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Wild Hearts: la recensione dell'alternativa a Monster Hunter di Omega Force ed EA

Un'alternativa a Monster Hunter esiste? Abbiamo recensito Wild Hearts, che rivisita a modo suo la caccia al mostro resa popolare dalla serie Capcom.

Wild Hearts: la recensione dell'alternativa a Monster Hunter di Omega Force ed EA
RECENSIONE di Aligi Comandini   —   16/02/2023

Se ci si abbandona senza alcuna coscienza critica al costante battibeccare che circonda i videogiochi, diventa facile convincersi di una quasi totale assenza di scelta o di coraggio da parte degli sviluppatori, oltre che di una spiacevole tendenza dei grandi publisher a puntare sempre su prodotti di facile comprensione per aprirsi il più possibile al grande pubblico. Questa attitudine invero esiste e sarebbe ingenuo ignorarla, ma la sua ovvia presenza sul mercato non implica necessariamente che in un universo multicolore come quello del gaming manchino le alternative di valore.

Di anno in anno, in particolare, abbiamo assistito a numerosi fenomeni esplosivi legati a generi e giochi che fino a qualche tempo fa sarebbe stato quasi impossibile marchiare come "successi commerciali": soulslike, GDR occidentali vecchio stile, immersive sim... esperienze di rara profondità (e alle volte anche di rara difficoltà) improvvisamente in cima alle classifiche, o addirittura capaci di conquistare legioni di fan durature comparabili a quelle tanto desiderate da chiunque ancora insegua la sempre più effimera chimera dei live service. Un esempio particolarmente lampante? I Monster Hunter, passati da realtà quasi esclusivamente circoscritta al Giappone a serie al limite del mainstream, in grado di piazzare con facilità milioni di copie anche sul mercato occidentale.

Per carità, la saga di Capcom non era certo sconosciuta dalle nostre parti, eppure la sua natura volutamente convoluta e la generale macchinosità dei suoi aspetti primari l'hanno sempre relegata a una nicchia di appassionati. Con Monster Hunter: World, però, le cose sono cambiate del tutto, dimostrando ancora una volta come l'utenza sia perfettamente in grado di abbracciare realtà complesse senza troppi problemi se accolta dalle giuste qualità. La popolarità del marchio è divenuta tanta e tale da portare anche a un'evoluzione dei suoi emuli, in passato a loro volta relegati per lo più alla Terra del Sol Levante.

È curioso peraltro che una di queste "nuove" imitazioni appartenga proprio al team di cui parliamo oggi, perché Omega Force tentò già di buttarsi su questo campo di battaglia con Toukiden, seppur senza riuscire neanche lontanamente a scalfire il rivale. Oggi la software house tenta nuovamente di sfidare la supremazia di Monster Hunter grazie al supporto di Electronic Arts con quella che è sembrata fin da subito una produzione con ben più chance di successo. Lo abbiamo giocato senza sosta, completando la campagna principale e affrontando varie ore del postgame, e nella recensione di Wild Hearts vi diremo se gli Omega Force sono riusciti a sorprenderci.

Narrativa: la via degli umani

Il mondo di Wild Hearts è una rivisitazione fantasy del Giappone feudale più curata di quanto credessimo. Non aspettatevi però chissà quale narrativa complessa, le basi sono le solite
Il mondo di Wild Hearts è una rivisitazione fantasy del Giappone feudale più curata di quanto credessimo. Non aspettatevi però chissà quale narrativa complessa, le basi sono le solite

Per chiunque bazzichi in questo genere di titoli fin dagli albori, potrebbe sembrare una forzatura dedicare addirittura un paragrafo all'elemento narrativo. Dopotutto, seppur ci sia stato uno sforzo generale per ampliare tale aspetto - di norma concentrandosi sui personaggi o sull'impatto scenico dei mostri - sia i Monster Hunter che i loro simili tendono praticamente sempre a girare attorno a trame scarnificate, fortemente secondarie rispetto al fulcro rappresentato dal giocato. Omega Force deve essersi resa conto della situazione, perché Wild Hearts vanta una cura narrativa che abbiamo apprezzato molto, a nostro parere superiore a quella della saga di Capcom.

Non siamo certo davanti a una storia complessa: il giocatore veste i panni di un cacciatore venuto da lande lontane, che viene all'improvviso in possesso di un misterioso potere che gli permette di materializzare dal nulla poderosi macchinari chiamati karakuri, e si ritrova a dover salvare l'isolata (e splendida) cittadina di Minato dall'assalto di enormi mostri; solo che i personaggi con cui si interagisce durante la campagna sono più umani e caratterizzati di quanto prevedibile, al punto da riuscire praticamente da soli ad alzare l'asticella generale. Minato è una galleria di personalità uniche, emarginati e paria con storie spesso tormentate, che vengono sviluppate attraverso semplici, ma funzionali missioni di caccia. Non è tutto perfetto, ovvio, e non è facile relazionarsi allo stesso modo con ogni abitante di questa atipica città meccanica tra i monti, ma la cura generale riposta nei dialoghi e nella delineazione del mondo ha superato le nostre aspettative iniziali. Non sottovalutabile poi il fatto che ciò sia riuscito nonostante il gioco si prenda tendenzialmente molto sul serio, dato che di norma è con la scorciatoia dell'umorismo che si bypassano molte mancanze.

Insomma, anche mantenendosi entro canoni consolidati e a tratti banalotti, la storia di Wild Hearts contribuisce alla qualità generale dell'esperienza, invece di rappresentare solo un trascurabile contorno; il fulcro di un'opera del genere restano però sempre e comunque gameplay e contenuti, ed è proprio su questi due elementi che è il caso di approfondire il più possibile l'analisi, perché quanto fatto da Omega Force risulta davvero degno di discussione, seppur imperfetto in vari aspetti.

Gameplay: la via dei Kemono

Le armi di Wild Hearts sono molto diversificate, e più tecniche di quanto anticipato. Vedete questo shuriken? In realtà è un bastone trasformabile, ma non è consigliato per i principianti
Le armi di Wild Hearts sono molto diversificate, e più tecniche di quanto anticipato. Vedete questo shuriken? In realtà è un bastone trasformabile, ma non è consigliato per i principianti

Le meccaniche di un gioco di questo tipo non sono certamente facili da gestire, anche perché parliamo di action con elementi GDR che girano attorno alla diversificazione netta delle armi a disposizione del giocatore, e a epiche battaglie contro nemici equiparabili praticamente sempre a dei boss. L'unicità delle armi utilizzabili non è peraltro solo una questione di mosse: ogni strumento ha sistemi specifici, che cambiano completamente l'approccio alle cacce e all'azione, oltre a richiedere parecchio tempo per venir padroneggiati in toto. Ora, il caso di Omega Force è particolarmente peculiare, perché questo team è da sempre "specializzato" in titoli dal gameplay incredibilmente intuitivo e semplificato (l'intera serie Dinasty Warriors, per dire) e, nonostante negli anni abbia lavorato a numerosi progetti alternativi - tra cui i Toukiden già citati a inizio articolo - era impossibile non avere qualche ragionevole dubbio sulle loro effettive capacità di affrontare un lavoro simile. Evidentemente, però, nella squadra ci sono dei grossi appassionati di Monster Hunter, dato che le armi di Wild Hearts sono state attentamente calcolate per offrire un'esperienza sì vicina a quelle già note congegnate da Capcom, ma al contempo abbastanza diversificata da risultare del tutto fresca.

L'arco in Wild Hearts è... piuttosto esagerato. In questi giochi le armi a distanza sono sempre difficilissime da bilanciare
L'arco in Wild Hearts è... piuttosto esagerato. In questi giochi le armi a distanza sono sempre difficilissime da bilanciare

Le armi sono otto e, seppur meccanicamente più semplici rispetto a quanto visto nei Monster Hunter (specialmente nei capitoli più recenti), offrono una discreta massa di manovre. Per fare esempi concreti, avrete a disposizione una katana in grado di allungarsi e sferrare danni enormi una volta caricata una specifica barra, oltre che dotata di un fendente circolare con spostamento e invulnerabilità temporanea (vi ricorda qualcosa?); un ombrello con parata integrata e la capacità di alzarsi in volo con gli attacchi pesanti; un arco con frecce di due tipi, uno dei quali esplosivo se colpito col secondo, e via così, per una varietà generale sinceramente invidiabile. L'unico problema? Per quanto si siano impegnati, gli sviluppatori di Omega Force non hanno chiaramente gli anni di esperienza di Capcom in questo specifico campo, e quindi sono cascati abbastanza malamente sul bilanciamento. Certo, anche i Monster Hunter non sono mai stati perfettamente tarati - agli alti livelli vi sono fin dagli albori armi nettamente più efficaci rispetto alle altre per i danni inflitti, quando non addirittura eccessive - eppure le tante scelte disponibili in quella serie offrono il più delle volte mezzi comparabili, tanto che in Monster Hunter Rise quasi ogni arma vanta stili e meccaniche difensive multiple che si adattano con facilità alle tendenze di qualunque giocatore. Qui le cose sono più basilari, e nelle fasi iniziali della campagna è davvero più semplice utilizzare certe armi rispetto ad altre, con quelle più tecniche e lente particolarmente svantaggiate. Per capirci, se per usare efficacemente l'enorme e pesante nodachi è obbligatorio gestire perfettamente sia posizionamento che schivate, per via del lentissimo attacco caricato dell'arma e del suo consumo non trascurabile di stamina, lo stesso non si può certo dire per l'arco, che può fare danni enormi semplicemente sparando frecce a raffica e cambiando stile in un istante dopo un riposizionamento, o per l'artiglio con coltello che permette letteralmente di svolazzare attorno al mostro senza grossi rischi dopo averlo malmenato per un po' (oltre a garantire movimenti aerei superiori a quelli di ogni altra arma nel bel mezzo delle combo). Le cose peggiorano ulteriormente con armi tecniche che lasciano scoperti come il bastone karakuri, laddove la parata dell'ombrello può salvare la vita a raffica a chiunque abbia un discreto tempismo nelle manovre difensive. Per farla breve, in Wild Hearts la distanza tra "armi per esperti e per principianti" è abissale e la cosa viene amplificata ulteriormente da altri due fattori: l'aggressività dei nemici e la possibilità di usare in battaglia i karakuri, con questi ultimi in particolare davvero fondamentali per l'intero sistema di combattimento.

Probabilmente un giocatore esperto troverà il gioco facile per un po'. Certi picchi di difficoltà vi faranno cambiare idea, tra cui il lupacchiotto che vedete in questa immagine
Probabilmente un giocatore esperto troverà il gioco facile per un po'. Certi picchi di difficoltà vi faranno cambiare idea, tra cui il lupacchiotto che vedete in questa immagine

Partiamo dai Kemono, perché questi enormi mostri in grado di scatenare le forze della natura sono molto più aggressivi e incattiviti di quanto avessimo anticipato. Il livello di difficoltà medio di questo gioco, infatti, è equiparabile quasi da subito al Master Rank (o G Rank, in base alle vostre preferenze) se lo si affronta in solitaria, dato che Omega Force ha cercato in tutti i modi di mettere in campo scontri esaltanti con pattern offensivi variabili e difficili da aggirare. Ok, chiunque se la cavi con le schivate può chiaramente arginare tutto, ma si parla di mostri a volte in grado di eseguire reali combinazioni di mosse, con danni inflitti mostruosi se non si prepara a dovere l'equipaggiamento. Per la cronaca, anche qui ci sono alcuni secchi sbilanciamenti di pericolosità, dato che le "stelline" che indicano la forza di un mostro a volte ci sono sembrate distribuite in modo grossolano, e abbiamo trovato un paio di Kemono specifici marcatamente più brutali e ingestibili rispetto persino al boss finale. È un peccato che l'equilibrio dell'esperienza sia così sballato, perché nel complesso è davvero un piacere giocare a questo titolo, e abbiamo trovato le sue battaglie in larga parte adrenaliniche e spassose; il colpevole non è tuttavia solo il team, perché tali squilibri sono in larga parte provocati proprio dal più grosso elemento distintivo di questo gioco: i karakuri, appunto.

Ancora gameplay: la via dei Karakuri

I karakuri di Wild Hearts hanno una miriade di funzionalità diverse, ma dovrete sbloccarli gradualmente durante la campagna
I karakuri di Wild Hearts hanno una miriade di funzionalità diverse, ma dovrete sbloccarli gradualmente durante la campagna

I macchinari che il giocatore può materializzare durante la caccia non sono un semplice contorno: Omega Force li ha finemente intrecciati nella maglia del sistema, rendendoli praticamente indispensabili per dominare il gioco. Ricordate quando vi abbiamo parlato dell'aggressività dei mostri? Sappiate che ogni singola creatura è in qualche modo arginabile attraverso i karakuri, e che alcuni di essi sono letteralmente dei counter diretti a certi attacchi speciali, capaci di stordirli per vari (e preziosi) secondi. D'altronde i cubi e le molle equipaggiabili a inizio campagna sono solo la punta dell'iceberg, dato che avanzando di caccia in caccia i karakuri base diventano sei - quattro sono quelli utilizzabili contemporaneamente - e che è possibile combinarli per ottenere macchinari più complessi con effetti a volte devastanti. Alle prese con un riccio gigante con la spiacevole tendenza a rotolarvi addosso? Esiste un karakuri elastico che scaglia via lui e qualunque altra "carica" con facilità; mostri volanti? Fuochi d'artificio, arpioni o balestre a ripetizione; bestioni troppo mobili? Presse che li bloccano a terra o mine esplosive. Le opzioni sono tantissime, e una volta padroneggiate permettono davvero di gestire i tempi della caccia quasi a piacere, stordendo con costanza i Kemono e rispondendo ad ogni loro manovra. Inoltre usare i karakuri risulta immediato e facile, per via di un sistema di costruzione molto riuscito con combinazioni sempre visibili a schermo, che garantisce di comporre con gran velocità qualunque macchinario non appena si raggiunge una zona pianeggiante.

Il bello è che gli Omega Force hanno legato a doppio filo questi miracoli dell'ingegneria in legno anche alle armi, visto che praticamente ogni lama o mazza del gioco vanta mosse direttamente correlate all'uso di uno di questi strumenti, e sfruttarli oculatamente bypassa addirittura le debolezze di utilizzo che avevamo descritto prima. Chiunque abbia problemi di mobilità può quindi abusare di certi karakuri per spostarsi più rapidamente mantenendo le cariche, mentre alcune armi cambiano letteralmente stato e forma se si usa il loro attacco dopo un salto su un cubo o una pressa a molla (ciò è particolarmente utile con il bastone trasformabile, ad esempio). Crediamo sia anche per questo motivo che le armi inizialmente sembrano così sbilanciate: alcune di loro mostrano il massimo del potenziale solo una volta sbloccate le giuste combinazioni; resta tuttavia il fatto che i karakuri vanno ottenuti avanzando nella campagna, dunque la progressione base andava a nostro parere calcolata un po' meglio.

Le mappe sono volutamente estese, perché grazie ai karakuri le si naviga molto più velocemente del normale. Piazzateli in modo oculato comunque, o dovrete fare lunghe camminate verso i bersagli
Le mappe sono volutamente estese, perché grazie ai karakuri le si naviga molto più velocemente del normale. Piazzateli in modo oculato comunque, o dovrete fare lunghe camminate verso i bersagli

Ovviamente, quando il numero di fattori in gioco aumenta fino a questo livello, bilanciare le cose si fa ancor più complicato, e riteniamo in tutta sincerità che certi karakuri siano fin troppo efficienti e abusabili. Perlomeno, Omega Force ha tentato di appianare le cose mettendo in campo alcuni limitazioni intelligenti. Buona parte dei karakuri, infatti, sono distruttibili se non vengono utilizzati in diretta concomitanza dell'attacco per cui sono pensati, pertanto non è possibile semplicemente costruirli a casaccio e sperare che le cose vadano per il meglio; in più, si hanno dei limiti di "filo" per la loro materializzazione, che può venir recuperato in battaglia o distruggendo alcuni elementi della mappa o con l'ausilio di piccoli aiutanti robotici (che peraltro possono venir potenziati e aumentare il filo massimo trasportabile), ma non è mai realmente abusabile, salvo non si estragga da certe parti distrutte dei mostri che ne raddoppiano temporaneamente il quantitativo.

In solitaria questi tentativi di regolare il sistema funzionano abbastanza bene, anche se non ci sorprenderebbe vedere qualche ulteriore patch correttiva in futuro. Quando si affronta il tutto in cooperativa le cose peggiorano, abbassando forse eccessivamente il livello di sfida. Anche in questo gioco, ovviamente, c'è un adattamento dei nemici legato al numero di giocatori, e per evitare esagerazioni i gruppi sono limitati a tre utenti per volta; la possibilità di riportare in vita i cacciatori alleati direttamente sul posto e di utilizzare un numero nettamente maggiore di karakuri, tuttavia, basta e avanza per rendere triviali alcune cacce normalmente complicate. L'online è, ad ogni modo, piuttosto intuitivo: ognuna delle mappe principali del gioco ha dei portali che mostrano le cacce in corso a cui è possibile unirsi, ed è possibile "aprire" la propria sessione attiva in qualunque momento per permettere ad altri cacciatori di accompagnarvi. Persino la progressione della campagna avanza se si fanno missioni ancora non completate con altri giocatori, seppur questo possa provocare alcuni fastidi, considerando che tocca beccarsi da capo tutti i filmati se si partecipa a una missione della storia di un altro giocatore quando la si è già completata (a noi è capitato in particolare con un filmato piuttosto longevo di una specifica caccia, e non c'è stato modo di bypassarlo).

Sì, anche questo è un karakuri, con cui vi divertirete a sfrecciare nelle zone pianeggianti
Sì, anche questo è un karakuri, con cui vi divertirete a sfrecciare nelle zone pianeggianti

Ci teniamo a precisarlo, le nostre sono critiche legate a difetti cristallini, ma il fatto che l'opera di Omega Force sia imperfetta non significa che il team giapponese non abbia fatto un ottimo lavoro. Nel complesso, Wild Hearts resta un action esaltante con meccaniche elaborate e ricche di spunti originali che le sviste sopra descritte sminuiscono solo in parte, indubbiamente superiore alle nostre aspettative iniziali. L'unica mancanza che ci ha seriamente fatto storcere il naso è la gestione della telecamera: spesso non funziona bene e con certi mostri (specie quelli di grosse dimensioni) costringe il giocatore a usare con parsimonia il sistema di targeting offerto per non impazzire. Il motivo è presto detto: al solito, il sistema di aggancio della visuale di Wild Hearts è lineare e, nonostante possa venir spostato liberamente su più parti dei nemici, la telecamera non si adatta né alla vostra posizione sulla mappa, né ai movimenti improvvisi dei Kemono. Considerando che le mappe del gioco sono ricche di elementi a schermo, ostacoli ambientali o semplici zone "chiuse", mantenere attivo il puntamento provoca a volte degli stravolgimenti quasi ridicoli, che rendono impossibile mantenere una chiara visione di quanto sta accadendo a schermo. Siamo crepati più volte per la telecamera che per gli attacchi avversari prima di abituarci a gestirla (almeno in parte) manualmente, ed è l'unico aspetto del titolo ad averci seriamente infastidito.

Struttura e comparto tecnico: la via del farming

Lui sembra minaccioso, ma in realtà è un tenerone (e forse la 'caccia' più facile del gioco)
Lui sembra minaccioso, ma in realtà è un tenerone (e forse la "caccia" più facile del gioco)

Forse la cosa più stralunata di Wild Hearts è il fatto che strutturalmente, pur copiando i Monster Hunter, ha una cosa che la serie Capcom ha offerto sempre solo in parte persino nei suoi capitoli più accessibili: un minimo di sacrosanta leggibilità delle interfacce e delle informazioni. Chiaro, anche qui avrete a che fare con la classica struttura incentrata sul farming di materiali (da ottenere, ovviamente, a forza di sterminare mostri), dove il potenziamento del proprio alter ego è correlato quasi esclusivamente all'equipaggiamento costruito con i pezzi ottenuti; tuttavia sia i rami di sviluppo delle armi che l'enciclopedia interna del gioco ci sono sembrati più chiari rispetto alle controparti, così come più intuitivo in generale è stato l'apprendimento delle varie armi. C'è pure un tutorial integrato nei manichini da allenamento, che permette di allenarsi a grandi linee con tutti gli attacchi primari e, nonostante si mantengano alcuni fastidiosi punti oscuri (specialmente correlati al posizionamento di certi minerali nelle mappe o alla gestione di certi karakuri), non abbiamo mai avuto reali problemi di comprensione di quanto offerto dal lavoro di Omega Force.

L'elemento più unico è però un altro, sempre correlato ai karakuri... nel gioco è, infatti, presente una sorta di sistema di "housing" con costruzioni personalizzabili chiamate karakuri del drago, il cui numero di funzioni ci ha sinceramente impressionato. Sul serio, si va da roba utilissima per il recupero materiali - barche che pescano automaticamente provviste, tempietti che accumulano nel tempo minerali e cibo - a mobili per decorare, passando per ruote giganti da usare a mo' di motocicletta, radar, enormi ventole e rampini; è addirittura presente un albero per i potenziamenti dei karakuri, che oltre a migliorare quelli da combattimento aumenta l'efficacia anche dei marchingegni di contorno. Questa massa di oggetti richiede energia recuperata da fonti di ki sparse per le mappe di gioco e permette di creare accampamenti personalizzati, che diventano entro poco dei veri e propri hub in miniatura con ogni genere di utilità. Sta a voi persino scegliere dove posizionare il viaggio rapido nelle varie zone, e fatelo oculatamente, perché si parla di mappe in media molto più grosse ed elaborate rispetto al solito, così congegnate proprio per via dei tanti karakuri pensati per la navigazione che facilitano l'esplorazione e il raggiungimento degli obiettivi.

Sì, in WIld Hearts c'è un endgame. D'altronde è un must in un gioco simile
Sì, in WIld Hearts c'è un endgame. D'altronde è un must in un gioco simile

Il resto è il solito: una campagna piuttosto longeva suddivisa in missioni, che viene affrontata prevalentemente per ottenere set di armatura e armi sempre più poderose ed eliminare i vari mostri presenti con il massimo dell'efficienza. Anche quest'ultimo aspetto è ad ogni modo abbastanza unico nel lavoro di Omega Force, poiché le corazze ottenibili hanno delle varianti legate a due vie specifiche. In base alla via scelta, l'estetica di ciò che indossate cambia ed è possibile usufruire di alcune potenti abilità passive correlate a queste "specializzazioni" normalmente inattive. È nel complesso più semplice da gestire rispetto allo smodato numero di abilità della saga di Capcom, ma stuzzica comunque l'ingegno quel tanto che basta per dedicarsi anima e corpo ad ottimizzare il proprio cacciatore; un'altra bella via di mezzo.

E l'endgame? Beh, non manca, ma a causa degli nda per ora non possiamo entrare eccessivamente nel dettaglio. Sappiate solo che è piuttosto classico, e che inevitabilmente vi offrirà sfide sensibilmente più ardue di quelle affrontate durante la campagna, con ricompense apprezzabili da chiunque ponga lo stile del proprio personaggio sopra ad ogni altra cosa. A voler fare una critica ai contenuti, forse si potevano evitare delle varianti di Kemono nella campagna che sono poco più di reskin dei mostri base (un equivalente delle varianti dei Monster Hunter, ma inserite nel corso della storia principale), tuttavia la difficoltà dei mostri presenti ci ha soddisfatto pienamente, specie per un primo esperimento. Non bastasse, gli Omega Force hanno promesso update futuri con nuovi Kemono e rami di sviluppo delle armi, e si spera mantengano con aggiunte di valore.

Siamo un po' meno positivi sul comparto tecnico, e non perché il gioco sia brutto da vedere. Anzi, Wild Hearts ha un'art direction apprezzabilissima, oltre che parecchi dettagli (tra cui valide animazioni facciali, che vanno peraltro perfettamente a tempo persino col doppiaggio italiano); l'ottimizzazione su PC non vanta però la stessa cura certosina, e sulla nostra configurazione (un valido i7 con una RTX 3070 e 32 giga di RAM, quindi non certo una carretta) abbiamo visto scatti preoccupanti in alcune situazioni anche con settaggi non al massimo (il gioco sembra soffrire un gran numero di modelli a schermo, come raggruppamenti di NPC o l'evocazione di certi minion da parte di Kemono che li sfruttano). In più il titolo non è pulitissimo: qualche problema di rendering degli elementi a schermo si nota, così come una manciata di bug e artefatti visivi, senza contare qualche strana reazione dei sistemi, specie utilizzando il movimento tridimensionale della lama artiglio. Se non altro, mancanze simili sono arginabili con delle patch, e già al lancio dovrebbe arrivare un update per migliorare parte dei problemi tecnici osservati.

Conclusioni

Multiplayer.it
8.0
Lettori (46)
7.0
Il tuo voto

Wild Hearts ha sinceramente superato le nostre aspettative. Mai ci saremmo aspettati da Omega Force un titolo in grado di rivaleggiare con i Monster Hunter, men che meno dotato di sistemi così solidi da garantirgli una personalità propria. E invece il team giapponese ha zittito i nostri dubbi, sfornando un action molto valido, che trova in vari aspetti il giusto compromesso tra la complessità della serie a cui si ispira e la volontà di aprirsi ai neofiti delle esperienze di questo tipo. Certo, non può scalzare la serie "madre" dal trono né arrivare ai suoi picchi qualitativi, per via di alcuni problemi di bilanciamento e ingenuità derivanti dalla scarsa esperienza del team rispetto ai veterani di Capcom; resta ad ogni modo consigliatissimo per gli amanti dell'azione, o per chiunque voglia un'alternativa fresca alla solita caccia al mostro.

PRO

  • Ottimo sistema di combattimento, con una bella diversificazione delle armi
  • I karakuri innalzano l'esperienza complessiva
  • Personaggi e dialoghi più curati del previsto, oltre che totalmente localizzati
  • Cacce variegate e più impegnative del previsto

CONTRO

  • Notevoli sbilanciamenti di armi e karakuri
  • Non ben ottimizzato su PC, con qualche problema tecnico
  • La telecamera ha problemi