"Taiwan dovrebbe pagare gli Stati Uniti per la sua difesa poiché non dà nulla al paese". Con questa semplice dichiarazione Donald Trump ha portato ad un crollo delle azioni di tutte le aziende che producono processori a Taiwan, a partire dalla stessa TSMC, il cui valore sta scendendo fino ai minimi del mese di luglio.
Il tycoon, nel corso di una lunga intervista a Bloomberg BusinessWeek ha poi rincarato la dose: "Conosco molto bene Taiwan, rispetto molto la sua popolazione. Hanno in mano praticamente il 100% del nostro business dei chip. Penso che Taiwan dovrebbe pagarci se vuole essere difesa. Non siamo diversi da una compagnia di assicurazioni. Taiwan non ci dà nulla."
Considerato che Trump al momento è avanti nei sondaggi nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti, affermazioni di questo tipo hanno un peso importante: al contrario di Corea del Sud e Giappone, infatti, Taiwan non gode di un accordo formale di difesa e per questo l'appoggio degli USA è tutt'altro che scontato. Fino ad oggi ha aiutato a mantenere un delicato rapporto di equilibrio tra Taiwan e Cina, ma da anni la Cina sta provando a riprendersi l'isola di Formosa.
Certo, oggi una escalation a Taiwan avrebbe conseguenze devastanti sull'intera economia americana, a partire dall'industria della tecnologia che vive proprio sui processori prodotti a Taiwan da TSMC. Ma in futuro chissà. Intel sta aumentando la produzione in varie parti del mondo, ma non è ancora pronta a gestire tutti gli ordini. Lo sarà probabilmente in tre anni ed è per questo che secondo fonti dell'esercito americano il 2027 potrebbe essere proprio l'anno in cui la Cina proverà a riprendersi Taipei.
Non a caso Intel è l'unica che non ha subito perdite dopo le dichiarazioni di Trump. NVIDIA, AMD e Qualcomm stanno invece perdendo in borsa quanto guadagnato nel rally delle ultime settimane.