La Corte d'Appello federale di San Francisco obbliga Apple a consentire i link esterni. Secondo quanto contestato originariamente da Gonzalez Rogers, che ricopre il ruolo di giudice distrettuale degli Stati Uniti d'America, le pratiche di Apple non erano coerenti con la legge californiana, parlando di mercato e concorrenza. Facciamo il punto della situazione.
Apple obbligata a consentire i link esterni
Dalla decisione finale si evince che Apple dovrà permettere agli sviluppatori di reindirizzare gli utenti verso i propri siti per effettuare acquisti, tra l'altro senza le precedenti commissioni fino al 30%. Una notizia piuttosto amara per l'azienda, stando anche alle dichiarazioni di Olivia Dalton, portavoce di Apple.
"Continueremo a difendere la nostra posizione durante il processo di appello. Come abbiamo già affermato, non condividiamo il parere del tribunale distrettuale. Il nostro obiettivo resta quello di garantire che l'App Store rappresenti un'opportunità straordinaria per gli sviluppatori e un ambiente sicuro e affidabile per gli utenti".
Discorso diverso per Tim Sweeney, CEO di Epic Games, ulteriore vittima di una lunghissima battaglia legale che si è conclusa pochi giorni fa. "Possa la WWDC della prossima settimana essere la celebrazione della libertà che sviluppatori e utenti meritano da tempo", ha scritto in un post su X.
Nel frattempo, Apple continua a restare sui suoi passi senza voler arretrare, portando quindi avanti il ricorso, ma le probabilità di successo a questo punto sono davvero scarse.
L’accusa
Nel 2021 la giudice Rogers aveva ordinato ad Apple di consentire agli sviluppatori di informare gli utenti su modalità alternative di pagamento. Sebbene l'azienda avesse accettato, aveva deciso di imporre una commissione del 27% su ogni acquisto effettuato fuori da App Store. Secondo quanto emerso, Apple avrebbe quindi violato volutamente l'ingiunzione del 2021. Non resta che attendere ulteriori aggiornamenti in merito.
Nel frattempo, vi ricordiamo che il colosso di Cupertino ha fatto ricorso contro l'obbligo di interoperabilità imposto dal DMA, secondo cui il sistema operativo dovrebbe essere più compatibile con dispositivi non realizzati dalla stessa azienda (smartwatch, cuffie, visori VR e altro).