Normalmente quando si parla delle microtransazioni di Playerunknown's Battlegrounds si afferma che riguardano solo gli aspetti cosmetici del gioco, negando che influenzino il gameplay. Lo stesso Changhan Kim, il CEO di PUBG Corporation, disse che nel gioco non sarebbero mai state incluse microtransazioni diverse da quelle cosmetiche.
A quanto pare però, non è così. Ossia, in PUBG non ci sono microtransazioni pay-to-win, ma sono le stesse microtransazioni cosmetiche a essere concepite nei fatti per dare vantaggi o svantaggi ai videogiocatori. Ad affermarlo non è un qualche critico dell'ultima ora, ma PUBG Corporation stessa in un documento della causa intentata contro i vari cloni del suo gioco, tipo Rules of Survival.
In realtà non si tratta di un'affermazione straordinaria, visto che viene spiegato come i diversi vestiti abbiano diversi valori di mimetizzazione nei fatti e come, quindi, alterino il gameplay. Come esempio viene citata la Ghillie suit, utilizzata in particolare dai cecchini per diventare quasi invisibili su alcuni terreni. Specifichiamo che si tratta di un oggetto disponibile gratuitamente.
Sinceramente fatichiamo a vedere chissà quale scandalo: se indossi un maglione rosso fuoco è normale che tu sia più visibile di uno che indossa una tuta mimetica. È così nella realtà, come potrebbe essere diverso nel gioco?