Cosa accade all'anima dopo la morte? L'identità personale è legata ad un essere vivente, ad un luogo fisico oppure ad un evento? Cosa significa "redimersi"? La nostra recensione di Lost Ember su PlayStation 4 non pretende di rispondere a queste domande, anche ammesso che una risposta precisa esista o sia mai esistita. Lost Ember invece prova quantomeno ad affrontare gli argomenti citati. Lo fa con la bellezza di un'esperienza tanto videoludica quanto poetica: una simbiosi tra gameplay e sentimenti che non vedevamo da tanto (troppo) tempo. Lost Ember non è un gioco perfetto, anzi ha difetti molto evidenti; però è divertente, è ispirato e vi lascerà qualcosa dentro per un bel pezzo. Premesso tutto questo, la recensione in questione vi spiegherà se si tratta di ciò che stavate cercando, oppure no.
La trama
Non vi anticiperemo la trama di Lost Ember, perché rappresenta almeno due terzi del cuore dell'avventura principale. È sufficiente che conosciate le premesse narrative della produzione di Mooneye Studios, così da comprendere subito se può rientrare o meno nelle vostre corde. In Lost Ember voi impersonate un lupo: ma non è un lupo qualsiasi, è un'anima reincarnata dopo la morte. La dottrina della metempsicosi, avete presente? Dopo la morte, l'anima torna a vivere in altri corpi e in altri esseri. Nel mondo di Lost Ember, questo accade quando un essere umano, durante la sua vita, non si è comportato in modo retto: viene pertanto punito al momento della morte, e non può entrare nella Città della Luce (la City of Light). Non subito almeno, non prima di aver espiato in qualche modo le proprie colpe.
Il lupo di Lost Ember è dunque una delle "braci perdute", delle anime rimaste indietro, costrette a continuare a vivere sulla Terra. Ma un incontro del tutto fortuito lo salva: è invece una seconda anima pronta per il "passo" definitivo, per entrare nella Città della Luce. Per farlo, tuttavia, ha bisogno di qualcuno di buon cuore che le indichi la strada. Ecco allora che i percorsi dell'essere perduto (il lupo) e dell'essere già di per sé salvo (l'anima errante) si incontrano: entrambi si aiuteranno nel loro percorso; il primo, forse, troverà un modo per rimediare agli errori compiuti quando era in vita (ma non è detto). Il secondo riuscirà finalmente a trovare la pace, imparando lungo la strada qualcosa in più circa l'ordine del creato. Non è necessario spiegarvi il simbolismo celato dagli esseri animali, dalla visione del mondo e dalla narrazione di Lost Ember, vero? È un patrimonio culturale ricchissimo, tutt'altro che inventato di sana pianta dagli sviluppatori: una volta concluso il gioco vi consigliamo di approfondirlo.
Il gameplay
In Lost Ember si gioca, grazie al cielo. "Beh grazie, è un videogioco" potreste obiettare voi. E noi potremmo rispondervi con un vero e proprio elenco di videogiochi in cui, belle premesse narrative e idee ispirate e poetiche a parte, poi non chiedono al giocatore di fare assolutamente nulla, salvo spostarsi da un punto all'altro. Ma il titolo di Mooneye Studios non è stato pensato in questo modo, per fortuna. Si è partiti da un'idea ben precisa al livello di gameplay, per costruirvi poi tutto il resto attorno.
L'idea di questo gameplay è: prendere possesso dei vari esseri viventi presenti nel mondo naturale di Lost Ember, e utilizzarli per proseguire ed esplorare l'ambiente circostante. All'inizio avrete a disposizione solo il lupo: il lupo corre, il lupo è veloce, copre ampie distanze in pochissimo tempo. Ma un lupo non può volare da un costone roccioso all'altro, se c'è un abisso in mezzo: serve un volatile. Oppure un lupo non può scavare un tunnel sottoterra per aggirare un macigno. E non può neppure nuotare. L'anima dell'animale può quindi trasmigrare, prendendo possesso (per un po' di tempo) dei corpi fisici delle altre creature. È una sensazione tanto immediata quanto piacevole: un senso di scoperta stupefacente, un'idea geniale. Questa meccanica del gameplay, unita al comparto sonoro inattaccabile e ad un colpo d'occhio sempre, costantemente azzeccato ed evocativo, basta e avanza per assegnare 8 a Lost Ember. Di più non si può, per la brevità della narrazione e alcuni problemi tecnici, dovuti comunque alla natura indie della produzione (questo è il primo gioco di Mooneye Studios, tra l'altro).
Torniamo alle meccaniche di gioco. In Lost Ember dovrete fondamentalmente proseguire la narrazione, scoprendo per quale motivo siete "rimasti indietro", senza la possibilità di entrare nella Città della Luce. Proseguendo lungo il cammino nei vari capitoli dell'avventura principale (che termina in poche ore, purtroppo), rivivrete le memorie di un mondo ormai sparito da anni, e risolverete piccoli, minimi puzzle ambientali sfruttando di volta in volta le abilità dei vari animali controllabili dalla vostra anima. Di scenario in scenario si prosegue osservando tutto l'osservabile, godendo di tutti i dettagli godibili, sperimentando lo sperimentabile. E raccogliendo i collezionabili: reliquie, funghi e altri oggetti del tutto accessori, spesso anche nascosti molto bene.
Trofei PlayStation 4
Lost Ember può essere completato in poche ore, ma cercare anche tutti i collezionabili ben nascosti lungo il cammino vi porterà via tempo aggiuntivo. Ad ogni modo, ottenere il Trofeo di Platino non sarà affatto difficile, soprattutto in possesso di una buona guida; per il resto basterà portare a termine la narrazione principale.
Piccoli difetti
Lost Ember, dicevamo, non è perfetto: presenta piccoli difetti immediatamente evidenti. Per esempio, al di là della resa grafica poetica e generalmente soddisfacente, si notano tutti i limiti tecnici della produzione, a volte molto grezza. Non è un titolo trascurato tuttavia, quanto piuttosto "spigoloso": un po' per lo stile della produzione artistica, ma un po' anche per le risorse di quello che è a tutti gli effetti un team esordiente. A Lost Ember è possibile perdonare quasi tutto, ma per correttezza e oggettività bisogna pur prendere nota dei limiti tecnici della produzione. Questi ci sono parsi evidenti soprattutto in un'occasione: quando abbiamo preso il controllo di una talpa per esplorare un condotto sotterraneo. A questo punto, è rimasto visibile a schermo solo il condotto: l'intero mondo circostante è sparito. Vedevamo quello che probabilmente in un dato momento stavano vedendo gli sviluppatori. Questo difetto è abbastanza grave, oltre al fatto che infrange quasi del tutto l'immedesimazione.
Altri piccoli difetti di Lost Ember sono la sua eccessiva linearità e la durata: passi per la seconda, che potrebbe anche rappresentare una precisa scelta finalizzata all'intensità dell'esperienza, per la prima è difficile non storcere il naso. Ci sono praticamente dei falò rossi a schermo, che indicano dove andare, e il livello di difficoltà è assente a tal punto che un giocatore potrebbe semplicemente spostarsi da qui a lì, per più volte di seguito, e terminare il gioco perdendosi tutto il resto. È una scelta personale, ovviamente, che nessuno dovrebbe compiere: ma comunque un minimo di idee a livello di enigmi ambientali, o una prosecuzione un tantino più ragionata non avrebbero guastato.
Conclusioni
Lost Ember è un'avventura da vivere in solitaria, senza alcun disturbo da parte del mondo esterno, e con un bel paio di cuffie: prendetevi circa tre ore di tempo o un paio di pomeriggi al massimo, e dedicatevi soltanto al titolo di Mooneye Studios. È la storia di due anime che cercano di raggiungere la Città della Luce, un'esperienza estremamente poetica ed evocativa, che si basa su un gameplay molto originale, in cui il giocatore "prende possesso" delle anime delle altre creature viventi per proseguire lungo gli ostacoli del mondo di gioco. Ma lo fa sempre con delicatezza, con il rispetto dovuto al creato. Questo è il gioco perfetto per tutti: adulti, ragazzi, bambini, giovani e vecchi. È il gioco perfetto a scuola, per spiegare la metempsicosi del mondo greco; è il gioco perfetto a scuola, per riprendersi un po' con della sana evasione artistica. Compratelo, insomma. Purché abbiate la predisposizione psicologica per godervelo davvero.
PRO
- Evocativo, poetico, ispirato
- Gameplay originale, molteplicità di approcci
- Colonna sonora davvero notevole
CONTRO
- Molto breve
- Evidenti limiti tecnici
- Collezionabili gestiti in modo approssimativo