Che i The Game Awards siano, nel bene e nel male, lo specchio dell'industria dei videogiochi, almeno quella consolidata, dovrebbe essere abbastanza chiaro a chiunque. Lo sono per vocazione, altrimenti non potrebbero premiarla. Lo sono al punto che non possono evitare di seguirla, a prescindere da cosa comporti farlo, per non rischiare di vedere diminuire l'afflusso di spot e di annunci che rendono la serata così speciale ed economicamente fruttuosa.
Comunque sia, se qualcuno aveva qualche dubbio sulla natura delle premiazioni, quest'anno Geoff Keighley, il patron della manifestazione, e il suo entourage hanno deciso di dissolverlo annunciando nelle FAQ ufficiali la candidabilità in ogni categoria di espansioni, ma anche di nuove stagioni, DLC, remake e remaster.
Segui i soldi
Insomma, il gioco dell'anno potrebbe essere un'opera di dieci anni fa tirata a lucido, o l'espansione di un gioco che già ha vinto il GOTY come Elden Ring (il famoso Gioco dell'anno scorso). Si potrebbero pensare anche a delle combo: una remaster all'anno dello stesso gioco per provare a vincere ogni anno per dieci anni il GOTY così da avere il gioco del decennio.
Ma leggiamo cosa prescrivere il regolamento, per avere maggiore chiarezza: "I The Game Awards puntano a riconoscere i migliori lavori creativi e tecnici ogni anno, a prescindere dal formato in cui tali contenuti vengono distribuiti. Espansioni, nuove stagioni, DLC, remake e remaster sono tutti eleggibili in ogni categoria, se la giuria considera che il lavoro creativo e tecnico svolto su questi sia degno di una candidatura. Fattori come la novità dei contenuti e il rapporto tra valore proposto e prezzo dovrebbero comunque essere presi in considerazione".
Chiaro che i TGA abbiano semplicemente voluto inseguire i movimenti dell'industria consolidata, sempre più piena di quelli che possiamo definire come contenuti derivati e sempre meno pronta a rischiare. In questo senso l'allargamento dei criteri di candidabilità è ineccepibile. Difficile anche parlare di svilimento, perché da svilire c'è in realtà davvero poco. È una mossa eminentemente commerciale, che guarda a dove vanno i soldi, più che alle idee e come tale va presa, traendone però qualche conseguenza.
A questo punto non ci rimane che il sogno di vedere un giorno una skin premiata come gioco dell'anno. Una bella skin ultra lucida e piena di glitter di Babbo Natale, una di quelle che i videogiocatori bramano di comprare con la valuta premium trovata sotto l'albero, capace di incassare più di qualsiasi gioco completo. Del resto qualcuno direbbe che è il mercato, bellezza, quindi dobbiamo celebrarlo per quello che è, non per quello che vorremmo che fosse.