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Le microtransazioni non riguardano più solo una sparuta minoranza, ma si stanno diffondendo sempre di più tra i videogiocatori medi

Ormai la distribuzione è molto differente

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   29/10/2017

Quando si parla di microtransazioni, un luogo comune, dovuto ai primi anni in cui questo sistema economico è stato introdotto, vuole che siano solo il 2-3% dei giocatori a spendere soldi in oggi in gioco, casse premio e così via. In realtà questo era vero qualche anno fa, ma stando ai dati raccolti dal gruppo EEDAR, di cui il fondatore ha parlato durante una conferenza svoltasi alla GDC di quest'anno, ormai non è più così.

Peccato che la superficialità, che a volte sfocia nella sufficienza, con cui viene affrontato questo argomento da videogiocatori, youtuber e stampa specializzata, non abbia aiutato a diffondere una minima contezza del fenomeno, ormai di proporzioni molto più ampie.

Come i grafici sottostanti mostrano chiaramente, i ricavi prodotti dai "pagatori moderati" (chi spende da 1 a 99$ annui in microtransazioni) sono cresciuti notevolmente rispetto a quanto si credeva, raggiungendo quasi quelli degli "heavy payer", ossia coloro che spendono più di 100$ annui in microtransazioni. Riassumendo: il 40% dei giocatori produce il 45% dei ricavi, contro il 7% che ne produce il restante 55%. La percentuale di giocatori non paganti si è invece ridotta drasticamente, rimanendo la maggioranza, ma una maggioranza risicata rispetto al passato. Insomma, siamo molto lontani dai dati che volevano il 97% dei giocatori dei free-to-play come non paganti. Capito ora perché i publisher maggiori si stanno buttando a capofitto in questo settore? Si parla di una quantità di soldi davvero importante.

Da notare il secondo grafico, che mostra la situazione specifica del mondo PC dove gli Heavy payer producono più ricavi della media, ma dove la percentuale di giocatori non paganti è ridotta rispetto a quella generale.