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Il lato oscuro dei saldi

Ormai gli Steam Sales sono un must dell'industria videoludica. Ma a chi convengono veramente?

SPECIALE di Dario Marchetti   —   04/02/2014

Circa dieci anni fa, prima che l'arrivo di Steam cambiasse il nostro modo di vivere e intendere il gaming su PC, l'acquisto di un videogioco era un avvenimento decisamente più raro. Per mettere le mani su un nuovo titolo si andava in qualche piccolo negozio di fiducia, sborsando molto probabilmente una bella cifra, a meno di non trovare qualche gioco vecchio di anni proposto a prezzi vantaggiosi. Oggi quel mondo è praticamente scomparso, sostituito dalle grandi catene di settore che offrono sconti e permute e soprattutto dal nuovo e glorioso mondo del digital delivery, grazie al quale i videogiochi arrivano direttamente sulla nostra macchina senza passare per distributori e rivenditori. A prezzi spesso (ma non sempre) molto, molto vantaggiosi.

Ormai gli Steam Sales sono un must dell'industria videoludica. Ma a chi convengono veramente?

Più saldi per tutti

A istituzionalizzare la politica dei saldi è stata proprio Valve, regina incontrastata del settore grazie a Steam. Mentre nei negozi italiani i saldi arrivano appena due volte l'anno, su Steam ogni occasione è buona per dare una sforbiciata ai prezzi e mandare in estasi i gamer di mezzo mondo: inverno, primavera, estate, Natale, Halloween e chi più ne ha più ne metta.

Il lato oscuro dei saldi

Un sistema dal successo assicurato che ha permesso a chiunque di costruirsi gigantesche librerie videoludiche (digitali) spendendo pochi spiccioli. Ma che da un altro punto di vista ci ha trasformato in videogiocatori bulimici, rapaci avvoltoi in attesa dei prezzi ridotti, pronti a dare fondo al nostro portafoglio digitale acquistando molti più titoli di quelli che saremo in grado di giocare. La prova? Aprite la vostra libreria di Steam, contate i giochi in lista e date un'occhiata a tutti quelli che non avete mai completato o, peggio, nemmeno installato. In molti casi vi renderete conto di avere un bell'arretrato da smaltire. D'accordo, non c'è niente di male nel comprare a prezzi vantaggiosi, d'altronde a chi non piacciono i saldi? Bisogna però riconoscere che a questo punto anche noi videogiocatori siamo diventati dei consumatori compulsivi, proprio come le tante ragazze (non me ce vogliano le videogiocatrici) disposte a comprare di tutto purché sia scontato.

Quantità e qualità

Il lato oscuro dei saldi

Una volta superato l'evidente vantaggio economico che gli Steam Sales rappresentano per noi videogiocatori, è necessario dare uno sguardo dietro le quinte della grande macchina di Valve e concorrenti. La realtà è che, fatte le dovute eccezioni, gli sconti perenni offerti dalla Rete stanno danneggiando sia i giocatori che gli sviluppatori, soprattutto quelli indipendenti. A spiegarlo in maniera molto chiara è stato Jason Rohrer, developer dietro indie game come Inside a Star-filled Sky e Castle Doctrine, in uscita il 29 gennaio. Con un post sul suo blog, Rohrer si è scagliato contro il modello dei saldi ad ogni costo, spiegando che i primi a subirne gli effetti negativi sono proprio i giocatori, che di volta in volta finiscono per comprare non i giochi che desiderano, bensì quelli che vengono proposti al prezzo più basso. Il risultato, che ognuno di noi può verificare personalmente, sono librerie piene di giochi che non volevamo e che probabilmente non giocheremo mai. Un meccanismo a cui ha contribuito anche l'Humble Bundle, iniziativa che ha il nobilissimo fine di donare soldi in beneficenza ma che molti hanno sfruttato al ribasso, pagando il minimo possibile per accaparrarsi un ricco bundle, spesso pieno di titoli che già possediamo.

L'allarme degli sviluppatori

Ma la polemica di Rohrer, quella che ha suscitato le reazioni più dure nell'industria videoludica, riguarda invece gli sviluppatori. L'idea di base è molto semplice: quale cliente comprerebbe un articolo a prezzo pieno sapendo che pochi giorni dopo potrà comprarlo a prezzo ridotto? La risposta è ancora più semplice: nessuno. Certo, Rohrer racconta di un piccolo zoccolo duro di videogiocatori che non hanno a cuore la questione economica, disposti a supportare i loro sviluppatori e titoli preferiti pagando qualche dollaro in più e acquistando il gioco al day one. Ma il resto finisce inevitabilmente per aspettare anche più di un anno per mettere le mani su quel titolo, con evidenti danni economici e non solo: svendita dopo svendita lo sviluppatore guadagna sempre meno, con ricavi letteralmente nulli tra un saldo e l'altro, mentre la comunità attorno al gioco, specialmente in caso di multiplayer, fatica a crescere, con masse di nuovi videogiocatori che arrivano solo a cose finite, quando ormai il ciclo vitale del titolo sta per concludersi. Un meccanismo che elimina ogni stimolo ad approfondire il titolo, scoraggiando anche quei pochi "coraggiosi" che avevano acquistato il gioco a prezzo pieno.

Un modello diverso è possibile?

Il lato oscuro dei saldi

L'antidoto proposto da Rohrer all'attuale situazione, nome in codice "ever rising", è una cura decisamente ortodossa, che rovescia completamente il modello attuale: invece di un prezzo iniziale che diminuisce via via col tempo, l'idea è quella di un gioco che costa meno durante le fasi alpha e beta per poi raggiungere un prezzo più alto all'uscita ufficiale, destinato poi a rimanere per sempre. Qualcosa del genere si era già visto con il colosso Minecraft, il cui prezzo è aumentato man mano con la crescita del gioco sia a livello tecnico che di comunità. In questo modo Rohrer punta non solo a premiare i giocatori che lo hanno accompagnato sin dall'inizio, contribuendo alla crescita del gioco, ma anche a disegnare un modello più sostenibile. Durante l'alpha infatti Castle Doctrine costava solo 8 dollari, mentre in occasione dell'uscita il pezzo salirà a 12 dollari per una settimana, per poi raggiungere definitivamente i 16 dollari. Una cifra che non diminuirà in futuro, visto che Rohrer ha deciso di non mettere mai più in saldo i propri titoli, disegnando così una vera e propria linea di confine tra due mondi.

Chi prima arriva meglio alloggia

Ma qualcosa di simile al modello di Rohrer può essere già visto proprio all'interno di Steam. Negli ultimi anni infatti la piattaforma di Valve ha deciso di dare un forte impulso all'incontro tra videogiocatori e sviluppatori, attraverso l'utilizzo di due strumenti fondamentali come Greenlight e Early Access.

Il lato oscuro dei saldi

Il primo ha favorito l'arrivo su Steam di moltissimi sviluppatori indipendenti ancora poco conosciuti, mettendo nelle mani della community il potere di far arrivare un gioco sulla grande vetrina della piattaforma. Un meccanismo che ha sviluppato sin da subito un'intesa più profonda tra chi gioca e chi sviluppa, creando una simbiosi senza la quale il titolo non avrebbe speranza di crescere e progredire. La comunità di giocatori assume così un ruolo fondamentale, una sorta di timone capace di guidare lo sviluppatore verso scelte più oculate, realizzando un titolo costruito anche sui continui feedback dei giocatori. Dall'altro lato Early Access, arrivato un anno dopo Greenlight, ha esteso ancora di più questa collaborazione, consentendo l'acquisto di titoli ancora in fase alpha o beta e favorendo così la nascita di una nuova fascia di giocatori, quelli interessati ad essere parte integrante del processo di sviluppo, un fenomeno che potremmo definire "crowd-developing". Per capirne il successo basta guardare i dati ufficiali di Valve: nel solo 2013 più del 10% degli oltre seicento titoli usciti su Steam sono stati pubblicati in Early Access. E anche al di fuori del regno di Gabe Newell casi particolari come quello di Starbound, che in meno di un mese di beta ha venduto un milione di copie, lasciano intendere che non tutti i videogiocatori sono schiavi della politica del risparmio e che, anzi, un modello diverso è assolutamente possibile.