Pronunciata dall'architetto Peter Behrens e diventata poi il cavallo di battaglia del suo pupillo Ludwig Mies van der Rohe, "less is more" è il paradigma del design moderno. Linee pulite, forme applicate alla funzione, il minimalismo come intento e risultato. Un concetto che chiaramente travalica i confini dell'architettura e che può essere applicato a qualsiasi forma di design, anche quello videoludico. È il caso di The Last Clockwinder, un piccola perla sviluppata da Pontoco e che nel 2022 è stato eletto come migliore titolo presente sullo store Meta Quest. Vedere il porting di questa splendida avventura puzzle su PlayStation VR2 non può che renderci contenti, perché parliamo di un titolo che esalta al massimo le potenzialità della realtà virtuale, e che per poco meno di 25€ non potete farvi sfuggire. Vi spieghiamo il perché nella nostra recensione di The Last Clockwinder per PS VR2.
Incipit e narrativa
The Last Clockwinder è un'avventura puzzle in prima persona, in cui il giocatore veste i panni di Jules, una scienziata che torna nei suoi luoghi d'infanzia per scongiurare una catastrofe. La Torre dell'Orologio è un gigantesco albero alieno, nel quale sono custoditi tutti i semi delle piante sparse nell'universo, un po' come la nostra banca mondiale dei semi nelle isole Svalbard. La Torre è costantemente sorvegliata da un guardiano umano e da una moltitudine di giardinieri robotizzati. Inspiegabilmente, un giorno la Torre inizia a sprofondare e la guardiana, Edea, donna che ha cresciuto e istruito la protagonista e il suo compagno di avventure Levi, è scomparsa. Nel corso dell'avventura, il giocatore si muoverà nelle innumerevoli stanze della Torre... o meglio: la stanza è sempre e soltanto una ma il suo pavimento è collegato ad un sistema di piattaforme. Nell'angolo destro della stanza principale è posizionata una console con un mappamondo, dalla quale è possibile richiamare a piacere le varie "stanze" della Torre.
Questa è una delle tante idee che dimostrano il minimalismo di The Last Clockwinder, così come la scelta di raccontare una storia toccante con espedienti di storytelling indiretti. Ai fini dell'esperienza ludica, la parte narrativa non è strettamente necessaria perché parliamo pur sempre di un gioco basato su puzzle, in cui il fulcro dell'azione è la soluzione dei rompicapi. Tuttavia nelle varie stanze della Torre è possibile trovare le vecchie registrazioni di Edea, fatte durante la permanenza di Jules nella Torre negli anni della sua infanzia. Saranno sempre solo le voci delle due donne a raccontare la storia, insieme alle varie comunicazioni che la protagonista ha con il suo compagno Levi, che la monitora da una nave spaziale in orbita. Niente personaggi non giocanti, scene di intermezzo o vaste mappe da percorrere. The Last Clockwinder delimita l'azione all'interno di uno spazio intimo e ristretto ma mai soffocante, nel quale il giocatore è libero di muoversi ed esplorare per portare a termine gli incarichi di ogni stanza.
Meccaniche di gioco
Il ritmo con cui avanza l'avventura in The Last Clockwinder è calibrato e preciso, quasi ad emulare il modo in cui gli orologi scandiscono il tempo. Da questo punto di vista, le nozioni che il giocatore dovrà imparare sono pochissime. Si può cambiare stanza solo se si entra in possesso della relativa chiave, piccoli token abbandonati qua e là nei vari ambienti, e per azionare il congegno bisognerà consumare dell'energia. La Torre può estrarla dalle piante custodite al suo interno, ragion per cui le stanze si dividono essenzialmente in due tipologie: quelle di raccolta e quelle di assemblaggio. Nelle stanze di raccolta, il giocatore dovrà piantare i semi nei vasi, raccoglierne i frutti e convogliarli in un congegno pneumatico. Ovviamente fare questo lavoro estremamente meccanico da soli richiede molto tempo e fatica, ed ecco che qui entra in scena la meccanica regina su cui The Last Clockwinder si sorregge, ovvero la clonazione dei movimenti.
All'inizio Jules raccoglierà un paio di guanti speciali: premendo i tasti sul controller sinistro verrà avviata una registrazione che terrà traccia dei movimenti del giocatore nell'arco di qualche secondo. Scaduto il tempo verrà automaticamente creato un giardiniere meccanico, che emulerà all'infinito il movimento appena mimato. La soluzione degli enigmi perciò si configura più nello spettro del problem solving, dove lo scopo è creare una catena di montaggio robotica a partire da un'azione umana senziente. Lo stesso andrà fatto nelle stanze di assemblaggio, dove bisognerà sempre piantare i semi nei vasi e raccogliere i frutti, ma andranno seguite, in un secondo momento, le istruzioni presenti sulle lavagne nelle singole stanze. I diversi frutti infatti possono essere assemblati in strutture che replicano la forma delle molecole, utilizzando dei bastoncini. Questi non possono mai essere afferrati direttamente dal giocatore, ma si può soltanto infilzarli in un frutto tenendolo in mano. Una volta assemblata la struttura questa andrà riposta in una pressa che restituirà delle gemme, spendibili per acquistare altri semi.
Più l'avventura progredisce più aumenterà la varietà di frutti a disposizione: si partirà da un ibrido tra una mela e un pomodoro, scoprendo via via tante altre bizzarre piante. Essendo specie aliene, ogni frutto o verdura si comporterà in modo diverso: le zucche ad esempio fluttueranno e i mirtilli giganti non possono essere tenuti in mano troppo a lungo, altrimenti sublimano in gas. Ogni pianta quindi introduce diverse varianti e incognite e starà al giocatore capire come manipolarle e con che criterio creare la catena di montaggio più efficiente. Inutile dire infatti che ogni stanza ha una serie di record da battere, dove lo scopo ultimo è ovviamente raggiungere la maggior quota produttiva con il minor numero di giardinieri. La cosa divertente è che una volta messi al lavoro, i giardinieri continueranno a lavorare anche se la stanza in cui sono operativi non è quella attiva. L'azione dei robot infatti continua anche in sottofondo e permette di accumulare un ingente numero di frutti e semi. Parte della bellezza di The Last Clockwinder è proprio vedere la produttività della Torre aumentare a dismisura, nonostante il giocatore si stia dedicando ad altre attività. Questo è peraltro molto importante nelle fasi finali, dove la quota di frutti richiesta per alimentare le piattaforme, e quindi chiamare nuove stanze dal sistema di controllo, diventa particolarmente esosa.
Vorremmo potervi dire che abbiamo tanto altro da raccontarvi di The Last Clockwinder ma nella realtà delle cose il titolo di Pontoco si esaurisce qui, e al contempo non finisce mai. Una singola idea al servizio di un gameplay che si arricchisce mano a mano che si procede con l'avventura, richiedendo al giocatore soluzioni brillanti ed efficaci. E se siete dei perfezionisti, vi renderete conto che anche la soluzione più geniale ha sempre un margine di miglioramento, cosa che nella migliore delle ipotesi vi potrebbe spingere a sostituire qualche robot con uno dai movimenti più fluidi e veloci, e nella peggiore vi istigherà a cancellare tutti i vostri giardinieri, che possono essere rimossi in qualsiasi momento dalla loro posizione, per ricominciare tutto da capo.
Modalità di gioco PS VR2 e comandi
Nonostante a prima vista The Last Clockwinder sembri un gioco molto basico nel suo aspetto, in realtà giocandolo ci si rende conto di quanto il titolo sia tecnicamente riuscito. Al di là dell'impatto grafico, che su PS VR2 ovviamente guadagna in brillantezza e risoluzione ma che va detto è estremamente piacevole anche su Metà Quest 2, a funzionare particolarmente bene è il tracciamento di mani e movimenti. Ogni tanto potrà capitare di vedere i nostri giardinieri robotici eseguire torsioni non proprio fluide a vedersi, ma la precisione con cui vengono registrati i movimenti delle mani del giocatore è notevole e, ci viene da aggiungere, non potrebbe essere altrimenti vista la tipologia del gameplay. Molto spesso posizionarsi un passo più a destra o a sinistra di un vaso può fare la differenza, come può essere decisiva la traiettoria di un lancio. Non l'abbiamo detto, dandolo per scontato, ma ogni frutto e verdura sia nelle stanze di raccolta sia da assemblaggio può essere toccato, passato di mano o lanciato dai giardinieri. Ed è per questo che precisione e libertà di movimento sono cruciali per creare la perfetta catena di montaggio.
Il titolo può essere fruito su PS VR2 sia da seduti sia in piedi, senza rendere però necessaria la modalità stanza intera, poiché si presuppone che il giocatore muova soltanto le mani e le braccia per impartire i movimenti ai giardinieri, rimanendo sempre fermo sul posto. Noi abbiamo trovato quasi impossibile giocare il titolo nelle sue fasi finali da seduti, perché per risolvere alcune stanze sentivamo il bisogno di avere piena mobilità di tronco e arti. Il movimento può essere sia libero, utilizzando quindi la levetta analogica del PlayStation VR2 Sense destro, oppure che con teletrasporto. Da questo punto di vista ci sarebbe piaciuto vedere la stessa soluzione adottata dal recente Maskmaker, dove i due sistemi di movimento possono essere utilizzati contemporaneamente e assegnati alle due levette analogiche dei controller, in modo da gestire i macro movimenti con il teletrasporto e i piccoli aggiustamenti di posizione con il movimento libero.
Altro aspetto tecnico da non sottovalutare è la quantità di elementi presenti a schermo. Ci sono momenti in cui le stanze saranno particolarmente affollate, con più di una dozzina di giardinieri che raccolgono, lanciano e afferrano frutti e strutture. Parte della complessità del gioco è anche non intralciare l'azione degli altri giardinieri, sfruttando ogni possibile soluzione creativa possibile. Un dettaglio davvero di classe poi è la correlazione tra azione e colonna sonora: quando si accede per la prima volta ad una stanza, questa è silenziosa e non c'è nessun accompagnamento. Quando viene replicato il primo giardiniere si comincia a udire in sottofondo un leggero tappeto musicale, e più giardinieri vengono messi a lavoro maggiore è il numero di strumenti che si aggiunge alla sinfonia.
Conclusioni
The Last Clockwinder è una di quelle perle rare che, grazie ad una solida e semplice idea, riesce a dimostrare le potenzialità della realtà virtuale. Caratterizzato da un minimalismo sempre furbo ma mai asettico, l'avventura puzzle di Pontoco riesce ad intrattenere per svariate ore. È difficile calcolare la durata di un titolo puzzle, che ovviamente varia dalla prontezza del giocatore, ma se dovessimo sbilanciarci la stimeremmo tra le sei e le otto ore. Una durata che dipende non solo dalle abilità logiche, ma anche da quanto si vuole scavare all'interno della storia, raccontata da sole tre voci narranti eppure piena di sentimento e dolcezza. Non fatevi frenare dalla mancata localizzazione in italiano, né dal pregiudizio sulla tipologia di titolo: The Last Clockwinder può divertire chiunque. Noi ce ne siamo innamorati e speriamo che la Torre dell'Orologio accolga tanti altri guardiani.
PRO
- Minimalista ma brillante
- Narrazione accessoria ma ben congegnata
- Tecnicamente solido
CONTRO
- Più libertà nello scegliere come muoversi
- Qualche animazione poco fluida