The Medium rappresenta un grande passo per Bloober Team: lo studio di sviluppo polacco, già noto per i due Layers of Fear, Blair Witch e il distopico Observer, non abbandona quell'horror psicologico che gli è tanto congeniale ma decide di percorrere una strada nuova che al contempo strizza l'occhio alla cosiddetta old school. Niente più prima persona, in favore della terza, telecamera fissa alla Resident Evil o Silent Hill, una protagonista in bilico tra la realtà e il sovrannaturale - il tutto abbracciando il surrealismo distopico del pittore polacco Zdzisław Beksiński. Che cosa significa affrontare un passo di questo tipo ma, soprattutto, farlo con la consapevolezza di essere fra i primi giochi davvero next-gen? Ci siamo virtualmente seduti davanti al lead designer Wojciech Piejko e il producer Jacek Zięba per fare un'intervista sul tanto atteso - e molto probabile - erede di Silent Hill.
Viaggio nella paura
Cominciamo con una domanda magari abbastanza scontata ma inevitabile: cos'è per voi la paura?
Wojciech Piejko: per quanto mi riguarda, la paura è molto più di una semplice sensazione, è strettamente collegata ai nostri istinti, quelli che ci permettono di sopravvivere. Inoltre la paura è in un certo senso catartica: se temi qualcosa ma riesci a vincere questa lotta che si svolge nella tua testa, avrai fatto dei passi avanti come essere umano, sarai cresciuto. Perciò ritengo il genere horror molto interessante, perché ci trascina in situazioni psicologiche molto particolari superate le quali possiamo dire di aver fatto... level up.
Jacek Zięba: per me la paura è un'emozione costante che ti accompagna, o meglio che può farlo, e tu puoi decidere quando affrontarla. Questo perché a volte la paura può essere positiva. Chiamiamola una lotta continua.
Wojciech Piejko: esattamente. Ritengo che l'equilibrio nella vita sia importante e questo caso non può essere da meno. Mi spiego, da un lato c'è la paura ma dall'altro l'urgenza di esplorare l'ignoto e lo sforzo che si compie per mantenere bilanciati i due aspetti è incredibile.
Legandoci sempre al concetto di paura, qual è la vostra opinione sui jumpscare? Non credete se ne stia abusando un po' troppo, disabituando il giocatore (o lo spettatore) a sentir crescere la paura e la tensione?
Wojciech Piejko: sono completamente d'accordo. Quando abbiamo iniziato a sviluppare videogiochi horror ci siamo affidati molto ai jumpscare, con il tempo però abbiamo realizzato che va bene, qualcosa può essere spaventoso ma il vero terrore è nella tua testa. Così abbiamo cambiato approccio e cominciato a costruirle lentamente, queste sensazioni, concedendoci i jumpscare soltanto come mezzo per dare un taglio alla tensione crescente e ricominciare da capo. Perché quando raggiungi il picco, arriva anche il momento in cui lo spavento, il saltare dalla sedia, ti provoca un certo sollievo, spazzando via tutto ciò che hai accumulato fino ad allora. Nel complesso sì, è un trucchetto da quattro soldi, ed è il motivo per cui The Medium non è stato sviluppato attorno a questo concetto: credo si possano contare i jumpscare sulle dita di una mano.
Jacek Zięba: come ogni cosa, i jumpscare sono uno strumento. Abusarne potrebbe essere deleterio, perché non ci sarebbe compatibilità con quanto sta accadendo in quell'istante. Sì, a volte li sfruttiamo per rispettare il concetto di equilibrio di cui parlavamo prima ma, adesso, il nostro obiettivo è costruire la paura, farla camminare al tuo fianco.
Cosa significa sviluppare questa paura, darle vita e spingere il giocatore oltre i suoi limiti?
Wojciech Piejko: abbiamo fatto di tutto per restituire il senso di paura nel migliore dei modi ma, secondo me, gli effetti sonori sono l'aspetto più importante. La musica e i suoi ambientali, quelli creati da Akira o Arkadiusz e che chiudendo gli occhi ti trasportano in un altro mondo, sono un elemento chiave nel creare terrore. Non sono sufficienti, certo, tuttavia occupano un ruolo chiave nella scena che andremo a costruire frammento dopo frammento.
Jacek Zięba: concordo, musica ed effetti sonori sono essenziali. Perché possono rendere alieno un ambiente sicuro e conosciuto: immagina di trovarti nel suo salotto, o nella tua cucina. Non c'è nulla di strano, no? È un ambiente familiare. Se però qualcuno intervenisse, aggiungendo all'improvviso della musica minacciosa, tutto cambierebbe. Inizieresti a pensare, perché la paura è tutta nella tua testa.
Wojciech Piejko: esatto e vorrei aggiungere, sempre riguardo al costruire la paura, che si rivela molto più efficace sviluppare una scena dove una creatura, ad esempio, ti insegue all'interno di un parcheggio anziché in una stazione spaziale. Questo perché è un ambiente familiare, dove chiunque si è trovato almeno una volta. Viene violato uno spazio che ritieni sicuro, normale, proprio perché fa parte della tua quotidianità.
Jacek Zięba: anche l'uso del silenzio svolge un ruolo fondamentale. L'eccessivo silenzio destabilizza persino nella vita di tutti i giorni, perché inizi inevitabilmente a percepire che qualcosa non va.
Avete parlato di musica, dunque la domanda è d'obbligo: come ci si sente a lavorare fianco a fianco con una leggenda vivente come Akira Yamaoka?
Wojciech Piejko: fantastico, è un sogno che diventa realtà. Sono stato tra i fortunati che l'ha incontrato la prima volta a Tokyo e nervoso non rende minimamente il mio stato d'animo di allora. Come hai detto tu, si trattava di parlare con una leggenda vivente. Quando poi Akira è venuto a trovarci nel nostro studio a Cracovia, ha scattato tantissime foto con tutti, firmato le copie di Silent Hill... insomma, un sogno, davvero un sogno.
Il vostro Silent Hill preferito?
Entrambi sollevano due dita, sorridendo.
Wojciech Piejko: lo adoriamo per diverse ragioni ma soprattutto per il suo approccio psicologico, sono convinto sia il capitolo di tutta la serie che spinge di più su questo aspetto. Ha cambiato la mia prospettiva su come poter sviluppare videogiochi.
Jacek Zięba: in un certo senso, molta della nostra filosofia è basata su come Silent Hill 2 funziona in quanto horror psicologico, perché è stato un punto di svolta per il genere. Certo, anche il primo ma insomma, Silent Hill 2. C'è altro da aggiungere?
Wojciech Piejko: l'aspetto che più amiamo di Silent Hill 2 è che non ti giudica. Quando arrivi a scoprire cos'ha fatto James, il gioco non ti dice "è sbagliato, è giusto", mettendoti piuttosto di fronte a situazioni folli per le quali arrivi a pensare che cosa faresti tu, se fossi coinvolto. Abbiamo trasposto questo approccio a tutti i giochi che abbiamo sviluppato.
Jacek Zięba: gli horror migliori, e Silent Hill 2 rientra fra questi, fanno dell'horror stesso uno strumento per raccontare storie e spingerti a porti domande.
Parlando nello specifico di The Medium, il passaggio dalla prima persona alla terza persona è un passo importante. Cosa vi ha spinto a dire "ok, è il momento giusto per farlo"?
Wojciech Piejko: è un po' difficile rispondere, perché la prima idea per The Medium è emersa quando noi ancora non eravamo parte del team. Partì come un platformer, poi passò a essere un gioco in terza persona con telecamera libera e in quel momento prendemmo in mano il progetto. Incontrammo molte difficoltà con la gestione libera della telecamera, perché dovendo gestire due mondi contemporaneamente diventava molto più semplice sviluppare motion sickness per i giocatori: non era una soluzione ideale, perciò abbiamo pensato di tornare alla cara vecchia old school, con telecamera fissa, ed eccoci qui.
Jacek Zięba: abbiamo sperimentato un po' ma alla fine abbiamo capito essere la soluzione perfetta.
Avete detto che questo gioco non sarebbe stato possibile su Xbox One. Cosa lo rende un gioco next gen?
Jacek Zięba: l'hardware. Quando ti trovi in due mondi contemporaneamente è come sperimentare due giochi diversi allo stesso tempo: non è come lo split-screen, che porta a giocare su un unico livello, qui ce ne sono due ben distinti in cui tutto è differente. La luce, l'atmosfera, le stesse inquadrature durante i filmati. Per reggere un simile carico era necessario un hardware molto potente e la generazione appena trascorsa non era abbastanza. Certo, avremmo potuto provarci ma non volevamo castrare il gioco in termini di grafica e idee. Renderizzare due livelli richiede parecchio sforzo alla GPU e alla CPU.
Una scelta coraggiosa, considerando che Xbox Series X|S ha debuttato da un paio di mesi e non tutti hanno ancora effettuato questo salto. The Medium è fra i primi, se non il primo, vero gioco next-gen. Sentite un po' il peso della responsabilità?
Wojciech Piejko: assolutamente. A volte siamo intimoriti perché siamo consapevoli di non essere uno studio tripla A e non possiamo competere con titoli del calibro di The Last of Us Parte II - una gemma dal punto di vista tecnico. Siamo ancora nella cosiddetta lega AA, ci sentiamo più vicino a giochi come Hellblade: Senua's Sacrifice, A Plague Tale: Innocence oppure What Remains of Edith Finch. Abbiamo una grafica piacevole, nulla però che possa competere con i giganti.
Jacek Zięba: c'è un po' di pressione ma il nostro scopo principale era creare una storia unica, un'esperienza originale che non si affidasse esclusivamente alla grafica - dove sapevamo di non avere gioco rispetto ai grossi titoli - ma a un connubio di direzione artistica, soluzioni di game design e musica. La nostra vera forza risiede nello stile artistico, senza per questo tralasciare la componente tecnica.
Qual è nella vostra opinione il punto forte di The Medium? Cosa devono aspettarsi i giocatori?
Wojciech Piejko: un'esperienza story driven, molto cinematografica, rivolta a tutti gli appassionati di giochi horror old school, in particolare giapponesi. Per me, The Medium ruota tutto attorno a storia e atmosfera.
Jacek Zięba: concordo e aggiungo, il connubio tra vecchio e nuovo. Tra old school e nuove meccaniche di gameplay. Il nostro obiettivo non è spaventare il giocatore bensì turbarlo, scivolare sotto la pelle e nella testa, spingendolo a chiedersi se stia davvero andando tutto bene come crede.