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Mega Man 11, la recensione

L'androide blu di Capcom torna sulla scena con un sequel che modernizza la formula classica senza snaturarla: avrà funzionato? Scopriamolo nella nostra recensione

RECENSIONE di Christian Colli   —   01/10/2018

La "crisi" di Mega Man sembrerebbe essere finita: erano anni che Capcom sembrava aver dimenticato il Blue Bomber, nonostante fosse praticamente la sua mascotte, dedicandogli soltanto qualche gioco low budget e pochi ruoli di secondo piano nei suoi crossover, ma poi all'improvviso si è resa conto che Mega Man - Rockman, in Giappone - ha una fanbase solidissima e un'eredità di grande importanza. Mega Man 11 dovrebbe essere solo il primo passo di un revamp mirato a festeggiare il trentesimo anniversario del franchise, nato effettivamente nel lontano 1987 su NES, e per l'occasione si è scelto di onorare la tradizione, modernizzando soltanto in parte forma e sostanza. Una scelta controversa che probabilmente farà felici i fan dell'androide che sono cresciuti insieme a lui negli anni '90, ma anche un rischio che Capcom ha deciso di affrontare con un prezzo budget. Tradizione e innovazione, dicevamo: nelle prossime righe della nostra recensione scoprirete se è una strategia che ha funzionato.

La novità del Double Gear

Rispetto a titoli come Mega Man 8 o ai vari Mega Man X, che erano ricchi di cinematiche, questo Mega Man 11 latita nella componente narrativa, limitandosi a raccontarci una storia di poche pretese attraverso dialoghi e illustrazioni. Nonostante ciò, ci sono alcuni spunti interessanti che i fan di lunga data non mancheranno di apprezzare: il gioco, per esempio, getta una nuova luce sul rapporto conflittuale tra il Dr. Light e il Dr. Wily, spiegandoci quando e come si sono separate le loro strade. Salta fuori che, ai tempi dell'università, Wily aveva inventato un congegno capace di migliorare i robot e trasformarli in strumenti di controllo estremamente potenti, ma il consiglio amministrativo aveva respinto il progetto e avallato invece quello del Dr. Light. Dopo tanti anni e sconfitte, Wily ricorda improvvisamente di aver ideato quel congegno e decide di usarlo per assoggettare otto Robot Master e seminare il caos. Light, a questo punto, incarica Mega Man di salvare il mondo proprio col Double Gear che Wily aveva costruito tanti anni prima, dando inizio a questa nuova avventura.

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Il Double Gear è una nuova meccanica costituita da due funzioni separate, come suggerisce il nome. Premendo un tasto, Mega Man può esplodere colpi più potenti del normale, mentre premendo l'altro il tempo rallenta e il Blue Bomber può schivare i nemici più facilmente. Entrambi i power-up condividono un indicatore che si ricarica ogni volta che il giocatore li disattiva; tuttavia, se il giocatore usa il Double Gear troppo a lungo, il surriscaldamento impedisce di riattivarlo per un certo periodo di tempo, lasciando Mega Man scoperto nei momenti peggiori. Il Double Gear svolge anche una funzione disperata, nel senso che il giocatore può premere entrambi i pulsanti contemporaneamente con Mega Man in fin di vita per sparare un colpo potentissimo. È chiaro che il Double Gear influenza enormemente il modo in cui ci si approccia ai vari stage, dando un sapore diverso a quello che altrimenti sembrerebbe un Mega Man qualunque.

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La cosa più interessante, però, è che ci siamo imbattuti in pochissimi passaggi che obbligano a usare il Double Gear e che invece si possono superare anche soltanto con una grande precisione nei movimenti o con l'ausilio di Rush, il fido cane robotico che in questo episodio svolge la funzione di trampolino fin dall'inizio e, in seguito, anche di jet a propulsione. I game designer di Mega Man 11 hanno ideato qualche sequenza platform in cui il Double Gear diventa necessario per incastrare bene un paio di salti difficili o schivare i colpi apparentemente impossibili dei nemici; in questo modo, non si ha l'impressione che la nuova meccanica snaturi la fisionomia della serie, saldamente appoggiata alle storiche capacità di Mega Man che si traducono nella scivolata e nei tre livelli di potenza del cannoncino caricabile. Siamo dunque tornati agli albori della serie - non ci si può abbassare, per esempio - ma il Double Gear non è l'unica sorpresa che discosta Mega Man 11 dalla pura tradizione.

Mega Man 11, la recensione

Otto boss pieni di brio

In verità, i vari stage di Mega Man 11 non è che spicchino particolarmente in termini di originalità, ma ciascuno di essi adotta uno stile unico e caratteristico che rende l'esperienza sufficientemente varia. Lo stage di Acid Man, con le stanze subacquee e le correnti che spingono Mega Man in varie direzioni, è un esempio calzante, mentre nutriamo qualche sensazione più ambivalente nei confronti del livello di Bounce Man e dei palloncini su cui rimbalzare per trovare l'uscita delle varie stanze, cercando di non finire contro i sempreverdi soffitti spinati. In generale, i vari stage ci sono apparsi parecchio diversificati in termini di rompicapi e ostacoli, sebbene la varietà dei nemici non faccia esattamente gridare al miracolo: spesso Mega Man 11 ricicla gli stessi avversari, limitandosi a cambiare i colori e qualche volta le forme, ma non i comportamenti. Il discorso cambia, invece, per quanto riguarda boss e miniboss. In ogni stage c'è almeno un boss intermedio piuttosto caratteristico, poi il Robot Master che ci attende alla fine nella sua stanza personale.

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Dobbiamo ammettere che nella maggior parte dei casi ci hanno dato filo da torcere più i miniboss che i Robot Master veri e propri, ma questi sono sicuramente tra i più originali che Capcom abbia ideato nelle ultime iterazioni, soprattutto perché seguono pattern erratici e scatenano poteri particolari una volta raggiunta una certa soglia di vita residua: Block Man, per esempio, si ingigantisce e riempie l'intero schermo, mentre Tundra Man diventa velocissimo e molto più difficile da anticipare. In questi casi tornano comodi i poteri del Double Gear, insomma, e lo Speed Gear in particolare, ma è pur vero che Mega Man può utilizzare le armi dei vari boss contro gli altri Robot Master, infliggendo danni maggiori come al solito. Le armi - che cambiano non soltanto il colore dell'androide, ma anche l'aspetto del suo casco e del suo guanto - sono decisamente creative e si prestano a varie strategie offensive e difensive durante gli stage, e non soltanto negli scontri coi boss.

Mega Man 11, la recensione

C'è da dire che Mega Man 11 è un titolo decisamente impegnativo, per non dire che è proprio difficile anche ai livelli di difficoltà più bassi, i quali si limitano ad aumentare il numero di tentativi o a diminuire i danni che i nemici possono infliggere. I livelli di difficoltà sono quattro - principiante, facile, normale e supereroe - perciò è possibile personalizzare la partita, seppur soltanto all'inizio, dato che non si può cambiare idea una volta cominciata l'avventura. Capcom ha comunque implementato anche il laboratorio del Dr. Light, dov'è possibile scambiare i bulloni trovati nei vari stage per tutta una serie di consumabili e di power-up che il giocatore può acquistare e poi attivare a piacimento tra uno stage e l'altro. In questo modo è possibile comprare vite extra o taniche rigenerative, per esempio, ma anche moduli che intervengono direttamente sul gameplay, come quello che carica automaticamente il cannone di Mega Man o quello che impedisce di scivolare sulle superfici ghiacciate. Ci sono anche dei moduli che prevengono il rinculo del Mega Buster o che impediscono ai nemici di stordire Mega Man ogni volta che lo colpiscono.

Mega Man 11, la recensione

In questo senso, insomma, Capcom ha controbilanciato con un certo grado di personalizzazione e una generosa distribuzione dei checkpoint quello che è un livello di difficoltà sorprendentemente impegnativo, specialmente se si decide di ricorrere il meno possibile al Double Gear... cosa che sospettiamo diventerà l'obiettivo dei sempre più diffusi speedrunner. Sul fronte del level design, insomma, lo sviluppatore nipponico ha lavorato più che bene, mentre dobbiamo ammettere che ci ha un po' deluso il comparto tecnico. Il restyling poligonale di Mega Man e dei suoi amici, nonché dei nuovi Robot Master, ha fatto centro: i modelli sono curati e animati molto bene e in generale si ha la sensazione di star giocando un titolo completamente bidimensionale anche se in realtà è quasi tutto poligonale.

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No, ad averci fatto storcere il naso sono state invece la colonna sonora, davvero dimenticabile e sottotono per gli standard di una serie che ha regalato motivetti famosi ancora oggi, e la pochissima cura riposta nella realizzazione degli scenari. I fondali, in particolare al chiuso, sono scarni e anonimi, animati a malapena e decisamente poco ispirati. È un peccato perché tutto il resto funziona: il gioco scorre fluidissimo sia in modalità portatile che con lo Switch alloggiato nel Dock, senza incertezze, e l'effettistica dà un sapore più moderno e spettacolare specialmente agli scontri con i boss. Mega Man 11 è, insomma, sospeso nel limbo tra passato e futuro: Capcom ha religiosamente rispettato la tradizione anche nella struttura, dando ai primi otto livelli un seguito di quattro stage che costituiscono la solita fortezza di Wily, e stiracchiando la longevità con una serie di sfide nella sezione Extra del menu principale che include anche una galleria, l'immancabile leaderboard e persino una specie di paginetta dedicata alle imprese sbloccate nel corso dell'avventura.

Mega Man 11, la recensione

Conclusioni

Versione testata Nintendo Switch
Multiplayer.it
8.0
Lettori (9)
8.4
Il tuo voto

Capcom si sta muovendo nella direzione giusta: Mega Man 11 è un esperimento riuscito, se non altro perché ha modernizzato la classica e amatissima formula della serie con alcune scelte importanti che non vanno a snaturarla minimamente. Il design di stage e boss è solido, anche se il gioco fatica a stupire sul fronte tecnico che resta soltanto piacevole ma nulla di più. Si tratta di un titolo breve ma impegnativo, come i suoi antenati, e quindi proposto a un prezzo budget. In altre parole, un acquisto da valutare seriamente se amate il franchise e sentivate la mancanza dell'androide azzurro.

PRO

  • Il Double Gear è una meccanica intelligente che non snatura l'impronta tradizionale della serie
  • I nuovi boss sono ben realizzati
  • Prezzo interessante

CONTRO

  • Si poteva fare di più sul fronte tecnico
  • Alcuni passaggi sono più frustranti che impegnativi
  • Dove sono finiti Proto Man e Bass?!