Che PlayStation Vita fosse arrivare al capolinea era ormai noto da tempo, ancora prima della conclusione ufficiale della produzione in Giappone già dallo scorso marzo. Sostanzialmente, da quando Sony ha deciso di non produrre più first party per la propria console portatile il destino è stato segnato, eppure ancora forse non si era capito quanto potesse essere definitiva la conclusione dell'avventura di PlayStation Vita. La chiarezza è arrivata infine in questi giorni, con una semplice affermazione di Jim Ryan, CEO di Sony Interactive Entertainment: "PlayStation Vita è stata per molti versi una console brillante, in grado di offrire un'esperienza di gioco eccezionale, ma chiaramente parliamo di un settore di cui non facciamo più parte". Molto semplicemente, Sony sembra aver lasciato definitivamente il mercato delle console portatili dopo le sue due generazioni in questo ambito e la decisione, per quanto possa sembrare drastica e sconvolgente, arriva in verità come conseguenza logica dell'attuale situazione tecnologica e di mercato, che di fatto dimostra come le console portatili nel senso tradizionale non esistano più.
PS Vita poteva sembrare veramente il portatile del futuro all'epoca della sua presentazione: hardware all'avanguardia e una certa cura nel design con anche tocchi piuttosto originali avevano esaltato il pubblico, ma la macchina non è mai decollata veramente, arrivando solo a circa 15 milioni di console vendute che sono una frazione minima anche rispetto ai quasi 80 milioni raggiunti da PSP, anch'essa lontana dai concorrenti Nintendo ma comunque in grado di raggiungere una quota notevole per una nuova arrivata. Le difficoltà di Vita sono state diverse, in primis l'impossibilità di competere con la forza di Nintendo che in questo ambito ha sempre tranquillamente spadroneggiato, ma c'è anche la concezione standard delle produzioni Sony da tenere in considerazione. Sembra che sia mancata, dopo un primissimo periodo, una vera e propria progettazione di titoli appositamente studiati per una piattaforma mobile, con Vita che ben presto si è limitata a proporre conversioni dirette di giochi per console domestica, in particolare PS3. D'altra parte, Sony ha dimostrato di non avere avuto mai una visione adatta allo sviluppo di titoli per questo contesto: le sue produzioni first party più forti puntano spesso sulla potenza grafica, sul taglio cinematografico e l'impostazione narrativa, tutte cose che su un portatile si traducono male e sembrano spesso delle riduzioni in piccolo, menomate dalla differenza tecnologica.
Ma al di là degli errori di Sony, la fine di Vita e l'uscita dal mercato dei portatili è dovuta semplicemente alla fine di questo segmento di mercato stesso, ormai sostanzialmente svuotato e riempito da dispositivi e soluzioni di gioco diverse. L'evoluzione di smartphone e tablet, sebbene questi siano rimasti sempre piuttosto diversi dal concetto di console portatile tradizionale, ha inevitabilmente eroso lo spazio a disposizione e anche per un fattore generazionale i dispositivi smart hanno preso il posto che poteva essere occupato dalle console portatili. Questo ha colpito prima di tutto Sony, con la sua scarsa preparazione in questo ambito, ma ha minacciato fortemente anche Nintendo, la quale ha trovato alla fine una soluzione geniale per uscire dal confronto diretto e mantenersi comunque leader: Nintendo Switch, ovvero puntare tutto su una console ibrida. Quest'idea va oltre la semplice considerazione di avere una console in grado di effettuare entrambe le funzioni, perché si riflette nell'intera produzione di software che ora può concentrarsi su un unico standard. È sostanzialmente la console domestica di Nintendo, che però è anche portatile: uccidendo di fatto il proprio settore specificamente portatile, la casa di Kyoto ha di fatto chiuso l'intero segmento di mercato.
È vero che Nintendo Switch Lite è a tutti gli effetti una console portatile, ma nasce sostanzialmente come Nintendo Switch con alcune funzionalità rimosse, non come hardware specifico e dotato di peculiarità proprie per le quali è necessaria una produzione di software a parte. C'è poi un'altro aspetto da prendere in considerazione: l'avanzata dei servizi in streaming rende portatile il videogioco a prescindere dalla piattaforma su cui si utilizzano, che può non essere necessariamente un hardware appositamente progettato. Se il mobile gaming è dunque destinato a rimanere tendenzialmente diverso dal gaming tradizionale (sebbene certe differenze si siano assottigliate e comunque il mercato sia definitivamente esploso), quest'ultimo può comunque essere tranquillamente fruito su quelle stesse piattaforme mobile grazie ai servizi di cloud gaming, che sembrano ormai destinati a rappresentare il futuro. La smaterializzazione dell'hardware, insomma, sembra aver trovato nelle console portatili tradizionali la prima vittima effettiva.