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A quanto pare sono Cina e Russia a trainare il mercato dei videogiochi e a determinare alcune tendenze odiate dai giocatori occidentali

Molti dei titoli di maggior successo devono al mercato cinese il loro continuo approvvigionamento di utenti

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   11/10/2017

Recentemente SteamSpy, il più noto tra i servizi che si occupano di raccogliere ed elaborare i dati ottenuti grazie agli algoritmi di Steam, ha aggiunto una nuova funzionalità al suo database, che consente di vedere i numeri assoluti della provenienza geografica degli utenti di un determinato videogioco. Come dimostrazione della novità sono stati pubblicati una serie di Tweet che svelano alcuni dati davvero interessanti riguardanti i titoli più giocati del momento: Playerunknown's Battlegrounds e DoTA 2.

In entrambi i casi possiamo osservare l'enorme quantità di giocatori cinesi e russi attivi, che surclassano quelli di tutti gli altri paesi. Il dato più rilevante lo si trae però dal grafico di Playerunkown's Battlegrounds che, nonostante il periodo di forte crescita, mostra una flessione sul mercato statunitense nelle ultime due settimane, controbilanciata dall'enorme numero di nuovi giocatori cinesi entrati in gioco nello stesso periodo. Notevole in entrambi i casi anche la rilevanza dei giocatori coreani, numeri che dimostrano una volta di più la centralità di questo mercato per il mondo dei videogiochi, nonostante sia quasi sconosciuto qui da noi (ovviamente si parla di Corea del Sud).

Se a queste nuove informazioni aggiungiamo degli altri dati già noti, ossia che il videogioco più giocato al mondo, League of Legends, è tale soprattutto in oriente, e il mercato PC vede il modello free-to-play in forte crescita da mesi, a discapito di tutti gli altri, il quadro dovrebbe iniziare a diventare comprensibile a tutti.

Qual è il problema? Vi starete chiedendo. Teoricamente nessuno, ma è naturale che i grandi publisher seguano l'odore dei soldi e che quindi prestino sempre maggiore attenzione alle necessità ludiche di quell'immensa massa di giocatori, marginalizzando le sacche meno fruttuose. Da questo derivano alcuni effetti ormai evidentissimi, di cui il primo è una maggiore produzione di titoli con modelli economici adatti a quei mercati. Quindi ecco in parte spiegata l'abbondanza di free-to-play e di microtransazioni pay-to-win, oltre che di tipologie di gioco che dalle nostre parti attecchiscono ed eccitano poco o nulla, ma che lì muovono masse potenziali giocatori che contano milioni di unità.

Altro effetto, meno evidente ma presente, è l'annacquamento dei contenuti per rendere i prodotti vendibili anche sui mercati in mano a regimi totalitari. Per un videogioco ad alto budget non uscire su mercati come quello russo o quello cinese è ormai impensabile, così ecco che per evitare intoppi vengono attuate forme di censura preventiva invisibili quanto insidiose.

Comunque non che da noi i nuovi modelli vadano male, visto che titoli come Fortnite, di cui Epic ha reso free-to-play la modalità battle royale (simil PUBG) fanno numeri incredibili anche dalle nostre parti.
Chissà come si evolverà il mercato videoludico in futuro.