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La recensione virtuale di L.A. Noire: The VR Case Files

Rockstar torna a lavorare su uno dei suoi franchise più dibattuti ottimizzandolo per la realtà virtuale

RECENSIONE di Pierpaolo Greco   —   03/01/2018

Sono in molti a ricordare l'epopea di L.A. Noire, uno dei pochi titoli realizzati da Rockstar ma non sviluppati internamente dalla software house di Grand Theft Auto e Red Dead Redemption. Un videogioco dalle enormi ambizioni, su cui si sono basate le fortune e le problematiche di un intero studio di sviluppo: Team Bondi. Purtroppo l'esito non fu dei migliori e i lunghi tempi di realizzazione, uniti agli enormi costi di produzione legati alle tecnologie di motion capture elaborate e messe in campo per l'occasione, condannarono la società alla bancarotta nonostante il gioco avesse venduto una buona quantità di copie, superando agilmente le sei milioni di unità a detta di numerosi report: troppe poche per gli standard Rockstar. A distanza di svariati anni da quell'uscita e con un'altra generazione di console sul mercato, la società dei fratelli Houser ha però scelto di riprovarci portando sul mercato sia una remastered che una speciale versione ottimizzata ad hoc per la realtà virtuale. Proprio di quest'ultima parleremo nella recensione che state leggendo che, ovviamente, si concentrerà sugli elementi caratteristici del gameplay in VR, dando per scontato che sappiate cos'è L.A. Noire oppure rimandandovi < ahref="https://multiplayer.it/recensioni/191339-la-noire-prova-schiacciante-la-recensione-di-la-noire.html">alla recente recensione della remastered del gioco originale.

Si parte dal basso...

Partiamo subito col dire che L.A. Noire: The VR Case Files non è un'avventura a sé stante inedita ma è una sorta di conversione di una parte del gioco originale. Per l'esattezza sette casi dei ventuno compresi nel titolo realizzato dal Team Bondi, più un tutorial realizzato ad hoc per aiutare il giocatore a prendere confidenza con i nuovi comandi e le interazioni originali connesse alla realtà virtuale. Una volta completato quest'ultimo e la prima missione, tutte le altre saranno immediatamente sbloccate e affrontabili nell'ordine che preferiamo, per un totale di circa 6 ore di gioco. Nel concreto non c'è nulla di realmente nuovo rispetto a quanto abbiamo già sperimentato a suo tempo, ma a livello strutturale il gameplay è stato completamente ripensato per andare incontro al proprio caschetto preferito e ai controller dedicati. Nei panni di Cole Phelps, il poliziotto protagonista del gioco, nonché nostro avatar, ci ritroveremo quindi a indagare sulla malavita della Los Angeles degli anni '40 affrontando un massimo di quattro differenti contesti per ognuno dei casi da risolvere.

La recensione virtuale di L.A. Noire: The VR Case Files

L.A. Noire offre una parte davvero molto vasta della metropoli californiana ricostruita per l'occasione con accuratezza storica e interamente navigabile in free roaming sfruttando i veicoli della polizia. È infatti possibile salire a bordo di una vettura in qualsiasi momento e girovagare per le vie della città interagendo non soltanto con il volante e con acceleratore e freno, furbamente controllati attraverso i grilletti dei 3D controller del VIVE, ma anche con gran parte del cruscotto e degli elementi che caratterizzano l'abitacolo, semplicemente agitando le mani e simulando la chiusura delle dita. I comandi prevedono infatti l'uso simultaneo dei grilletti e dei pulsanti laterali dei pad per aprire e serrare in modo indipendente pollice e indice oppure le restanti tre dita di ogni mano così da poter effettuare prese diverse oppure chiuderla a pugno. Tutte le interazioni sono fisiche e quindi basterà ad esempio "battere" con il palmo della mano sul clacson per suonarlo, oppure muovere la leva del freno a mano o persino aprire e chiudere finestrini e portiere, tutto in modo molto credibile e realistico. È quindi un peccato che, in concreto, non ci sia una reale utilità nell'andare in giro per Los Angeles se non per raggiungere le location delle missioni, azione che può anche essere accelerata attraverso un comodo pulsante di "Warp" presente vicino allo specchietto retrovisore. La città è infatti priva di punti d'interesse con cui interagire e guidare rimane un'attività essenziale al mero spostamento tra waypoint.

La recensione virtuale di L.A. Noire: The VR Case Files

L'altra possibilità di interazione è data dalle sparatorie che si attivano in specifiche fasi di gioco. Non è possibile, per intenderci, tirare fuori l'arma di ordinanza quando si vuole, ma è necessario attendere dei momenti dedicati e giustificati dall'evoluzione narrativa del caso che si sta seguendo. Come è già capitato con molti altri titoli per la realtà virtuale, proprio la fase shooting è quella che sembra funzionare meglio. In L.A. Noire si potranno gestire le coperture attraverso un sistema semi-automatico che ci permetterà di guardare il punto dove posizionare Phelps e spingere il d-pad per farlo arrivare a destinazione senza alcun rischio di essere colpiti. Una volta sul posto ci dovremo fisicamente sporgere e rannicchiare per uscire al momento giusto e sparare, evitando di beccarci qualche pallottola. Le armi a disposizione sono pochissime e dipendenti dalla missione ma la loro gestione è molto realistica con il fucile a pompa, ad esempio, che deve essere caricato manualmente dopo aver sparato ogni colpo e richiede anche l'inserimento delle singole cartucce una volta esaurite le munizioni presenti nella canna. Un discorso simile ci sentiamo di farlo per le scazzottate: richiedono un po' di sforzo fisico ma sono molto soddisfacenti nella loro dinamica di schivata e colpo da mandare a segno sfruttando le aperture nella guardia dell'avversario.

La recensione virtuale di L.A. Noire: The VR Case Files

...e si arriva rapidamente al vertice

Solitamente dopo la fase di guida e un'eventuale sparatoria, dovremo analizzare lo scenario alla ricerca di indizi utili per l'interrogatorio. In questa fase "adventure" dovremo muovere Phelps nell'ambiente, raccogliere oggetti e ruotarli per osservarli in ogni dettaglio. Anche in questo caso si nota l'eccezionale gestione fisica delle mani virtuali che si muovono nello spazio colpendo suppellettili e arredi e permettono di esibirsi anche in interazioni avanzate come l'apertura di una lettera oppure la svestizione di un cadavere. Dove invece L.A. Noire: The VR Case Files fatica a essere giocabile in modo naturale è nella gestione degli spostamenti, anche questi croce e delizia di ogni videogioco in realtà virtuale. Da un lato dobbiamo apprezzare lo sforzo di Rockstar nell'offrire tre diverse possibilità di movimento, tutte tra l'altro utilizzabili contemporaneamente, senza dover passare da una schermata delle opzioni per cambiarle. Possiamo spostarci osservando un punto d'interesse evidenziato in giallo (gran parte degli scenari sono stati ridisegnati per implementare questi elementi interattivi) e pigiando il d-pad, oppure possiamo premere due volte la superficie touch dei Controller 3D per far apparire un piccolo mirino in sovrimpressione gestibile con lo sguardo per decidere la destinazione di Phelps tramite un'ulteriore pressione del d-pad. Infine possiamo utilizzare una sorta di movimento simulato, tenendo premuta la solita superficie touch, portando entrambe le braccia lungo il corpo e agitandole avanti e indietro esattamente come quando si cammina o si corre. Quest'ultima possibilità è, per quanto la più realistica, anche la più faticosa e quella maggiormente in grado di suscitare motion sickness e, per questo motivo, tanto bella da provare quanto rapidissima da abbandonare.

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E arriviamo infine agli interrogatori elemento cardine della produzione Rockstar. Rispetto al gioco base sono stati nettamente semplificati nella gestione dei dialoghi visto che ora, in risposta alle dichiarazioni del sospettato, potremo esclusivamente avere un atteggiamento da poliziotto buono o cattivo oppure procedere con l'accusa da collegare a uno degli indizi raccolti sulla scena del crimine. Di fondo rimane però lo stesso identico procedimento che ha reso ben noto L.A. Noire al momento della sua uscita: il nostro obiettivo sarà fare tutte le domande possibili all'interrogato, sfruttando gli appunti raccolti sul nostro taccuino, anche questo completamente ricreato in 3D e perfino "scarabocchiabile" con la matita tenuta in mano da Phelps. Così facendo potremo studiare le espressioni facciali e l'emotività del sospettato così da poter distinguere menzogne e verità e arrivare a determinare il vero colpevole del caso sotto indagine.

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E qui si annida la critica principale che ci sentiamo di muovere a questa edizione VR dell'origniale titolo di Team Bondi: la mancanza del'intera struttura narrativa del gioco ci obbliga a seguire casi che sembrano tutti slegati tra loro e in cui ci è spesso molto difficile creare delle empatie con i personaggi presenti rendendo davvero difficile la corretta analisi della situazione. Ci si ritroverà quindi catapultati in giro per Los Angeles, talvolta senza che si percepiscano i nessi logici, per seguire dei casi auto-conclusivi dove la stessa evoluzione di carriera e di personalità di Cole Phelps sarà completamente indipendente dal nostro operato.

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Requisiti di Sistema PC

Configurazione di Prova

  • Processore: Intel Core i5-4690k a 3.6 GHz
  • Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 1080 con 8 GB
  • Memoria: 16 GB di RAM
  • Sistema operativo: Windows 10 a 64 bit

Requisiti minimi

  • Processore: Intel Core i7-4790K a 3.60 GHz
  • Memoria: 8 GB di RAM
  • Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 1070 con 8 GB
  • Sistema operativo: Windows 8.1 64 Bit, Windows 10 64 Bit
  • Hard-Disk: 18 GB di spazio disponibile

Requisiti consigliati

  • Processore: Intel Core i7-6700K a 4.00 GHz
  • Memoria: 16 GB di RAM
  • Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 1080 con 8 GB
  • Sistema operativo: Windows 8.1 64 Bit, Windows 10 64 Bit

Ancora all’altezza dei tempi

Da un punto di vista tecnico L.A. Noire: The VR Case Files si presenta ancora in ottima forma e giustifica gli alti requisiti di sistema connaturati con tutte le esperienze VR che recentemente ci è capitato di giocare su PC. Gli ambienti al chiuso sono ottimamente dettagliati e contrastano a dovere la bassissima mole poligonale degli scenari all'aperto che mostrano tutta la loro approssimazione soprattutto durante gli inseguimenti in macchina. Ottima invece la gestione dell'anti-aliasing anche grazie alle numerose opzioni grafiche presenti in tal senso: raramente ci è capitato di vedere altre produzioni per la realtà virtuale così pulite in campo aperto. Ugualmente eccezionali i modelli di tutti i personaggi che mantengono inalterata la qualità del motion capture facciale anche se il punto di vista ravvicinato rende talvolta più evidenti i frame chiave di passaggio da una espressione a quella successiva con uno strano effetto morphing.

La recensione virtuale di L.A. Noire: The VR Case Files

Il gioco offre una piacevole colonna sonora in tema con l'ambientazione storica mentre il doppiaggio, disponibile esclusivamente in inglese, continua a essere eccezionale come tutte le produzioni di Rockstar. È importante segnalare in questo frangente che il gioco offre i sottotitoli nella nostra lingua ma il loro posizionamento in un ambiente virtuale li rende in alcuni frangenti, soprattutto quando si sovrappongono ai personaggi o ad alcuni elementi dello scenario, davvero molto difficili da leggere perché quasi impossibili da mettere a fuoco. Tenete infine in considerazione che il titolo non può essere giocato in ambienti piccoli visto che richiede uno spazio di almeno due metri per due metri per essere utilizzato con HTC Vive, in configurazione intera stanza.

La recensione virtuale di L.A. Noire: The VR Case Files

Conclusioni

Digital Delivery Steam
Prezzo 29,99 €
Multiplayer.it
8.0
Lettori (2)
8.4
Il tuo voto

In conclusione ci sentiamo di promuovere a pieni voti L.A. Noire: The VR Case Files. L'esperienza del gioco originale è perfettamente trasposta nella realtà virtuale grazie a una gestione della fisica e degli spazi tridimensionali estremamente accurata e che molto spesso abbiamo faticato a trovare, con questa qualità, anche in progetti nati fin dal principio per la VR. Rimangono alcuni nei di cui è giusto tenere conto e che trasformano questo prodotto nella consueta esperienza in versione ridotta a cui ci siamo tristemente abituati quando ci troviamo di fronte a un videogioco per la realtà virtuale, ma questo fattore non altera il nostro consiglio di mettere le mani su questo titolo, soprattutto se non si è giocato l'originale a suo tempo.

PRO

  • Ancora oggi la qualità dell'espressività facciale dei personaggi non ha eguali
  • L'interazione fisica con lo spazio virtuale è molto realistica
  • Apprezziamo la scelta di Rockstar di offrire tre diverse possibilità di movimento, tutte utilizzabili in qualsiasi momento...

CONTRO

  • ...peccato però che una delle tre comporti un motion sickness molto fastidioso
  • Il titolo offre solo un terzo dei contenuti del gioco completo