Chris Staniforth era una ragazzo di vent'anni appassionato di videogiochi al punto da passarci dodici ore al giorno davanti. È collassato mentre diceva ad un amico di sentire degli strani dolori al petto. L'autopsia ha confermato che la posizione prolungata davanti alla TV è stata la causa della trombosi.
Adesso sarebbe sciocco negare che le dodici ore al giorno passate nella stessa posizione abbiano potuto causare la trombosi, anche perché c'è un referto medico che lo conferma e noi non ci arroghiamo il diritto di contestare una sentenza scientifica. Il guaio è che, come al solito, la stampa si è avventata sul cadavere per portare l'ennesimo attacco ai videogiochi. In particolare IlGiornale.it ha dedicato al fatto un articolo dai toni piuttosto allarmistici (Link). La conclusione, aiutata anche dal padre del ragazzo che ha lanciato una campagna di sensibilizzazione sull'argomento è: genitori attenti, perché i videogiochi possono causare la trombosi.
Il problema è, come al solito, che si traggono conclusioni distorte da fatti drammatici piegati ai propri fini. Poniamoci una domanda: Chris Staniforth è morto perché giocava ad Halo dodici ore al giorno o perché manteneva la stessa posizione, magari con una postura scorretta, per dodici ore al giorno?
Da questa domanda ne nascono altre: se il giovane Staniforth avesse tenuto la stessa posizione, per lo stesso numero di ore, per guardare la televisione o per fare una qualsiasi altra attività che non fosse videogiocare, sarebbe ancora vivo? Come mai Il Giornale si è dimenticato di citare la parte dell'articolo del Sun (Link) in cui si afferma che la morte di David è dovuta a cause in aumento tra quelli che siedono troppe ore davanti al computer, quindi anche tra chi con i computer ci lavora? Ultima, ma non per importanza: quale attività svolta dodici ore al giorno per molti anni consecutivi può essere considerata salutare? Neanche pregare, crediamo.