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Alle radici di BioShock

L'arrivo di System Shock 2 su GOG è un'ottima occasione per rintracciare le radici di BioShock

SPECIALE di Mattia Armani   —   27/02/2013
BioShock Infinite
BioShock Infinite
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Il ritorno di System Shock 2 su GOG ci offre l'occasione di ripercorrere la strada compiuta da Ken Levine nell'universo degli adventure/RPG/FPS. Nel frattempo all'orizzonte, c'è già il terzo BioShock che promette dinamiche ancora più complesse, trama sempre più coinvolgente e un peculiare setting aereo che pur rispettando le atmosfere vintage della serie ne stravolge i toni e le situazioni. Quest'ultimo elemento è un marchio di fabbrica dei titoli di Ken Levine che si sono costantemente evoluti, BioShock 2 escluso ma per volere di 2K Games, esplorando tutti i tipi di alienazione e culminando in un'ambientazione viva per quanto sempre immersa nella follia più totale.

Alle radici di BioShock

In System Shock 2 invece, la solitudine è esplicita e assoluta con il protagonista bloccato in un relitto spaziale assieme alla poco socievole intelligenza artificiale SHODAN. L'ispirazione proviene indubbiamente da 2001: Odissea nello Spazio, ma sfocia nello space horror che è diventato uno dei sottogeneri più gettonati della fantascienza moderna. La vena horror è stata ripresa dalla serie BioShock, così come la fusione tra organico e tecnologico, ma SHODAN non è folle né lontanamente umana. Anzi, già nel primo capitolo, dopo la rimozione dei suoi vincoli etici, l'intelligenza artificiale diventa un'entità malvagia assoluta, desiderosa di essere riconosciuta come superiore, anche dal punto di vista emotivo. La sua presenza in System Shock 2 è uno degli elementi portanti dell'atmosfera e la sua gelida autoaffermazione, usata per tenerci sotto pressione durante l'intero titolo, è stata senza dubbio fonte d'ispirazione per l'altrettanto celebre GlaDOS. Il risultato è un vero incubo audiovisivo fatto di angoscia e di corpi straziati, di luoghi alienanti e di voci ossessive che ci guidano, chiave inglese alla mano, verso un finale tanto banale quanto esaltante.

Imagine the powers I can give you, human

I plasmidi e i tonici di BioShock sono i poteri psionici di System Shock 2 e saranno i vigor e i nostrum in BioShock Infinite. Irrational Games non ha intenzione di abbandonare il proprio modello che mescola efficacemente complessità e intuitività. Ovviamente, assieme alle armi che si rinnovano per aderire alle ambientazioni, non sono mancati, titolo dopo titolo, diversi miglioramenti, come gli effetti di congelamento in seguito all'uso di un potere legato al freddo e la complessità degli ambienti via via sempre più ampi. Evoluzioni in parte dovute all'inventiva e in parte alla tecnologia che oggi consente di combinare esplosioni, fisica ed intere isole galleggianti. Ma la vera differenza tra la vecchia guardia e quella nuova risiede nella gestione dei poteri, con System Shock 2 che include tre classi di partenza, in stile RPG, e infila tutte le abilità speciali in una lunga lista di poteri. I primi due BioShock invece, organizzano le abilità in set che possono essere modificati solo in determinati frangenti e suddivide poteri in tonici e plasmidi imponendo un massimale per entrambi.

Alle radici di BioShock

Questa impostazione limita ovviamente le possibilità di scelta in termini assoluti, al pari della mancanza di un inventario di stampo classico (in System Shock 2 integrato nel gameplay in modo da non interrompere mai l'azione), ma l'esperienza risulta decisamente più snella e la customizzazione dei plasmidi, affiancata da una gestione più dinamica di sistemi di sicurezza e torrette, mantiene elevata la complessità del titolo pur distaccandosi dall'impostazione da RPG cartaceo. In ogni caso è superfluo rimuginare su tutte le differenze e le similitudini tra le due serie, elencando informazioni vecchie di oltre 10 anni. Quello che è importante ricordare è che System Shock 2 rappresenta un diverso modo di pensare gli sparatutto in prima persona e, come Thief e Deus Ex, lega in modo indissolubile trama, meccaniche e atmosfera. Una visione videoludica forte, grazie alla quale Ken Levine si è ritagliato un posto di rilievo nel mondo videoludico senza inseguire Call of Duty o temere i ritardi. Una visione che colma un desiderio che potremmo definire atavico in rapporto alla breve vita del mondo videoludico. System Shock 2, arrivato a breve distanza dopo Half-Life, ha scatenato in molti giocatori il desiderio di FPS complessi, capaci di mescolare le dinamiche shooter con quelle survival, RPG e adventure. Come nel caso del titolo Valve, che ha scatenato le critiche verso gli FPS ripetitivi che dominavano all'epoca, l'atmosfera, la trama e il world design dell'horror spaziale di Looking Glass/Irrational Games hanno toccato vette di complessità degne della migliore narrativa d'azione. Purtroppo, nonostante gli innegabili pregi, il successo commerciale di System Shock 2 non è stato eclatante, ma se non altro l'entusiastico responso della critica e degli utenti hardcore ha portato il titolo nell'olimpo videoludico, consentendo a Levine di riproporre la sua formula, con la serie BioShock, in un periodo in cui la complessità spaventa quasi tutti i grandi publisher. Eppure le avventure horror in prima persona sono un fenomeno in crescita e Deus Ex: Human Revolution, per quanto semplificato rispetto ai predecessori, ha sottolineato, al pari dell'elevato livello di attesa dedicato al nuovo Thief, che il desiderio di esperienze complesse è presente anche laddove l'elemento portante del gameplay è la mira.

Your flesh is an insult to the perfection of the digital

Per molti superiore ad Half-Life, grazie alle meccaniche e al background, System Shock 2 ha un grosso problema ed è il comparto grafico. Caratterizzato da modelli a dir poco spartani, il capolavoro di Ken Levine è stato snobbato da molti giocatori proprio per la resa estetica altalenante. Eppure, una volta entrati nelle dinamiche di gioco, tutto quello che vedrete saranno angoli bui, corpi straziati, incubi e deliri.

Alle radici di BioShock

Il sistema di illuminazione, in relazione al'epoca, è indubbiamente valido, con effetti di luce avanzati sulle armi e una serie di tocchi di classe, tra cui un registro cromatico completamente diverso per ogni livello del gioco, che danno spessore alle spartane ambientazioni del titolo. Livelli wireframe e cunicoli fatti di carne pulsante sono impreziositi da texture cangianti e il modello tridimensionale degli oggetti eleva il tenore tecnologico dei menù. Ma l'impatto iniziale potrebbe essere eccessivamente ostico anche per giocatori di bocca buona, per questo il consiglio è quello di installare modifiche come Rebirth che se non altro aggiungono qualche poligono rendendo i modelli più plausibili. Superato il gap visivo comunque, l'esperienza di gioco prende il sopravvento, grazie a dedali angoscianti, diari doppiati splendidamente e grazie alla presenza di SHODAN che riempe le mancanze estetiche con il suo tracotante Ego. La sfida inoltre, è più che valida sia che vogliate giocare con i respawn attivati e a una difficoltà intermedia, sia che vogliate sfidare il titolo rinunciando a tutti gli aiuti e impostando la difficoltà al grado massimo. La prima via è quella giusta per chi vuole recuperare il titolo senza perderci troppo tempo, anche se i proiettili non abbondano nemmeno in questo caso, la seconda richiede tempo e pazienza ma mette in luce come anche il più ostico dei survival horror moderni sia stato creato con una concezione di sfida decisamente diversa. Ovviamente ci sono strade per semplificare un po' le cose, ma scoprirle fa parte del gioco.