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Sognando la Corea

Ilja Rotelli, direttore del team e-sport di Blizzard, ci spiega sfide e prospettive di una realtà in rapida ascesa

SPECIALE di Umberto Moioli   —   19/09/2012

Nel corso delle finali europee delle World Championship Series abbiamo avuto anche modo di portare a casa un'intervista, quella con Ilja Rotelli a cui Blizzard ha affidato lo sviluppo di community e scena competitiva. Da oltre un anno a questa parte Rotelli, italiano emigrato in America durante la sua permanenza in Hasbro lavorando su Magic: The Gathering, sta cercando di sviluppare un format che sia capace di mettere StarCraft II sempre più al centro dell'attenzione nell'ambito degli e-sport, avvicinando nuovi giocatori e spettatori anche di paesi nei quali la figura dell'atleta "virtuale" è un oggetto misterioso. Il sogno è la Corea, patria degli e-sport in grado di riempire interi stadi per una finale, creare figure riconoscibili a livello mediatico ed imporsi come qualcosa in più che un semplice passatempo. Restando con i piedi per terra, all'interno di realtà come quella italiana già sarebbe fantastico per Blizzard far conoscere lo strategico ad un pubblico più vasto di quello dei super appassionati.

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Un compito che, ci viene spiegato, StarCraft II avrebbe tutto il potenziale per assolvere: "si tratta di un gioco estremamente divertente da guardare, questo lo rende speciale come e-sport . Ci sono tante sfumature per descriverne il successo ma il fattore divertimento secondo me è centrale. Anche se non lo hai mai giocato, non è difficile seguire l'azione, ogni elemento a schermo è caratterizzato a dovere. Aspetti come la grafica e le animazioni aiutano tantissimo in questo senso". Il potenziale in sé non basta, comunque, e un format come quello delle WCS, con dei gironi di qualificazione, le finali nazionali e poi le sfide per il titolo continentale, prima dello scontro per quello mondiale che quest'anno avverrà a Shangai in novembre, ha proprio il compito di creare un ambiente invitante che stimoli nuovi appassionati a cercare di farsi largo. Un progetto a lungo termine che vede lo sviluppatore californiano finalmente in prima fila per promuovere e costruire attivamente il futuro della scena.

Reale e virtuale

Quello che Rotelli e Blizzard stanno cercando di sfondare è un muro di diffidenza, costruito su terreni potenzialmente fertili. L'Italia in StarCraft II è una realtà marginale nonostante abbia espresso attraverso le finali nazionali due giocatori, Jeal e StarEagle, ma quando un prodotto attecchisce nel Bel Paese rischia davvero di fare il botto. Prendete Magic, ad esempio: negli anni è cresciuto al punto da farla diventare la seconda nazione al mondo per diffusione. Il segreto è da ricercarsi nella capacità di creare strutture locali che stimolano l'incontro, un ambiente informale e amichevole ben oltre il semplice e freddo matchmaking online che può per alcuni rappresentare un vero e proprio esercizio di frustrazione.

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Non che comunque non ci sia da lavorare per rendere migliore l'ecosistema virtuale, spesso troppo asettico nell'indicare il proprio posizionamento all'interno di una classifica: "in un mondo ideale ci sono infinite possibilità di confrontare il proprio piazzamento rispetto a qualsiasi parametro, siano gli amici di Facebook, quelli della propria città, dell'università e così via. La lista di feature in sviluppo per StarCraft II è lunghissima ma stiamo pensando anche a questi aspetti". Di annunciato, in arrivo con Heart of the Swarm, ci sono ad esempio i Clan e i Gruppi, un modo rapido per conoscere altri utenti e scontrarsi in un ambiente familiare, ma anche il matchmaking non classificato, che toglie dall'equazione l'ansia di vedersi attribuiti e tolti dei punti, quindi di scendere e salire continuamente in classifica. Rotelli non si è sbilanciato quando lo abbiamo incalzato su opzioni in game simili a quelle già presenti in DotA 2, con i tornei e le telecronache fruibili, in forma gratuita o a pagamento, direttamente attraverso il client di gioco, ma si è detto aperto a qualsiasi opzione li aiuti a consolidare l'esperienza di fruizione dei contenuti. Facendo una previsione forse azzardata, ci aspettiamo degli sviluppi anche in questa direzione. Restando sul multiplayer online battle arena di Valve, si è discusso a lungo del monte premi di oltre un milione e mezzo di dollari messo in palio dall'International 2012, praticamente un record, e non potevamo certo esentarci dal domandare su un eventuale adeguamento futuro a questi standard. In fondo Blizzard potrebbe permetterselo senza difficoltà. "Non sta a me giudicare se questo sia il genere di iniziativa che serva per rendere la scena competitiva più forte. Siamo più interessati ad allargare il numero di persone a cui assegnare dei premi piuttosto che concentrarli in mano ad un piccolo numero di individui.

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StarCraft II non necessità di imporsi nell'ecosistema degli e-sport, già siamo una parte di come questi si è evoluto e non dobbiamo puntare su enormi operazioni di visibilità". Vale lo stesso discorso anche per l'idea di stipendiare i team, ciò che Riot Games vuole fare per la terza stagione di League of Legends: "credo che l'ecosistema di StarCraft già funzioni bene in questo senso. Piuttosto, sono più interessato a proteggere i giocatori in modo che ad ogni torneo ricevano un trattamento giusto e adeguato dai partner a cui ci appoggiamo per queste manifestazioni. Abbiamo iniziato con loro una discussione su come creare degli standard che vengano rispettati in ogni occasione. Penso che i giocatori professionisti siano già trattati a dovere, mi devo preoccupare di come favorire l'ascesa di coloro aspirano ad arrivare allo stesso livello. Forse per Blizzard ci sono maggiori opportunità di andare incontro quel tipo di pubblico, lasciando alla organizzazioni già consolidate di prendersi cura dei pro".
Se lo strategico sviluppato a Irvine è oramai un e-sport di successo, capace di attecchire in occidente ben oltre quanto accaduto in passato e di creare figure professionali specializzate, come telecronisti, osservatori, commentatori tecnici e via dicendo, Blizzard dispone di altri titoli di prospettiva. "Siamo estremamente interessati a vedere come verrà accolta la componente PvP di Diablo III. Promuoverlo allo status di e-sport prima del lancio della patch competitiva è prematuro, ma appena verrà rilasciata osserveremo da vicino in che modo verrà giocata: se si configurerà come un'esperienza sociale, se sarà fortemente competitivo, se ci saranno tornei nati spontaneamente, se si formeranno team e così via. Questo è quello che successe anche con StarCraft: non era pensato per l'e-sport ma crescendo come fenomeno Blizzard lo ha supportato nel tempo".

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E un discorso simile dovrebbe valere per Blizzard All Stars, variante al genere dei MOBA di cui si sono un po' perse le tracce ma che potrebbe puntare a chi in cerca di un'esperienza più "casual" rispetto ai concorrenti di Valve e Riot. Blizzard AllStars, nata come mod sperimentale per SCII, potrebbe essere un possibile candidato a diventare il primo free to play made in Blizzard? Forse, ma di conferme non è possibile averne: "finora operiamo con questo sistema di business [la tradizionale vendita, scatolata o virtuale] perché si è rivelato di grande successo per noi, ed è quello che molti giocatori ci chiedono. Detto questo non ci precludiamo nessuna prospettiva. Ti serve il gioco giusto per un free to play, non partiamo mai dal modello economico per decidere se un gioco è giusto oppure no, partiamo dal gameplay". Di certo, possiamo aggiungere, quando un gioco riesce a fare il salto e diventare popolare come disciplina sportiva a guadagnarne è tutta la community: realtà come TeamLiquid sono fonti inestimabili per chiunque voglia iniziare a giocare e TwitchTV oppure Owned3D favoriscono la produzione contenuti e intrattenimento gratuito 24 ore su 24. Addirittura si creano curiose commistioni, come la passione dei giocatori di StarCraft per la cultura pop coreana. Se il prezzo da pagare per tutto questo è la rampante popolarità di mostri come quello mostrato poco sopra, pompato senza sosta durante i WCS 2012 dalle casse dell'Ericsson Globe, siamo ben felici di pagarlo.