di Monkey Island

Arriviamo dunque al 1997 e al terzo titolo, La Maledizione di Monkey Island. Nel terzo capitolo, Guybrush inavvertitamente finirà col fare una proposta di matrimonio con un anello maledetto, trasformando la sua bella Elaine in statua. Il povero pirata passerà l'intero gioco a cercare di sciogliere la maledizione, per poi finire intrappolato da LeChuck in un luna park stregato. Guybrush ritorna a essere un po' l'ingenuo e impacciato pirata di Secret, perdendo quell'arroganza e sicumera di Revenge.

Realizzato da due fan come Larry Ahern e Jonathan Ackley, fu ricevuto in maniera sicuramente sontuosa: tra i tanti The Games Machine lo premiò con 95 (incidentalmente, lo stesso voto dato a Revenge). Negli ultimi anni, però, lo status di degno seguito è stato più volte messo in discussione. A tal proposito lo stesso Larry Ahern ha commentato che una probabile influenza l'ha avuto il crescente mercato dei prodotti nostalgici, "di certo, aver utilizzato uno stile di grafica più fumettoso, sapevamo che avrebbe creato divisioni, ma l'ipotesi di continuare con la stessa grafica dei primi due in ogni caso non è mai stata presa in considerazione. Anche se quel titolo l'avesse fatto Ron Gilbert, sicuramente anche lui avrebbe cambiato stile, erano passati cinque anni, d'altronde!."

La Maledizione di Monkey Island
La Maledizione di Monkey Island

Nel finale, si scopriranno diversi elementi riguardo al famigerato tesoro di Big Whoop, che era stato il grande obiettivo di Guybrush in "Revenge". Ahern a tal proposito ricorda di aver tentato di mettersi in contatto con Gilbert per avere suggerimenti su quale fossero le sue idee al riguardo, ma di non aver mai ricevuto feedback. "Ho avuto l'impressione, magari errata, che lui stesso non avesse idea di dove condurre la storia dopo il secondo..." conclude il designer. Considerando quel che sappiamo sul famigerato finale di Monkey Island 2, la teoria di Ahern non sembra poi così errata.

Sorte ancora peggiore è toccata a Fuga da Monkey Island, ultimo titolo della serie sviluppato dalla Lucasarts, nel 2000. Anche qui, la ricezione, per quanto generalmente positiva all'epoca, non ha fatto mancare delle critiche, specialmente rivolte a un titolo che era fin troppo rivolto a cercare un nuovo pubblico, anche su console, senza successo. Eppure il pedigree c'era tutto, visto che fu sviluppato da Michael Stemmle (tra i designer di Sam & Max) e Sean Clark (The Dig), non certo gli ultimi arrivati. Ma l'atmosfera nell'azienda di Lucas era cambiata del tutto, con l'arrivo di nuovi manager che sembravano - dai racconti dei pochi superstiti - interessati solo a creare prodotti che vendessero, piuttosto che continuare con successo delle saghe, rispettando i fan che aspettavano un nuovo capitolo.

Fuga da Monkey Island
Fuga da Monkey Island

Non è un caso che Fuga fu commissionato perché "l'azienda aveva deciso così", ricorda Stemmle, a patto che si facesse esclusivamente in 3D. Forse non è un caso, che l'intera trama del gioco sembra tenerci particolarmente a criticare la "commercializzazione" di un prodotto. L'essenza sincera e spontanea di un'opera viene mercificata al fine di creare catene di fast food e prodotti di serie Z. Fuga, in effetti, sembra quasi il Sant'Agostino della saga di Monkey Island, fin dal primo minuto. Il verdetto di molti su Fuga, però, è unanime: non è un capitolo all'altezza dei precedenti e la grafica 3D ha sempre scontentato tutti.

Tornando per un attimo al nostro rapporto con i prodotti Lucasarts, le versioni nostrane della saga - fino al 2000 - sono state curate dalla C.T.O. di Bologna, con il doppiaggio affidato allo Studio Florian. In generale, sia la Maledizione che Fuga hanno ricevuto degli adattamenti piuttosto curati, anche per la grande attenzione che la stessa Lucasarts poneva ai loro prodotti sul lato internazionale. Proprio per questo viene difficile spiegare come un momento molto divertente di "Maledizione" sia stato tagliato via senza pietà in tutte le versioni europee. A un certo punto, la ciurma di Guybrush si mette a cantare una canzone, "A Pirate I Was Meant to Be", da cui il povero pirata potrà uscire solo trovando una parola impossibile da rimare. Un momento molto divertente, purtroppo perso da noi, nonostante la C.T.O., a quanto ricorda il traduttore Gabriele Vegetti, avesse un demo della canzone pronto. Larry Ahern conferma di non saperne nulla, la decisione di cancellare la canzone non è venuta dai designer, probabilmente si è trattata di una (pessima) scelta del team di localizzazione interno.

Su Fuga, c'è una curiosità che spesso ha fatto discutere: un - effettivamente raro nel panorama videoludico - avvicendamento vocale per il protagonista. Mentre nel doppiaggio originale, Guybrush rimaneva sempre affidato al buon Dominic Armato, in Italiano la voce, da Maledizione a Fuga, passava da Giuseppe Calvetti a Massimo Antonio Rossi. Il doppiatore bolognese ride quando gli ricordo questa piccola diatriba e commenta "in realtà non c'era nessun mistero, semplicemente Lucasarts ha richiesto dei nuovi provini e, tra i tanti, ha scelto me. Con l'amico Calvetti ne abbiamo parlato spesso e ci abbiamo riso su di come alcuni giornalisti ne abbiano quasi fatto un misterioso complotto...!". Purtroppo i doppiatori nostrani non torneranno sul titolo finale, per ora, della saga.

Nel 2009, infatti, arriva un nuovo capitolo, Tales Of Monkey Island, curato dalla Telltale Games che, come da tradizione, uscì in formato episodico. Di nuovo con Michael Stemmle al comando e il più fresco Mark Darin, la serie utilizza sempre grafica 3D, stavolta in tempo reale. Purtroppo la grafica ha un po' risentito della necessità di adattamento a diverse piattaforme, ma il design dei personaggi è alquanto tradizionale. Si tratta di un capitolo sicuramente più maturo del passato, senza troppi stravolgimenti di trama o di personaggi del passato.

I fan sono divisi su quanto pensare di Tales, ma, in generale, per quanto gli si riconosca l'identità della serie, raramente troveremo qualcuno impegnato in discussioni filosofiche su quanto gli eventi narrati siano "canon". Compreso un epilogo abbastanza criptico. Per molti rimane poco più di un buon divertissement, in attesa del ritorno di Gilbert che, infatti, non si è fatto attendere più di tanto (meno di 15 anni perlomeno...). Come anticipato, Tales fu il primo prodotto della serie a non venire doppiato in italiano, ma semplicemente adattato con i sottotitoli. Medesima sorte probabilmente toccherà anche a Return. I motivi sono vari ma, in primis, c'è da sottolineare come il budget di Tales sia stato ben più ridotto rispetto ai passati capitoli e il costo di un doppiaggio intero di un gioco è tale per cui, ormai, viene riservato ai soli titoli AAA.

Tales of Monkey Island
Tales of Monkey Island

Con il recente annuncio del primo titolo nella saga diretto da Ron Gilbert dopo più di trent'anni, le aspettative sono tante. Insomma, basti pensare che molti, all'aver appreso la notizia, pare abbiano versato copiose lacrime. Qualsiasi sarà la reazione dei fan quando finalmente giocheranno Return, possiamo scommettere che non riuscirà mai a soddisfare tutti. Return andrà correttamente giudicato, anche, rispetto ad altre avventure che, per quanto sia facile pensarlo, non sono certo un genere morto. Tutt'altro anzi, godono di ottima salute, come tanti titoli Wadjet Eye hanno dimostrato. D'altronde, l'emozione che si prova tuttora giocando agli originali è, per ognuno di noi, squisitamente personale: un rapporto intimo che ci lega alla storia di pirati dalla dubbia morale, scimmie e venditori di navi usate. Un rapporto nostalgico che sembrerebbe più legato agli anni che stavamo vivendo, che al prodotto Monkey Island in sé. Pensare di poter provare le stesse emozioni oggi potrebbe essere un'aspettativa eccessiva. Eppure, siamo qui. Dopo una veloce rinfrescata alla memoria, siamo pronti per tornare all'isola di Melee.

Nel profondo dei Caraibi.