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I videogiochi tripla A moderni sono troppo facili? E lo sono per scelta o per necessità?

La famosa questione della difficoltà decrescente nei videogiochi moderni

NOTIZIA di Giorgio Melani   —   26/02/2018

La questione sulla difficoltà dei videogiochi "moderni" è diventata ormai di vecchia data, con il passare del tempo che ha praticamente relativizzato la discussione proponendola intatta col passare delle ere videoludiche. In queste ore sono state le parole di Martin Klima, executive producer di Kingdom Come: Deliverance, secondo il quale i titoli tripla A attuali sarebbero estremamente semplici per venire incontro al maggior numero di persone e sostanzialmente "giocarsi da soli". Al di là dei facili dualismi che possono derivare da questa considerazione, come la contrapposizione tra i bei giochi di una volta e quelli moderni, o tra i titoli indie che si propongono come veri detentori delle buone tradizioni del tempo che fu contro il logorio della vita moderna, ci sono degli elementi di discussione interessanti che emergono da questa posizione.

Certo, parlare in questo senso di tripla A in generale risulta una generalizzazione piuttosto fuorviante, perché ci sono diversi titoli assimilabili a tale tipologia di produzione che sono ben lontani dall'essere giochi semplici, costruiti per piacere a tutti. Basti pensare ai vari Souls che hanno raggiunto notorietà globale anche grazie alle tipiche meccaniche punitive che sono alla base del gameplay della serie From Software, a svariati strategici o RPG nati in ambito PC o a numerose produzioni nipponiche a impostazione action come i titoli Platinum, che possono essere semplici dal punto di vista strutturale ma tutt'altro che facili sul fronte dell'esperienza di gioco col controller in mano. Che ci sia comunque una tendenza all'abbassamento del livello di difficoltà e la volontà di rendere quanto più inclusivi possibile i videogiochi attraverso tutorial e aiuti sempre più diffusi nel tessuto di gioco è però innegabile, e questo deriva da diverse cause concatenate.

I videogiochi tripla A moderni sono troppo facili? E lo sono per scelta o per necessità?


La spettacolarizzazione spinta al parossismo, il voler rendere i videogiochi quanto più vicini possibile alle produzioni cinematografiche, è uno degli elementi che può causare la semplificazione del gameplay in termini di difficoltà: per mantenere un alto livello qualitativo in termini di grafica e regia gli sviluppatori devono necessariamente ricorrere a una costruzione estremamente "scriptata" del level design, sia nella sequenza degli eventi che nella meccanica stessa del gioco, per cui una fase platform, per fare un esempio, non può esimersi dall'essere almeno parzialmente guidata per non incappare in storture estetiche, cosa ben visibile in serie come Uncharted o nei recenti Tomb Raider. Laddove la struttura di gioco si presenti invece aperta e meno scriptata, la necessità di riempirla di contenuti costringe a trovare soluzioni di comodo, per cui il livello di sfida spesso può diluirsi in riempitivi di poco spessore. D'altra parte è fisiologico che un gioco non possa mantenere un'estrema "densità" d'azione se al contempo deve anche mantenere un altissimo livello qualitativo in termini tecnologici e una quantità di contenuti che giustifichi l'acquisto a prezzo pieno, secondo gli standard moderni.

Da questo punto di vista la visione del videogioco classico come titolo più difficile ha un fondamento, perché le richieste in termini di investimenti, aspettative sui contenuti, target e ritorni economici erano decisamente diverse rispetto ad ora. È anche una questione di generi: i tripla A moderni difficilmente possono presentarsi in forma di shooter o metroidvania in 2D, ad esempio, per queste tipologie di gioco siamo ormai ben coperti dalle produzioni indie e sono questi gli ambiti in cui un alto tasso di difficoltà (intesa come complessità del level design e costruzione delle sfide, non tanto come sistema artificioso per creare delle barriere difficilmente sormontabili) è più facilmente connaturato con una buona costruzione del gioco. C'è dunque indubbiamente del vero in quanto detto da Martin Klima, ma la questione sembra più complessa, andando al di là della semplice volontà di non frustrare gli utenti con un grado di difficoltà eccessivo.

[Immagine di copertina tratta da CollegeHumor]

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