Di Suburra: The Game ne abbiamo parlato qualche giorno fa: il titolo per iOS e Android è un passaggio importante per una produzione tutta italiana sbarcata su una piattaforma internazionale come Netflix, prima, e divenuta poi multimediale con questo esperimento videoludico, poi. Per scoprirne i segreti abbiamo parlato con Francesco Bernabei, CEO di MONOGRID.
Ciao Francesco, raccontaci cosa fa Monogrid e come vi siete avvicinati allo sviluppo di Suburra: The Game.
MONOGRID, per utilizzare un termine anglosassone (mercato dal quale veniamo), è un Creative Production Studio. Una casa di produzione digital specializzata in progetti con alto contenuto tecnologico. Da anni facciamo parte del Gruppo Cattleya per il quale produciamo tutti i progetti digital soprattutto per l'advertising e progetti più di storytelling legati alle serie come il VR di Gomorra (andato in concorso a Venezia al festival del Cinema). Il gioco di Suburra è stato un evoluzione naturale per ampliare lo storytelling della serie.
Per adattare la storia della serie al gioco avete lavorato a stretto contatto con la produzione?
Assolutamente! Sulla scrittura soprattutto è stato un lavoro a quattro mani con il team editoriale di Cattleya.
Raccontare una storia tramite un film o una serie televisiva è diverso rispetto a un gioco: come si coniuga narrazione e interazione?
A mio avviso a livello di messaggio il risultato è identico è il percorso per arrivarci che cambia. Soprattuto per un gioco così legato a una serie o a un film, i dettagli narrativi sono quasi equiparabili, è l'interazione il valore aggiunto. Non tanto come azione ma come possibilità di scelta che l'utente ha. Anche se alla fine il risultato non cambia...
Che tipo di libertà creativa vi è stata data?
Totale. Gli unici "vincoli" erano legati ai dettagli narrativi di personaggi, location e linguaggio. Ma non avrebbe avuto senso allontanarsi da questo in quanto avrebbe snaturato la narrazione che di fatto si va a inserire a metà della prima stagione.
Qual è stato l'aspetto più complesso dell'intera produzione?
Sicuramente la scrittura. Come dicevo prima ci sono tantissimi dettagli, anche poco visibili, che sono però fondamentali per una coerenza con la serie. A livello di sviluppo tecnico ci sono alcune "chicche" come alcune funzioni in AR che ampliano il gameplay e lo rendono diverso dal solito senza snaturare l'esperienza o vincolarla a una tecnologia.
Monogrid lavora su diversi progetti differenti: nel vostro futuro vedete più lo sviluppo di giochi classici oppure spingerete sulla parte di VR, installazioni e altri progetti interattivi?
Noi produciamo esperienze interattive per i brand. L'idea è sempre al centro del progetto, cerchiamo di non farci vincolare dalla tecnologia in modo verticale. La nostra forza è sicuramente nella diversificazione. Se per comunicare un brand riteniamo che un gioco sia funzionale produciamo quello che professionisti del settore, se per un altro brand funziona meglio la VR andiamo per quella strada. Non vedo nel nostro futuro solo una tecnologia o un mezzo, ma bensì un uso della tecnologia funzionale al messaggio.
Negli ultimi anni ci sono state alcune produzioni che tratte da film e serie provenienti dall'Italia, oppure ispirate a personaggi e situazioni tipiche del nostro cinema, come Slaps and Beans: pensi che possa nascere un vero e proprio filone?
Noi ci stiamo provando :) Penso fortemente che per la sua storia e DNA Cattleya sia la realtà giusta per provarci concretamente. Non a caso sono stati una delle prime case di produzione a realizzare serie TV e adesso sono la prima in Italia a produrre anche game. Per questo siamo felici di fare parte del gruppo.