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Deathverse: Let It Die, la recensione del battle royale free-to-play di GungHo

L'universo creato da Goichi Suda per GungHo torna con un battle royale free-to-play che non vanta il carattere degli esordi: la recensione di Deathverse: Let It Die.

RECENSIONE di Tommaso Pugliese   —   26/10/2022

L'originale Let It Die era un progetto bizzarro, nato probabilmente dalla volontà di GungHo Online Entertainment di sfruttare in qualche modo il genio visionario di Goichi Suda dando vita a un gioco che possedesse quei tratti peculiari tipici delle produzioni del game designer giapponese. Il risultato finale è stato un titolo che sul fronte della personalità aveva senz'altro qualcosa da dire, ma si trovava al contempo a convivere con una lunga serie di spiacevoli limitazioni.

Il publisher nipponico riteneva evidentemente soddisfacenti i risultati conseguiti con quel primo esperimento, visto che ha considerato la proprietà intellettuale in questione meritevole di un nuovo episodio, affidato però non più al team di Suda51 bensì a Supertrick Games, un piccolo studio (pur composto da ex Grasshopper) alla prima vera esperienza con un titolo per PC e PlayStation.

Com'è andata? Ve lo riveliamo nella recensione di Deathverse: Let It Die.

Storia: un mondo spietato

Deathverse: Let It Die, la presentatrice in stile idol
Deathverse: Let It Die, la presentatrice in stile idol

Cominciamo col dire che l'ambientazione di Deathverse: Let It Die ha un suo perché: un terribile cataclisma ha devastato il pianeta nel 2026 e la società nata da quel disastro si è imbarbarita, al punto da sentire l'esigenza di soddisfare la propria sete di sangue attraverso reality show i cui concorrenti si affrontano in un'arena, armati di mazze, spade e martelli, con l'obiettivo di uccidersi a vicenda.

È il Death Jamboree: una sfida che vede sedici disperati catapultati all'interno di uno scenario a compartimenti stagni, ognuno caratterizzato da geometrie differenti, piattaforme e meccanismi di autodistruzione che col passare del tempo costringono a spostarsi da una zona all'altra, come nella migliore tradizione dei battle royale, rendendo gli scontri diretti più frequenti fino all'incoronazione di un unico superstite e vincitore del match.

I due conduttori della trasmissione (un corpulento damerino con i denti d'oro e una sorta di idol dotata di un braccio meccanico) rappresentano nella loro affascinante stranezza l'anima artistica del progetto, un incipit degno di nota che però rimane fine a sé stesso, confinato in brevi sequenze che non influiscono in alcun modo sullo stile del gioco vero e proprio.

Quest'ultimo è fatto purtroppo di asset e personaggi estremamente generici, privi di qualsiasi carattere che non sia legato agli oggetti estetici e alle skin che è possibile ottenere spendendo i punti e le risorse ottenute durante le partite, oppure mettendo mano al portafogli. Manca da questo punto di vista una direzione chiara e convincente, sostituita dalla confusione di un abbozzato guazzabuglio.

Gameplay: tutti contro tutti e poco altro

Deathverse: Let It Die, due giocatori si affrontano
Deathverse: Let It Die, due giocatori si affrontano

Deathverse: Let It Die include al momento un'unica modalità, il tutti-contro-tutti di cui abbiamo appena parlato, disponibile in versione normale o classificata, oltre ad allenamento e tutorial: una dotazione troppo limitata per un'esperienza che si trova a dover competere con prodotti decisamente più blasonati che, nel corso del tempo, hanno ricevuto un bel po' di contenuti al fine di aumentare la varietà dell'azione.

Il fulcro dell'esperienza sta nel sistema di combattimento, che alla prova dei fatti si pone senza dubbio come l'aspetto più riuscito di questa produzione. Il nostro combattente può infatti impugnare armi differenti (sebbene rigorosamente da taglio o da botta), sferrare colpi veloci o lenti, eseguire finisher sugli avversari intontiti e attacchi dall'alto, attivare mosse speciali e abilità ricaricabili.

Deathverse: Let It Die, il misterioso killer che presidia lo scenario
Deathverse: Let It Die, il misterioso killer che presidia lo scenario

Per difenderci avremo a disposizione uno scudo di energia che resiste a un certo numero di colpi e uno scarto laterale, ma la filosofia alla base degli scontri ruota attorno al timing e alle aperture per impedire che le cose vadano troppo per le lunghe. Così una volta entrati nella guardia del nemico gli si possono infliggere danni ingenti, preoccupandosi solo di eventuali counter o di un ripiegamento che gli fornisca tempo per recuperare.

Le partite sono molto veloci e non ci si può fermare più di tanto, visto che in maniera casuale potremo finire nel bersaglio di un misterioso cecchino che prenderà a inseguirci all'interno della zona in cui ci troviamo. Insomma, l'impianto di per sé appare discretamente solido, l'arsenale conta su strumenti anche molto diversi fra loro e la resa degli impatti si rivela fin da subito buona: ci si diverte a picchiare e lo scenario si presta a diverse strategie, ma la ripetitività è inevitabilmente dietro l'angolo.

Realizzazione tecnica: poche idee ma confuse

Deathverse: Let It Die, la schermata dell'editor per il personaggio
Deathverse: Let It Die, la schermata dell'editor per il personaggio

Torniamo a parlare di Goichi Suda per un semplice motivo: con lui alla direzione di Let It Die ci siamo ritrovati fra le mani un prodotto tecnicamente modesto ma con qualche guizzo in grado di aggiungere un pizzico di personalità, cosa che con Deathverse: Let It Die purtroppo non accade. L'estetica dello show televisivo e dei suoi due strambi presentatori risulta accattivante, ma la grafica in-game è davvero scialba e non ha francamente nulla a che vedere con le potenzialità delle piattaforme di nuova generazione.

Ciò che si muove sullo schermo non convince, insomma, e i 60 fps non si rivelano neppure incrollabili visto che in alcuni momenti si assiste a qualche fastidioso fenomeno di stuttering. A ciò si aggiungono delle fragilità del matchmaking che mandano il gioco in un loop di caricamento da cui è possibile uscire unicamente chiudendo l'applicazione e riavviandola. Il sonoro, infine, può contare su qualche motivetto simpatico e poco altro.

Conclusioni

Versione testata PlayStation 5
Digital Delivery Steam, PlayStation Store
Prezzo Gratis
Multiplayer.it
6.0
Lettori (9)
7.3
Il tuo voto

Deathverse: Let It Die è un battle royale free-to-play basato sugli scontri melee che parte in maniera promettente, complice un'ambientazione accattivante e alcuni personaggi bizzarri, ma si rivela poi estremamente generico e privo di carattere. È vero: il sistema di combattimento funziona discretamente bene, offre tante possibilità e rende bene gli impatti, ma attorno a esso c'è ben poco a trattenerci se non per qualche match estemporaneo, complice la presenza di un'unica modalità e di un sistema di materiali, valute e ricompense inutilmente complicato.

PRO

  • Sistema di combattimento discretamente solido
  • L'incipit e l'estetica dello show sono accattivanti
  • Partite veloci, loop molto immediato

CONTRO

  • Estremamente generico
  • Tecnicamente inadeguato
  • Pochi contenuti e più di un dubbio sul modello F2P