72

Cyberpunk 2077: il crunch fa male a tutta l’industria, non solo agli sviluppatori che lo subiscono

Il crunch non è un problema solo degli sviluppatori che lo subiscono come quelli di Cyberpunk 2077, ma dell'intera industria.

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   16/10/2020

Quando vengono pubblicate notizie sul problema del crunch, ossia dei lunghi periodi di lavoro straordinario ben fuori dall'orario standard come quelli imposti dalla lavorazione di Cyberpunk 2077, molti, forse troppi, tendono a minimizzare, commentando con fastidio qualsiasi rivendicazione degli sviluppatori. Tra "è così anche per altre categorie di lavoratori" e "sono dei privilegiati, che si lamentano a fare", queste persone, che spesso credono di essere alternative fingendosi dure e ciniche, ma dimostrano solo una mentalità da servi, ben radicata in loro da un sistema cui fa comodo l'annacquamento di ogni protesta legittima, non si rendono conto di quanto un modello di sviluppo basato sul crunch faccia male all'intera industria, quindi ai videogiochi stessi, e non solo ai chi lo subisce sulla propria pelle.

Partiamo proprio da CD Projekt Red. Lo studio polacco è uno di quelli idolatrati dal pubblico per la qualità dei suoi giochi, in particolare The Witcher 3: Wild Hunt. Lato sviluppo però è anche uno di quelli più noti per l'abuso di crunch, tanto da emergere spesso quando si parla del problema. Ma fa capolavori, viene subito da pensare. A parte che le due cose non sono collegate (il capolavoro non nasce dal crunch), chi si ricorda tutti i problemi avuti proprio da The Witcher 3 nei suoi primi mesi di vita commerciale? Quando fu lanciato era davvero in condizioni pessime, tanto che ci vollero una moltitudine di patch per sistemarlo. Non che fosse ingiocabile, solo che aveva evidentemente bisogno di più tempo per essere ripulito. Eppure dalla pubblicazione di The Witcher 2 erano passati quattro anni. Considerando che team di sviluppo così grandi iniziano spesso la preproduzione dei nuovi progetti ben prima della chiusura dei precedenti, il tempo impiegato per sviluppare The Witcher 3 si attesta almeno sui 5 o sei anni. Di fronte a uno scenario simile, arricchito dalle informazioni emerse in questi giorni, non porsi alcune domande è da incoscienti. Che la cattiva gestione abbia avuto un ruolo nei problemi emersi al lancio del gioco? Quanti sviluppatori sono rimasti in CD Projekt Red dopo la fine dei lavori? Quanti se ne sono andati perché bruciati dal crunch? Come si è riversato il tutto sulla lavorazione di Cyberpunk 2077, che si è appreso essere stata molto lenta per lunghi periodi? Ma aggiungiamo: gli anni di crunch imposti agli sviluppatori per chiuderlo non rischiano di far arrivare sul mercato un prodotto con tanti bug e problemi, naturalmente nascosti in fase di marketing? E qui siamo ancora con gli occhi puntati solo sul gioco. Non si capisce infatti perché il fattore umano debba essere così sottovalutato. Perché la sofferenza di chi sviluppa videogiochi deve sempre essere derubricata a lamentela senza senso? Chiedere a centinaia di persone di passare un anno in ufficio, con ritmi di lavoro di sedici ore al giorno per sei giorni alla settimana, vi sembra accettabile solo perché si parla di videogiochi? Il fatto che succeda anche in altri ambiti lavorativi non lo rende più giusto. Inoltre, davvero avete una così scarsa considerazione del vostro hobby da ritenere quelli che lo permettono, ossia chi i videogiochi li realizza, quasi dei paria da poter sfruttare senza ritegno per poi essere gettati via? Davvero non vi preoccupa il fatto che tanti sviluppatori finiscano per uscire dall'industria dei videogiochi per mettersi a fare altro, proprio a causa di problemi simili?

Quanto costa effettivamente a un'industria creativa bruciare così tanti talenti senza ritegno? Di danni la cattiva gestione ne ha già fatti tantissimi. Prendete cosa è venuto fuori con Anthem, tanto per fare un esempio che dovreste conoscere bene. Con questo non vogliamo affermare che non possano esserci dei periodi di maggiore pressione sugli sviluppatori. Tutt'altro, solo che dovrebbero essere appunto dei periodi straordinari dalla durata ragionevole, non la regola. Perché se due settimane di crunch per compensare un qualche imprevisto possono anche starci, due anni dovrebbero portare alla messa in discussione di chi gestisce lo studio, invece di regalargli tutte le passerelle quando il gioco sta per uscire.

Sia chiaro che il discorso non mira a chiedere il boicottaggio di questo o di quel gioco, ma solo a far riflette su quanto in realtà quelli che molti non percepiscono come problemi abbiano un'influenza grandissima su ciò che amiamo e su come, a volte, basterebbe dimostrare un po' di solidarietà a chi racconta la sua storia per aiutare, invece di mettersi a difendere pratiche orribili e chi non ha bisogno di essere difeso.