Quante cose può raccontare un videogioco che dura un paio d'ore? Quante derive, quante perversioni, quante storture, quanti soprusi? Se si riducesse tutto al discorso quantitativo, verrebbe da pensare: poche. E invece, dopo aver completato Mouthwashing, dopo aver perso il sonno navigando tra le migliaia di discussioni che gli si sono sviluppate attorno, fino alle profondità di quei canyon morali che presenta, dentro le sue allusioni e i suoi disgustosi silenzi, c'è da pensare che un gioco che dura due ore può raccontare tanto. D'altronde è questo che fa l'horror quando funziona bene: dice poco, suggerisce molto.
Mouthwashing è un oggetto misterioso. Sarebbe stato un grande film e un libro mozzafiato, ma questa volta la fortuna (per noi) ha voluto che venisse al mondo come un videogioco. Uno di quelli con un carattere unico e con l'immensa capacità di tirare in ballo la nostra coscienza. Il nuovo titolo di Wrong Organ ci cala nei panni di due personaggi, Curly e Jimmy, e ci molla in una situazione impossibile, con l'onere di assumerci responsabilità che forse non sono nostre in prima battuta, ma che ci riguardano come parte della società. Ci costringe a fare cose orribili, a volte necessarie, come somministrare decine di antidolorifici a un cadavere ambulante, altre volte totalmente gratuite, come la tortura e l'omicidio. Ci fa premere il grilletto salvo toglierci di mano l'arma, in fretta, quando si rende conto che l'abbiamo fatto davvero.
Di nuovo, c'è da domandarsi quante cose voglia raccontare Mouthwashing nella sua storia frammentata ed essenziale, con la sua grafica sporca che si rifà ai canoni della generazione 32 bit, e le palesi ispirazioni claustrofobiche ai capolavori dell'assedio sci-fi come Alien ed Event Horizon, ma anche della paranoia sociale come La Cosa. La risposta è ancora: tante. Più di quante riesca a contenerne prima di saltare in aria. Prima dell'incidente che dà inizio all'allucinazione.
E all’inizio fu la luce
In accezione quasi biblica, tutto inizia con uno scoppio. L'anno zero della Tulpar, la nave cargo mercantile al soldo della Pony Express, è un suicidio. La prima scena che viviamo in Mouthwashing ci vede costretti a dirottare la nave per intercettare la traiettoria di un asteroide e condannare il veicolo e l'equipaggio a una catastrofe. Non sappiamo perché dobbiamo farlo - questa sarà una delle grandi risposte che inseguiremo - ma è inevitabile. Il collasso, quasi come se avesse fatto esplodere non solo la nave, ma anche la storia stessa, è seguito da una serie di frammenti narrativi che si dividono tra il prima e il dopo lo schianto. Prima, conosciamo l'equipaggio e i motivi che hanno spinto il nostro personaggio al gesto estremo; dopo ci ritroviamo nel disperato scenario in cui versano i sopravvissuti: il capitano Curly è ferito mortalmente, ustionato e menomato; Jimmy, il vice, prende il comando della nave. C'è poi Anya, l'infermiera, Swansea, il meccanico, e Daisuke, il tuttofare. La nave è dispersa e danneggiata, l'equipaggio attende invano dei soccorsi che probabilmente non arriveranno mai.
Le riserve di cibo e di ossigeno stanno finendo, e così Jimmy e gli altri decidono di contravvenire agli ordini della Pony Express e di aprire la stiva per cercare qualcosa che li aiuti a sopravvivere. Ma, frugando tra la merce che stanno trasportando, si rendono conto con orrore del carico: decine di migliaia di bottiglie di collutorio (mouthwash, per l'appunto) e niente più. Il prodotto contiene abbastanza zucchero da rappresentare una fonte calorica accettabile, e anche dell'etanolo che permetterà loro di stordirsi con i fumi dell'alcol e non pensare alla tragica fine che stanno per fare. Così, alla deriva, sempre più vicini alla pazzia e con un orribile segreto che si porteranno nella tomba, i quattro cercano di resistere all'impulso autodistruttivo di accelerare il loro destino.
Al servizio della storia
Al centro di Mouthwashing c'è una narrazione sfilacciata, esplosa, a volte incoerente e, nelle parti finali, completamente lisergica. È senz'altro qui che si gioca la partita: il videogioco si avvale di sistemi semplici (e a volte nemmeno particolarmente riusciti) che propongono situazioni mai complesse a livello di gameplay. La sfida è prima di tutto logica, interpretativa, intende coinvolgere il giocatore nella ricostruzione di un puzzle mentale che la pressione, l'ansia, il poco cibo a disposizione, l'alcol del collutorio e un tormentato senso di colpa trasformano pian piano in una psicosi per i nostri protagonisti.
Per buona parte del gioco si risolvono piccoli puzzle che hanno a che fare con oggetti da utilizzare nel posto giusto, oppure si interagisce con gli altri personaggi per risolvere piccole controversie o mantenere una parvenza di normalità in una routine quasi insostenibile. Più di una volta ci si ritrova ad aprire a forza la bocca del capitano per costringerlo a ingurgitare gli antidolorifici. In quei frangenti il gioco sfuma a nero e ci lascia in compagnia solo dei rumori della gola ustionata del povero malcapitato che cerca di ingoiare le pillole, del suo pianto disperato corroso dal dolore.
Altre volte, il gioco ci costringe a cercare oggetti in spazi claustrofobici, avanti e indietro per i lunghi corridoi della Tulpar. I meccanismi ludici sono basilari, Mouthwashing è un gioco che avviene più nella testa del giocatore che sullo schermo. C'è un rapporto diretto tra la tecnologia della nave che va in frantumi e la mente dei personaggi che, sempre più sballati dall'etanolo, si spezzetta. In tal senso Mouthwashing ci ha ricordato Solaris, per questo rapporto che presto o tardi si sviluppa tra il luogo e i personaggi che lo abitano.
In poche occasioni, si affrontano momenti di pericolo, avanzando in piccole sessioni stealth, oppure in parentesi che somigliano a escape room. C'è anche qualche scontro, ma quello che succede sullo schermo non è praticamente mai ciò che ci si aspetta. Da questo punto di vista, il gioco riesce perfettamente a immergerci nella psicosi del protagonista, interrompendo spesso la narrazione per saltare nello spazio tempo, in un racconto che si fa quasi episodico. Quando si pensa di aver risolto un enigma, Mouthwashing ce lo sfila da sotto il naso, il gioco glitcha e, come un disco graffiato, salta; prima che arrivi la scarica di endorfina della soluzione, ci si ritrova già altrove, in un'altra drammatica situazione.
Non siamo il nostro momento peggiore
La Tulpar è un inferno, un purgatorio tuttalpiù. Il paradiso non è più cosa di questo mondo, e forse non lo è mai stato. La Pony Express è una grande azienda che non ha alcun riguardo per i suoi dipendenti. Li fa viaggiare privati delle principali norme di sicurezza, con razioni scadenti, brandine di fortuna, e addirittura dotazioni per meno persone di quanti non siano i membri dell'equipaggio. Per dirne una: la nave ha 4 capsule di salvataggio e 5 persone a bordo. È il simbolo di un sistema capitalista senza freni, che sta per fare il salto nell'automazione totale, e che di lì a breve non saprà che farsene dei suoi dipendenti. In tal senso i giganteschi schermi della nave che proiettano immagini di spiagge tropicali e di tramonti mozzafiato, hanno tutto il gusto amaro di beffa per i protagonisti. Un mondo ideale che non raggiungeranno mai.
Questo sistema abusante si riversa nei rapporti tra l'equipaggio. A tal proposito è difficile, se non impossibile, parlare del senso di Mouthwashing senza rovinarlo al lettore, quindi non lo faremo. E forse questa recensione sembrerà criptica, ma Mouthwashing è un videogioco stimolante proprio per la sua capacità estrema di viaggiare senza paura attraverso tematiche disturbanti, senza alcuna remora. Di puntare il dito verso comportamenti di collusione che, nel corso del videogioco, ci vedono arrivare a macchiarci di azioni terrificanti, come l'omicidio, la tortura, e molto altro, mettendoci di volta in volta nel duplice ruolo del manipolatore e del manipolato.
È un videogioco spietato. Non cercate consolazione, perché qui non ne troverete. Tra i suoi corridoi bui, abitati dalla voce allegra della mascotte della Pony Express (un cavallino che diventa sempre più mostruoso man mano che la psiche dei nostri si schiaccia sotto il peso della fine imminente), nella penombra delle luci di sicurezza che emettono gli ultimi bagliori, c'è solo disperazione. C'è spazio per gli abissi più profondi dell'animo umano, per la capacità che abbiamo di nasconderci traumi e di provocarne negli altri, distogliendo lo sguardo, in cerca di assoluzione. C'è una massima che i personaggi si ripetono spesso: non siamo il nostro momento peggiore. Mouthwashing sembra invece suggerire che sì, è esattamente ciò che siamo.
Conclusioni
Due ore di follia assoluta, mentre l'ossigeno sfuma e la fame ci consuma, lasciandoci in balia di una mente frammentata e di una storia da ricostruire, avanti e indietro, dritti e a ritroso. Mouthwashing è un videogioco dell'orrore che riesce a rappresentare gli abissi dell'animo umano, criticando il capitalismo e la pericolosità di un certo tipo di connivenza, ma presentando anche uno spaccato di lotta sociale e di genere. Attraverso un horror che manipola i corpi e le anime, che ci vede protagonisti di azioni ripugnanti, costruite con sadica perfezione in una sceneggiatura che, di per sé, è un grande puzzle da comporre.
PRO
- Non ha paura di mostrare niente
- Con un soggetto semplice, esplora tematiche profonde
- Il colpo di scena è perfetto
CONTRO
- Sessioni stealth imprecise e poco soddisfacenti