Versate 100 grammi di The Legend of Zelda (ricetta classica) nell'acqua fredda, portate a ebollizione a fuoco lento, quindi versate almeno 80 grammi di polvere di Dark Souls nella pentola, distribuendola con ampie cucchiaiate, in modo da non far creare grumi. Quando l'amalgama appare compatto, aggiungete una porzione di Super Mario Bros., spruzzata con polvere di Super Meat Boy e gemme di Hollow Knight. Fate cuocere per mezz'ora et voilà, il gioco di ROBI Studios è fatto. Sicuramente visti gli ingredienti sarà venuto un piatto prelibato che ci farà leccare i baffi...
Purtroppo possiamo garantirvi che il sapore è decisamente insipido perché, come vedremo nel corso della recensione, Blue Fire soffre a causa di alcune scelte estreme di design, che si sono rivelate controproducenti.
Storia
Siamo nel mondo di Penumbra e il giocatore interpreta i panni di un misterioso personaggio svegliatosi nel laboratorio di una fortezza sospesa in aria, le cui stanze sono quasi tutte sbarrate e le cui sale sono piene di strane formazioni urticanti. All'inizio il nostro obiettivo non è chiaro e tutto ciò che possiamo fare è vagabondare seguendo le indicazioni del tutorial. Quindi l'incontro con alcuni personaggi chiave ci inizierà a svelare quella che è la nostra vera missione, di cui naturalmente non vi diremo nulla. Il protagonista è armato di due spade che utilizza all'unisono e che può potenziare nel corso dell'avventura. Non dispone di una parata, ma può schivare e con il progredire del gioco sviluppa diversi poteri difensivi, che lo aiutano nei combattimenti più difficili, in particolare quelli con i boss.
Le creature da affrontare sono abbastanza varie: insetti gelatinosi, cavalieri fantasma, mostri di fuoco, piante carnivore, creature d'ombra e chi più ne ha più ne metta. Il gameplay in sé è incentrato sull'esplorazione, con alcune sezioni che diventano raggiungibili solo dopo aver ottenuto un certo oggetto, un certo potere o aver compiuto una determinata azione, in puro stile metroidvania. Come avrete capito dall'introduzione, Blue Fire è un miscuglio di generi differenti, tutti facilmente individuabili mentre si gioca. Difficile quindi ridurlo a una singola fonte d'ispirazione. Di tanto in tanto ci si imbatte anche in personaggi non ostili, sopravvissuti al male che ha invaso il castello. Interessante la possibilità di comunicare tramite emote, acquistabili da delle statue, che dà al tutto un tocco davvero contemporaneo e rende più varie le interazioni. Il fulcro del gameplay è comunque un altro, come si capisce sin dai primi minuti di gioco.
Sezioni platform
Blue Fire è pieno zeppo di sezioni platform, tanto che spesso sembra di trovarsi di fronte davvero a un clone di Super Mario, più che un gioco di ruolo d'azione. Ci sono piattaforme ovunque e una delle difficoltà maggiori con cui ci si confronta è proprio quella di non cadere in qualche baratro, finendo per perdere preziosa energia o, peggio, ricominciare dall'ultima statua usata per salvare la partita. Fortunatamente il protagonista non solo sa compiere dei balzi miracolosi, che con lo sviluppo di determinate abilità diventeranno ancora più impressionanti, ma può anche aggrapparsi ai bordi delle piattaforme per evitare di cadere di sotto. Peccato che l'intero sistema soffra di una certa viscosità che rende alcune fasi di gioco particolarmente frustranti, in particolare quelle del Vuoto.
Spieghiamo: in Blue Fire il protagonista può entrare in una specie di mondo parallelo fatto di piattaforme semoventi sospese nel nulla, per ottenere nuovi poteri. È qui che Blue Fire si trasforma in una specie di Super Meat Boy in 3D, purtroppo senza essere sorretto dallo stesso ottimo design.
L'obiettivo di ognuna di queste fasi è arrivare fino in fondo a dei percorsi difficilissimi, raccogliendo delle sfere sparpagliate sulle varie piattaforme. Purtroppo spesso occorre compiere dei salti millimetrici, resi ancora più difficili dalla gestione della telecamera, che fatica a rendere come dovrebbe la distanza effettiva tra due piattaforme e che spesso non segue l'azione come dovrebbe, e dalla suddetta viscosità, con il personaggio che finisce nel vuoto anche se apparentemente avrebbe potuto aggrapparsi a una sporgenza. A infastidire non è comunque la difficoltà in sé, ma il modo in cui vengono gestite le morti: le prime sezioni di Vuoto sono abbastanza brevi e fallire non è un grosso dramma, ma quelle avanzate diventano lunghette e molto complicate, soprattutto quando subentrano doppio salto e possibilità di correre lungo le pareti in stile Le Sabbie del Tempo. Ripartire sempre dall'inizio (sì, nel caso si cada di sotto o si finisca l'energia si è costretti a ricominciare da zero, pur conservando tutte le sfere raccolte, che comunque sono il minore dei problemi in termini di gameplay), anche quando magari si era a un passo dalla fine, diventa decisamente frustrante. Stiamo parlando in alcuni casi di decine di tentativi da compiere prima di raggiungere il traguardo e sbloccare l'agognato potere. Super Meat Boy e cloni risolvono grazie a livelli molto brevi, che quindi si ripetono molto velocemente, e all'aver reso la difficoltà estrema il loro focus. In Blue Fire, invece, viene presto da chiedersi chi ce lo faccia fare a soffrire tanto.
Sistema di combattimento
Anche il sistema di combattimento non è molto riuscito. L'idea degli sviluppatori era probabilmente quella di creare un miscuglio tra i vari generi già citati, ma il risultato è davvero poco convincente. Gli attacchi sono scivolosi, per così dire, e i tentativi di combattere in modo più tecnico vengono spesso frustrati da scelte di design poco accorte. Ad esempio erigere una barriera per difendersi dai nemici su di una piattaforma molto stretta, significa in molti casi essere fatti rimbalzare come palle di un flipper e finire nel vuoto, oppure a volte basta semplicemente portare un attacco diretto per scivolare di sotto, magari ingannati dalla posizione della telecamera, che spesso rende poco leggibile il campo di battaglia. Nelle fasi avanzate le cose diventano addirittura peggiori e molto più confuse, tanto che superare certi scontri è faticosissimo e non si viene mai ricompensati dal piacere regalato dalla sensazione di essere davvero migliorati, come avviene ad esempio in Dark Souls. Certo, la progressione del personaggio è per certi versi interessante, così come lo sono alcune delle sue abilità speciali acquisibili esplorando da cima a fondo le mappe, ma viene vanificata da un design punitivo, purtroppo nel senso più sbagliato possibile del termine, e da una realizzazione carente.
Sfida o frustrazione?
Come avrete capito leggendo l'articolo il problema di Blue Fire non è che rende la vita dura al giocatore, facendolo morire più e più volte, che sicuramente è una scelta filosofica interessante e molto moderna per un titolo del genere, ma l'incapacità del design di mitigare in qualche modo la frustrazione derivante da questa impostazione. Per inciso: quando il giocatore inizia a pensare di non farcela a superare un determinato ostacolo non per colpa sua, ma a causa del sistema di controllo o di meccaniche di gioco difettose, il gusto della sfida decade e poco possono fare per risollevare la situazione uno scenario affascinante e dei puzzle interessanti o delle scene filmate ben congeniate (per quanto molto semplici). Ed è una disdetta, perché Blue Fire ha comunque molto da offrire a chi sappia resistere alle sue spigolosità. Inoltre è dotato di uno stile grafico incisivo, per quanto semplice, e di una simpatia di fondo che non viene meno nonostante i difetti descritti. A suo modo è anche piacevole, a patto di riuscire a sopportare la forte sensazione che permea l'intera avventura di essere stata sviluppata da qualcuno che ha deciso di sacrificare parte del gioco alla volontà di renderlo il più difficile possibile, anche se in modo artificioso e inadeguato.
Conclusioni
Blue Fire non è un brutto gioco, ma è fortemente penalizzato dalla volontà degli sviluppatori di mescolare più generi possibili, senza saperli però dosare nelle giuste quantità. È uno di quei casi, nemmeno troppo rari, in cui le singole parti non legano alla perfezione e creano delle inconsistenze nella visione d'insieme, che finiscono per penalizzare il gameplay proprio lì dove dovrebbero esaltarlo maggiormente.
PRO
- Stilisticamente riuscito
- Alcune trovate funzionano
- Scenario affascinante
- Progressione del personaggio
CONTRO
- Sistema di combattimento viscido e a tratti confusionario
- Alcune sezioni sono inutilmente frustranti