C'è luce in fondo al tunnel. In un mercato in cui i videogiochi si accoppiano con se stessi per partorire figli sempre più deboli, qualcosa di forte ancora emerge per salvare la tribù videoludica.
Lone Survivor non è un gioco originale in assoluto ma sceglie accuratamente quali elementi prendere in prestito da altre fonti, li rielabora con un proprio stile e ce li presenta con tale chiarezza e consapevolezza di come si struttura un gioco da lasciarci deliziati e felicemente spaventati. Sì perché Lone Survivor è un gioco horror. Nei panni del protagonista, identificato solo con il pronome "You", dobbiamo capire cos'è successo intorno a noi, scoprire perché il mondo è precipitato in una specie di apocalisse zombie e come mai ci sembra di vivere gli effetti di una potente allucinazione.
Per fortuna non si perde tempo: i comandi si apprendono giocando - meraviglia! - e dopo un paio di minuti siamo già intenti a raggiungere il nostro primo obiettivo. Il gioco non è incalzante, piuttosto ci fa sapere qual è la meta successiva senza confonderci e rimanendo all'interno della finzione. Può capitare infatti che il protagonista parli ad alta voce ricordando a se stesso cosa deve fare, per esempio "scendere nei sotterranei", giustificando il suo (nostro) tergiversare dicendo che la sola idea gli mette i brividi. Sono dettagli, certo, ma ce ne sono tantissimi di questo tipo e contribuiscono senza neppure che ce ne rendiamo conto a farci entrare dentro al gioco, a viverlo in prima persona. Per capire meglio quanto sia stata meticolosa questa semina di elementi intrecciati tra loro prendiamo come esempio la schermata finale, quella con le statistiche.
Ci sono diversi finali in Lone Survivor e quest'ultima schermata, più d'una a dire il vero, raccoglie tutte le scelte che abbiamo fatto e che hanno prodotto quel finale. Sono decine: alcune di chiara interpretazione, altre imperscrutabili. Abbiamo giocato, abbiamo vissuto la finzione, fatto numerosissime scelte importanti e alla fine scopriamo che tutto aveva un senso, che il gioco ci ha seguiti ogni istante. L'incubo era sempre lì con noi. Adesso però scendiamo dal letto e vediamo di scoprire cosa sono quei versi osceni che provengono dal corridoio.
Superflat Games
Dietro Superflat Games c'è una persona sola, Jasper Byrne, sviluppatore inglese di grande talento e molto versatile. Pensate che per Lone Survivor ha fatto tutto da solo: grafica, musiche (pazzesche) e game design. E gli è riuscito tutto tremendamente bene. Dalla sua biografia sul blog di Superflat Games si scopre che è stato produttore musicale e DJ, perciò tutto torna. Comunque tra i suoi giochi più noti prima di Lone Survivor vi consigliamo di provare Soul Brother e Soundless Mountain II, un demake di Silent Hill 2 - evidentemente l'amore per un certo tipo di horror affonda le radici nei primi episodi della straordinaria saga di Konami, considerando quanta influenza ha avuto anche su Lone Survivor.
La fame morde più di uno zombie
L'interazione con gli scenari è identica a quella di un'avventura grafica punta e clicca. Dobbiamo perciò premere un tasto quando siamo sopra un oggetto per raccoglierlo e magari combinarlo con altri già presenti nel nostro inventario. Oppure quando ci troviamo davanti a una porta, per scoprire se si apre, e lo stesso per esaminare un dettaglio. Un solo tasto per ogni tipo d'interazione. Solo che intorno a noi è buio e senza luce non è possibile sapere cosa nasconde un punto sensibile. Anzi, attivando la modalità "esperto" non sapremo neppure dove sono i punti sensibili. Per fortuna ci procuriamo presto una torcia elettrica, che però brucia le batterie peggio di un Nintendo 3DS. Accettate perciò un suggerimento e fate economia perché Lone Survivor esprime al meglio la filosofia dei survival horror originali: "fai con quello che hai perché poi non te ne diamo più". In realtà ci sarebbero delle pillole colorate delle quali possiamo fare scorta nel bagno di casa. Usatele con cautela, hanno effetti a lungo termine imprevedibili. Come se non bastasse il protagonista ha bisogno di mangiare, e ce lo fa sapere con frasi del tipo "I'm hungry" (ho fame) o ancora "I'm starving" (muoio di fame) nei casi più seri.
Non solo dovremo quindi trovare spesso del cibo, ma presto diventerà necessario sfruttare la cucina per farci da mangiare qualche piatto sostanzioso. Purtroppo di tanto in tanto capitano alimenti avariati, magari anche nella stessa confezione di cracker, nascosti tra i pacchetti sani. Quando siamo feriti è meglio allora scolarsi una lattina di soda, chiusa e a lunga conservazione. Ma non c'è solo questo, perché anche la stanchezza ci perseguita. Dobbiamo pur dormire ogni tanto. Tutti questi elementi, così come il salvataggio che avviene dopo una notte di riposo, sono perfettamente integrati e non distraggono il giocatore con indicatori o simboli estranei al mondo della storia. Il contesto è ben celato e la sospensione dell'incredulità incoraggiata. Ogni istante nel mondo di Lone Survivor è una lotta contro la stanchezza, la fame, le visioni destabilizzanti. I momenti di grazia sono pochi e svaniscono lasciandoci con nuove domane. Trovare le risposte tra le schegge dei ricordi e le viscere dei mostri è il compito che ci guiderà fino alla conclusione di questa inquietante avventura.
Le vie dell'orrore sono infinite
La pianta dell'abitazione in cui ci troviamo è ampia e anche con la mappa in mano è facile perdersi - da notare che mentre la consultiamo il gioco non si ferma, e lo stesso succede quando rovistiamo nell'inventario.
Per fortuna riflettendoci in alcuni specchi speciali viviamo allucinazioni che ci riportano nella stanza silenziosa del nostro appartamento, l'unico luogo sicuro del gioco nel quale possiamo fare scorta di carne per attirare i morti e recuperare le preziose pillole colorate. Per evitare il tedio di ripetere due volte lo stesso percorso il gioco adotta nella prima parte uno stratagemma preso in prestito da Silent Hill, muta cioè il mondo intorno a noi: porte che prima erano bloccate ora si aprono e stanze in origine desolate si riempiono di creature. In seguito troveremo scorciatoie per percorrere anche lunghe distanze in pochi attimi. I nemici invece sono sempre un problema. Si possono uccidere mirando alle ginocchia, al torso o alla testa, ma i colpi sono pochi. Meglio allora lasciare a terra un'esca di carne e nascondersi sullo sfondo per aggirarli in sicurezza. Oppure accendere il classico segnalatore luminoso che chissà perché riesce sempre e mettere in crisi anche lo zombie più convinto. Per quanto riguarda i boss invece, a voi il brivido di scoprire come salvare la pelle. Ma non sognate troppo, l'unica arma è la pistola, niente lancia razzi questa volta.
Eppure sono solo cubetti
Ora che vi abbiamo raccontato quasi tutto vogliamo ricordarvi che stiamo parlando di un gioco bidimensionale che sprizza pixel; eppure funziona.
E si prova un autentico senso di solitudine. Ogni tanto c'è qualche altra anima viva, come le persone chiuse in una stanza impegnate in una festicciola privata come nulla fosse, mentre sullo sfondo una musica ritmata scalda l'atmosfera. Molti riconosceranno in questa situazione straniante e nella musica fuori posto un omaggio a Twin Peaks. A quanto pare non siamo soli, ma aspettate di vedere che tipi sono quelli con cui possiamo parlare. Vi faranno sentire ancora più disperati. Lone Survivor gioca sulle ellissi; non sappiamo cos'è successo prima del nostro risveglio e dalla radio giungono notizie frammentarie, alcune delle quali utili per la nostra sopravvivenza, se ci sintonizziamo sulla frequenza giusta. Il buio cela segreti e sospiri, e i pochi dettagli manifesti suggeriscono domande inquietanti su quanto non è rappresentato. Jasper Byrne volge a suo favore i limiti tecnici del gioco, che nelle sue mani diventano strumenti collaudati per mantenere alta la tensione. Lone Survivor è sinistro, ansiogeno e accompagnato da musiche memorabili. Non chiedete di più e fatelo vostro, costa 10$ sul sito ufficiale e c'è una demo in Flash per chi volesse provarlo.
Conclusioni
Aspettate che faccia buio. Spegnete le luci e fate uscire tutti dalla stanza. Se avete un gatto invece tenetelo vicino a voi. Ne incontrerete uno anche nel gioco e non vi farà del male. Poi alzate il volume e immergetevi in Lone Survivor. Vi farà venire i brividi con le sue atmosfere allucinate e quelle musiche eccezionali, a volte paurose, altre invitanti e per questo ancora più sospette. Conoscerete persone disperate, alcune amiche, alcune spettrali. Un po' si ride in Lone Survivor, e almeno una volta ci siamo commossi. Ma forse voi vivrete un'avventura diversa, perché è anche un survival horror raffinato che non racconta a tutti la stessa storia. E dove i nemici non sono solo i mostri ma anche la fame, la stanchezza, la mente stessa. Pensare che l'autore Jasper Byrne sostiene che i videogiochi siano un mezzo formidabile ma ancora tutto da esplorare, ancora immaturo. Da parte nostra se questa è l'infanzia del videogioco, siamo pronti a scommettere che avrà un futuro brillante quando sarà grande.
PRO
- Rifinito con mano certosina
- Trasmette una reale desolazione
- Pieno di dettagli significativi
- Musiche sempre perfette
CONTRO
- Un po' legnoso quando c'è da sparare
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore Intel Core 2 Quad Q6600
- RAM 2 GB
- Scheda video GeForce 8800 GT
- Sistema operativo Windows Vista
Requisiti minimi
- A quanto pare non esistono specifiche minime né per la versione PC, né per quella Mac.
- Presumibilmente i computer in grado di far girare la demo in Flash dovrebbero muovere anche la versione completa.