Se volete partecipare alla protesta, unitevi al Movimento contro la disinformazione sui videogiochi.
Finora più di quattrocento dei suoi aderenti su Facebook hanno postato un commento sotto l'articolo di Giulietto Chiesa con la frase: "Io sono uno zombi che gioca GTA". Una frase civile e sicuramente efficace.
Come nasce tutto
Tu stai lì la domenica a raccogliere le olive tranquillo e beato senza pensare a videogiochi o a quant'altro. Quando scendi l'ultima volta dalla scala tutto ti aspetti tranne che un messaggio trafelato di Antonio (i suoi messaggi trafelati hanno una suoneria diversa da quella dei messaggi normali) che annuncia un attacco di Chiesa a Gran Theft Auto V. Inizialmente pensi che Papa Francesco abbia avuto qualcosa da ridire su Trevor parlandone all'Angelus, poi però clicchi sul link e ti ritrovi a leggere qualcosa di impensabile: un articolo fiume di Giulietto Chiesa contro il titolo di Rockstar. Anzi, peggio, il suo tentativo di lancio di una campagna di boicottaggio contro il gioco di Rockstar. Ora, fosse per noi ce ne saremmo tornati sull'albero a cogliere altre olive, mandando un SMS al giornalista per fargli presente che ormai GTA V i suoi trenta milioni di pezzi li ha venduti, anche perché è uscito da un bel po', e che quindi il suo boicottaggio sarebbe utile come un termosifone in un club equatoriale di nudisti. Poi però l'occhio è caduto sul sottotitolo dell'articolo.
"A Natale, genitori zombi lo regaleranno ai figli, affinché lo diventino anche loro. Serve boicottarlo e smetterla di "divertirsi da morire.""
E la giornata ci si è illuminata d'immenso. Come non leggere fino in fondo un articolo, pur molto lungo, che si presenta in siffatto, sublime, modo? Le prime righe sono ancora più folgoranti.
"È uscito un film molto speciale, che dura quanto vuole chi l'ha comprato. Nel quale gli attori li muove lo spettatore, che diventa quindi protagonista. Guarda un po' che progressi verso la "partecipazione" e la rottura dello schema della tv, così "autoritario" e unidirezionale. Evviva!"
A questo punto bisognerebbe mandare un altro SMS al buon Chiesa per fargli presente che i videogiochi non sono stati inventati nel 2013 e che la sua descrizione calza a pennello anche per Pac-Man. Purtroppo, leggendo qualche altra riga scopriamo che l'articolo è tutto così, ossia procede accoppiando luoghi comuni e affermazioni sensazionalistiche, sfruttando nel frattempo qualche informazione nota, per dare forza a una grande verità di fondo (rullo di tamburi e squilli di trombe): Grand Theft Auto V è "una operazione culturale devastante per il tenore intellettuale e morale di chi vive, e vivrà, su questo pianeta". Addirittura si arrivano a paragonare gli sviluppatori a dei produttori di armi e a definire il gioco un'arma di distruzione di massa. Distruzione intellettuale e morale, chiaramente.
Una dura risposta all'articolo di Giulietto Chiesa su Grand Theft Auto V
Io zombi, tu zombi, egli zomba
"È come se qualcuno andasse in un negozio e si comprasse una bomba a esplosione ritardata, e poi se la mettesse addosso per farsene maciullare."
Siamo quasi spaventati, ma che gioco è questo Grand Theft Auto V?
"Una cosa certa è che chi l'ha pensata ci sta guadagnando cifre astronomiche. Il prodotto interno lordo ringrazia."
E qui emerge l'animo che si scaglia contro chi guadagna soldi. La sua paura comunque è il Natale alle porte, in cui "Genitori zombi lo regaleranno ai figli, affinché lo diventino anche loro". Va bene Giulietto, sono migliaia di caratteri sparati contro GTA V per metterci in guardia sul pericolo che rappresenta. Addirittura farà diventare zombi milioni di persone. Ma perché? Non lo possiamo scoprire subito: prima dobbiamo affrontare una breve storia della serie che parte dal 1995 e che sparge un altro po' di paura, che non fa mai male (senza peraltro ricordare alcuni casi molto rilevanti che la riguardano): "questo film può essere tirato fuori dal cassetto quante volte si vuole, vive, prolifera, raccoglie adepti, fans, come si dice oggi, dilaga. Perché è molto divertente." E qui arriva una parte cruciale che vi riportiamo integralmente per non farle perdere tutta la sua bellezza.
"Con il quinto rampollo si raggiungerà e supererà il miliardo di spettatori-attori. Un settimo della popolazione del pianeta. Ma - tenuto conto che qualche miliardo di abitanti della Terra non ha l'elettricità, e neanche un computer - la densità media dei kamikaze che applicheranno su se stessi quest'arma sarà molto più alta in Occidente che, per esempio, in Africa. Il che equivale a dire che la densità media del cretino è più alta in Occidente che nel resto del mondo."
Oddio, siamo basiti. Veramente, cosa si può commentare? Quale percorso mentale può condurre a scrivere roba del genere? Intanto è facile contestare quei numeri: un miliardo di kamikaze? Ma secondo lui chi ha comprato un capitolo poi non ha comprato anche gli altri? Oppure Chiesa ritiene che a ogni uscita i GTA vengano acquistati solo da giocatori nuovi? Ma poi che linguaggio è? Se anche i GTA fossero stati fruiti da un miliardo di persone, sarebbero tutti dei kamikaze e dei cretini automaticamente? Ma andiamo avanti, che di perle ce ne sono ancora parecchie. Arriviamo alla fase paranoica: "questo film è vietato ai minori di 18 anni, ma la dicitura è un favore per i produttori. Anche gli altri quattro predecessori erano "sconsigliati" ai minori. Ottimo sistema per farli comprare proprio ai minori." Ovviamente il buon Chiesa saprà che quella dicitura non ha forza di legge perché la legge non si è mai adeguata all'autoregolamentazione che si è imposta l'industria videoludica. Il buon Chiesa saprà anche che nessuno, a parte il legislatore, può imporre forza di legge a un divieto e che quindi all'industria videoludica non rimane altro che sconsigliare un gioco ai minori di 18 anni finché non interverrà direttamente il legislatore. Infine Chiesa saprà che nei paesi in cui il divieto ha forza di legge, tipo l'Australia, un gioco non può essere venduto ai minori. Comunque conveniamo con lui che GTA V è molto gettonato tra i minori, visto che non sono mancate scene in cui genitori soddisfatti uscivano dai negozi insieme al figlioletto gongolante per aver ricevuto la sua copia del gioco.
Non per niente avevamo denunciato anche noi, a suo tempo, questa stortura, segnalando l'inadeguatezza di alcuni adulti che comprano di tutto ai figli senza badare troppo ai contenuti. Non siamo degli scriteriati come vorrebbe il buon Chiesa e anche per noi GTA V non è un gioco adatto ai più piccoli.Dopo la lunga premessa, finalmente Chiesa ci porta nella parte più sostanziale del suo lungo articolo. Diciamo subito che non la condividiamo, ma che se non fosse stata introdotta da presupposti così allarmistici ed esagerati, se ne sarebbe anche potuto discutere con meno livore. In effetti non è difficile trovare qualcosa di interessante in questo passaggio.
"Forse qualche pedagogo, qualche psicologo, dovrebbe spiegare a questi "critici d'arte" che un ragazzino di dieci anni, ma anche di quindici o venti, ma anche un adulto plasmato da "Italia Uno", non ha mai avuto tempo e modo di dotarsi di un bagaglio intellettuale tale da permettergli di "straniarsi" ironicamente da un tale tipo di attività "sociale". Il fatto è che gl'intellettuali tendono a proiettare se stessi sugli altri, e si aspettano che gli altri reagiscano agli eventi proprio come farebbero loro. Il che, naturalmente, non accade mai. Non gli viene in mente che i milioni di spettatori-attori-giocatori di questo film vivono in case dove non c'è nemmeno un libro, che del resto non hanno mai letto, né loro né i loro genitori, parenti e amici. Non prendono in considerazione che non c'è filtro difensivo nelle menti della stragrande maggioranza degli spettatori, da tempo già trasformati in"homines videntes" e in consumatori compulsivi."
Traduciamo semplificando: la cultura di massa non crea strumenti per leggere e straniarsi da ciò che avviene in un videogioco, gli intellettuali che lo difendono partono da se stessi senza considerare chi è il vero pubblico, quindi GTA V è pericoloso perché ha un tasso di violenza e di crudeltà molto elevato che viene recepito da persone dalla cultura inadeguata a digerirlo. La conclusione quale sarebbe? Che senza GTA il mondo sarebbe un posto migliore? E perché un singolo videogioco dovrebbe assumere una funzione pedagogica simile in un quadro culturale già evidentemente degradato di suo? Pensiamo davvero che i contenuti di GTA V rappresentino il problema? Al limite potrebbero essere letti come il prodotto del problema, volendo seguire il filo di Chiesa. Ossia, GTA V piace ed è possibile perché è prodotto da una certa società dove una grande massa di individui lo può apprezzare. Se questa massa non ha strumenti culturali adeguati il problema è a monte del sistema educativo, inteso nel suo complesso formato da genitori, adulti in generale e quindi scuola. In un quadro simile, far sparire GTA V cambierebbe di una virgola la situazione? "Italia 1" smetterebbe improvvisamente di mandare la sua robaccia? La cultura occidentale si risolleverebbe? Non scherziamo. Se vogliamo guardare GTA V da questo punto di vista, al massimo possiamo considerarlo come un mattone, non certo come il muro. L'anestetizzazione culturale è sicuramente un problema, ma va affrontato nella sua vastità e complessità. Troppo facile sarebbe vietare GTA V illudendosi di aver fatto del bene al mondo. La violenza di cui il gioco Rockstar è indubbiamente portatore è un sintomo, non la malattia. Mettersi a contestarla di punto in bianco diventa un alibi davvero facile che non aiuta a capire come ci siamo arrivati.
Attacchi gratuiti
Passato il momento razionale, Chiesa si mette a dissezionare il gioco andando a fare le pulci a ogni dettaglio che torni comodo per i suoi strali. Si parte dal titolo, "Gigantesco Furto di Automobili", che viene letto come un invito al furto, magari anche nella vita reale. Tra una citazione di Blade Runner e una di Guy Debord, si passa quindi al "nuovo mondo" di Huxley: Los Santos, abitata ovviamente dal dinamico trio, Michael De Santa, Franklin Clinton e Trevor Philips. "Le loro "missioni" le guidate voi che giocate, e sono nient'altro che una serie di nefandezze perfino difficili da raccontare." E chi saranno i padri di questi nefandi individui che insozzano le menti dei giovani occidentali? E ora la parte migliore, anche questa da leggere nella sua interezza.
"A quanto pare solo Amnesty International ha protestato. Per il resto è stato silenzio. C'è un gruppo di delinquenti (non mi riferisco ai tre protagonisti disegnati da schiere di schiavi al computer) che, per fare soldi, vende liquame velenoso su scala planetaria. Per il dio mercato sono dei santi. Volete che qualcuno li critichi se fanno miliardi? Che differenza c'è tra loro e il CEO di Goldman Sachs? L'unica differenza è che Lloyd C. Blankfein non sgozza nessuno in pubblico e, apparentemente, nemmeno invita a farlo (anche se nel chiuso dei suoi sontuosi uffici, firma documenti che condannano a morte milioni di persone). Questi delinquenti hanno un nome e un cognome. Si chiamano Sam e Dan Houser, i due fratelli fondatori della Rockstar Games. Il secondo è il genio che scrive le sceneggiature del gioco. È gente più pericolosa dei mercanti di droga, dei cartelli dell'oppio e della cocaina. Il loro scopo è titillare il peggio delle profondità della psiche umana: diseducare al vivere civile, umiliare, infangare lo spirito, le coscienze, mostrare un mondo dove ogni regola può essere infranta, e dove ogni infrazione viene premiata con il denaro che permette di comprare - per ora virtualmente - qualche cosa di superfluo, di lussuoso. Qualche cosa che nessuno dei giocatori potrà mai permettersi nel corso della sua vita reale. Il crimine è la norma. Agita ipnoticamente un'infinità di volte da menti prive di ogni possibilità di selezione, quindi di difesa."
Come commentare? No, davvero. Sam e Dan Houser messi alla stregua di assassini che invitano gli altri a compiere atti indicibili con i loro giochi? Addirittura siamo arrivati a definire i due dei "delinquenti" perché guadagnano con la loro opera? Certo, i contenuti di GTA sono controversi, perché negarlo, ma questo cosa c'entra con l'essere delinquenti? Seguendo questo ragionamento chiunque non produca un'opera approvata dall'associazione internazionale di pedagogia (esisterà?) potrebbe essere considerato come tale. Ma poi, domanda a margine, da cosa nasce questo allarmismo? Siamo al quinto capitolo di una serie che, dal punto di vista dei contenuti, era molto più estremo nei capitoli precedenti, quelli che Chiesa non ha mai considerato nemmeno di striscio. Come mai questo articolo proprio ora e non, magari, ai tempi del mare di polemiche su San Andreas? La verità ci sembra ben diversa da quella che vorrebbe far passare il giornalista, e francamente molto meno poetica della preoccupazione per il futuro dei giovani: quelli come lui hanno iniziato a interessarsi di GTA V perché il gioco per la prima volta ha trovato un grosso sbocco anche sulla stampa generalista italiana, giornali e telegiornali in testa, quindi sono diventati oggetto di un dibattito pubblico. Dei capitoli precedenti non aveva mai parlato nessuno, oppure erano passati di striscio nei canali di comunicazione tradizionali, mentre qui c'è stato un bel discutere della sensazione creata dai numeri impressionanti fatti dal titolo di Rockstar. Così personaggi che hanno sempre ignorato il nostro mondo hanno deciso di entrarci dentro a gamba tesa, preoccupati da quella che è soltanto la sua superficie, senza avere oltretutto gli strumenti adeguati per farlo, ossia una conoscenza specifica del linguaggio del medium. In effetti cosa stiamo commentando se non l'articolo di un signore che si trova tra le mani qualcosa che lo mette profondamente a disagio e che stenta, di fatto, a comprendere? È vero che si è informato e non ha sparato a caso, ma è altrettanto vero che il suo discorso di fondo nasce da una serie di pregiudizi preesistenti, non solo intorno al gioco, quanto alla società, intesa come organizzazione sociale, che lo ha prodotto.
Se fosse stato davvero preoccupato e informato, la sua battaglia sarebbe iniziata anni fa, invece è lui stesso ad ammettere di fatto di aver "ignorato" il fenomeno GTA fino a oggi. Bene, la conclusione della storia è che anche se fosse deleterio come afferma, ormai sarebbe tardi, perché per venti anni il pubblico ne avrebbe fruito liberamente. In questo senso la sua colpa più grossa sarebbe quella di non essersene accorto. La sua e di quelli come lui che hanno ignorato l'industria videoludica partendo da uno snobismo culturale sempre più insopportabile. Nel frattempo noi siamo cresciuti, in un certo senso ci siamo evoluti e, perché no, ci siamo involuti. Non siamo perfetti, non lo saremo mai e abbiamo un sacco di problemi, soprattutto nel riuscire a concepire noi stessi il manufatto videoludico come un oggetto culturale, ma non possiamo accettare che arrivi un giornalista qualsiasi a tirarci contro la sua preoccupazione senza sapere veramente nulla di ciò che siamo e che facciamo. È culturalmente inaccettabile proprio perché il presupposto non è la discussione, sempre bene accetta. No, il presupposto è un dito puntato e accompagnato da parole come zombi, cretini, delinquenti e chi più ne ha più ne metta. Addirittura si arriva a parlare di apologia di reato senza provarne minimamente vergogna, come se GTA V fosse un manuale per criminali invece di un videogioco. Purtroppo il fondo viene toccato da una frase molto incisiva.
"Ho visto una libreria di Roma che ha smontato tutta una vetrina, nella quale un tempo stavano dei libri, per dedicarla interamente a "GTA V"."
Non vi sembra niente di che in confronto al resto? Invece in questo periodo è contenuto tutto il disprezzo del mondo della cultura "alta" per il medium videoludico. È il racconto di un sacrilegio: un videogioco violento al posto di libri, dove andremo a finire? Racconto che prosegue nelle righe successive.
"Ma la cosa che più continua a stupirmi è la reazione collettiva delle gente colta, bene educata, tra cui si annoverano molti "di sinistra". E, in genere, degli adulti che definiremmo normali."
Ecco, le persone con cui parla Chiesa non sanno nulla di GTA V. Sono colte, ma ignorano il pericolo strisciante nelle console dei loro pargoli. Anzi, quando se ne parla molti lo vedono di buon occhio, perché arrivano a considerarlo un modo per sfogare certe pulsioni. L'intellettuale, ormai conscio del problema che affligge la società, ne mette a conoscenza i suoi commensali che si ritirano indifferenti dalla conversazione. La conclusione è che "gl'intellettuali ancora non hanno capito la differenza tra il giocare a guardie e ladri nei cortili del condominio, e lo stare ore, in "solitaria", o in una compagnia tendenzialmente abbrutita, a maneggiare strumenti di morte davanti a uno schermo." Compagnia tendenzialmente abbrutita. Come definire meglio milioni di ragazzi che giocano con altri milioni di ragazzi? E se è vero che milioni di persone che fanno la stessa cosa hanno un effetto sociale, è anche vero che la lettura, con relativa soluzione, non può essere quella proposta da Chiesa, ossia gli adulti che cancellano l'hobby dei figli, lasciati pascolare troppo a lungo liberamente.
Quando si denuncia che "Il gioco stesso è incompatibile con i buoni sentimenti" e che è di fatto un affresco della società del consumo, non possiamo che convenire, ma ribadendo che è solo un suo frutto, non il suo motore. GTA V è così perché molti hanno voluto che fosse così e noi, a nostro modo, abbiamo iniziato a riversare in questi mondi virtuali proprio voi che ci criticate. Girati dall'altra parte, in tutte altre faccende affaccendati, siete stati delle guide svogliate e avete prodotto un mondo orribile in cui molti si sentono abbandonati, sia a livello emotivo che fisico. Non potrebbe dipendere da questo la voglia così diffusa di spaccare tutto, anche solo in un videogioco? L'alternativa qual è? Difficile dirlo, retorica a parte visto che tutte le retoriche hanno presa solo sulla generazione che le esprime, non su quella che la subisce. Sicuramente non è tornare indietro alla generazione che ha prodotto tutto questo. Basta guardare cos'è diventata lei, proprio quella che avrebbe dovuto guidarci. Chi sono i veri grandi ladri? Chi è che ruba e insegna a rubare ogni volta che può? Un videogioco? Oppure una classe dirigente, intesa nel suo complesso, che non perde occasione di dimostrare la sua inettitudine e il suo violento, questo sì, disprezzo per qualsiasi regola? E allora di cosa stupirsi se è cresciuta proprio questa generazione che prova piacere solo nel distruggere tutto? Considerate questo il nostro modo "per ammazzare i padri", visto che non ce ne avete dato nessun altro.
Fonte: Articolo originale di Giulietto Chiesa pubblicato su Megachip