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Motion Control? Mai esistito

Ad 8 anni dall'ingresso nel mercato, analizziamo cosa ne è oggi della tanto decantata rivoluzione dei controlli di movimento

SPECIALE di Marco Perri   —   11/05/2014

L'aspettativa è un titano emotivo incontrollabile. Sin dagli albori il popolo videoludico si è nutrito di sogni, promesse, immagini trapelate dal sottobosco, rumor di provenienza spesso infondata: un grande calderone di folklore digitale in grado di alimentare e rinvigorire le aspettative sul futuro. Il videogiocatore tipo è per natura predisposto a nutrire grandi ambizioni nei beniamini sotto i riflettori dell'industria, da anni ormai assorti a veri e propri idoli del piccolo schermo grazie all'impennata della comunicazione digitale. E poco importa se tali individui falliranno, o dimostreranno incompetenza, o se la risposta del mercato renderà fallimentari le loro battaglie aziendali perché nell'immediato avranno comunque raggiunto un obiettivo: infarcire di sogni i propri acquirenti paganti.

Motion Control? Mai esistito

L'industria del videogioco è diventata impietosa; tutto ormai si fonda sul portare in continuazione nuova carne al fuoco creando ed ammassando promesse di un eden videoludico sempre più luminoso, scintillante, libero dalle restrizioni tecniche del passato e finalmente pronto, volta dopo volta, al next step evolutivo. Un'evoluzione che, vista la competizione su scala globale, quando - e se - arriva, è già vecchia ed è costretta a contorcersi, mordendosi la coda per sopravvivere, trasformandosi nella prossima grande promessa, che a sua volta accenderà nell'immediato l'entusiasmo degli ascoltatori per venire poi ridimensionata dallo scorrere del tempo. L'hype moderna è tutto ciò: gioia e dolore di un ecosistema di prodotti che possono essere ma che forse non saranno mai, avvolti in uno spiraglio di "bigger better" che ha dimostrato di saper fare più vittime che altro. Nella generazione videoludica che abbiamo alle spalle di punti bui ce ne sono stati tanti, ma uno - il motion control - pesa più di ogni altro perché assorto quasi subito ad argomento di satira e mutato, solo a tasche piene, in apparente gallina dalle uova d'oro. Uova marcite ovunque in grande velocità.

Non c'è alternativa che tenga: il motion control non è l'evoluzione che i giocatori sognavano

Re(in)volution

Con Wii, Nintendo fu la prima a tentare l'azzardo. Non la prima in senso cronologico, in quanto fu l'Eye Toy di Sony a portare alle masse la prima effettiva fusione tra motion control e realtà aumentata. Ma Nintendo fu la prima a convincere il mondo della portata della sua rivoluzione nei controlli; un cambio di passo nuovo, inaspettato ed apripista della celebre strategia di business dell'Oceano Blu. Un oceano senza squali a minacciarli, dove la nuova visione del promesso equilibrio a metà strada

Motion Control? Mai esistito

tra casual e hardcore avrebbe potuto produrre effetti diversi dalla generazione GameCube. I risultati ci furono eccome, ma solo a livello di fatturato. Il Wiimote divenne emblema di un'epoca in cui la nuova ed intuitiva interfaccia di input a schermo abbassò fisiologicamente l'asticella d'ingresso nel mondo del gaming, rendendosi moda e simbolo allo stesso tempo. Calcolando il successo di Wii Sports a livello globale, la prossima affermazione può risultare in controtendenza d'opinione, eppure è un tassello fondamentale del nostro ragionamento: nessuno, a Kyoto, si aspettava un ingresso così assoluto di Wii nei salotti dei nuovi casual. Nel 2006, alle batterie di partenza della console war generazionale, il risultato di vendite fu talmente schiacciante da annichilire alla sorgente tutta l'ambizione e la necessità di Nintendo di rendere in fretta il Wiimote focus reale delle future esperienze first e second party. La mancata risposta al botteghino di Sony e Microsoft portò la grande N a rilassarsi, tronfia della propria dominazione, e lasciarsi andare a produzioni interne sempre di indubbia qualità ma decisamente carenti dal lato del motion design; tutte le promesse di utilizzi pionieristici del controller di Wii persero improvvisamente la loro rilevanza perché, semplicemente,

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Wii era divenuto uno tsunami di vendite indifferentemente da reali utilizzi approfonditi del controller. Software apparentemente basilari come Wii Sports prima, Mario Kart Wii e Wii Fit poi trainarono per i primi anni il sell-out della console nel mondo, lasciando Nintendo quasi incurante degli scenari potenziali che si andavano delineando ed incapace di fornire un refresh di titoli che mettesse al centro il tanto decantato motion control. Perché, in fondo, delle due correnti creatisi attorno a Wii - da una parte gli hardcore storici, dall'altra i nuovi casual - di quel motion control approssimativo non importava praticamente a nessuno. I primi non vedevano nel motion control un'alternativa intelligente al joypad tradizionale e soprattutto non avevano né l'interesse né la voglia di muoversi come forsennati per giocare alle storiche saghe first party, che non dovevano per alcun motivo "casualizzarsi"; i secondi difficilmente le avrebbero mai scoperte in quanto, finito l'entusiasmo iniziale, Wii era probabilmente già in una soffitta a collezionare polvere. Nintendo stava per prima superando un paradossale quanto pericoloso punto di non ritorno, il quale tutti coloro in procinto di seguire la loro strada avrebbero dovuto prima o poi fronteggiare.

Più emozione, meno mozione

Nonostante Metroid Prime 3: Corruption, Zack & Wiki: Quest for Barbaros' Treasure e No More Heroes fossero riusciti a fornire al Wiimote utilizzi hardcore decisamente interessanti, nei corridoi delle community e dei forum si andavano formando degli spettri destinati ad acquistare sempre più consistenza: quanto velocemente si stava raggiungendo il limite ludico del motion control? Che contributo la nuova tecnologia del movimento era in grado di dare ad un universo videoludico multi-genere sempre più orientato ad un requisito di alta fedeltà nei controlli?

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Rapporto di risorse fisiche necessario che da coordinazione occhio-mano si andava orientando ad un ben più dispendioso legame occhio-braccio, limitazioni tecniche intrinseche e assenza di software realmente innovativo a parte, la consapevolezza del fattore "gimmick" del Wiimote stava prendendo sempre più piede, spingendo la dirigenza di Kyoto ad un passo che avrebbe ancora di più sottolineato la paradossale strada degli annunci intrapresa: l'introduzione del Wii MotionPlus. Un altro tassello evolutivo che con la sua risposta 1:1 avrebbe dovuto rivitalizzare l'impegno dei third party e ridare nuova linfa e credibilità hardcore a Wii ma che, vittima delle proprie aspettative, nei suoi quasi 5 anni di commercializzazione ad oggi è stato realmente sfruttato da soli tre titoli: Wii Sports Resort, Red Steel 2 e The Legend of Zelda: Skyward Sword. All'alba di Wii, anche grazie ad un marketing ben piazzato ma decisamente troppo ambizioso, Nintendo aveva promesso idee, genio e design legato al motion control; negli anni a venire arrivò ben poco di quanto indicato. Un supporto decisamente insufficiente, che spinse a mettere in serio dubbio l'identità del nuovo sistema di controllo proposto e l'affidabilità produttiva stessa di Nintendo, da sommarsi al mancato sostegno di tutte le periferiche proposte e vendute in parallelo per Wii nel corso degli anni. Tanta plastica, tante potenzialità ma sostanza insufficiente; il successo di vendite del motion control e di apparecchi più o meno collegati si confrontava con una oggettiva penuria di software di caratura che li definisse e giustificasse in maniera univoca. Un boomerang mediatico al quale Nintendo doveva rispondere ma, per sua fortuna, quella era una battaglia in cui Kyoto non era più sola.

Motion Giants

I feedback dell'utenza contano, ma i soldi hanno sempre l'ultima parola. Nel mezzo dell'esperienza Wiimote, nonostante i convinti sostenitori di un potenziale connubio tra storica eredità di comando e motion control fossero rimasti pochi, il dilagante successo economico di Nintendo nel campo casual non aveva lasciato sordi i competitor. Satoru Iwata aveva dimostrato che quella del motion control era una filosofia tecnologica che si poteva vendere anche con pochi contenuti.

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Nei primi anni in cui Kyoto svuotava i magazzini di Wii senza creare una base di installato che si identificasse nella console, Sony e Microsoft avevano intrapreso l'unica strada che il nuovo mercato espanso, nel breve periodo, stava lasciando loro: lavorare bene sul rapporto IP/utenza, la stessa base di affezionati che, fino a quel momento, aveva contribuito a delineare il mercato dei videogiochi di un'identità da zoccolo duro solida e marcata. Con un acceso duello, i due giganti si sono scornati sin da subito per accaparrarsi lo scettro di compagnia che meglio intercettasse i bisogni di quel flusso di giocatori esigenti in arrivo dalla precedente generazione. Ma quando la cassaforte si apre, si sa, è difficile resisterle: siamo nel 2009, e nonostante i palchi scelti siano differenti, Microsoft e Sony annunciano, di lì a un anno, il loro ingresso nel mercato del motion control. Move e Kinect riempirono i topic di mezzo mondo per mesi a seguire: proprio le società che avevano più o meno direttamente criticato la tecnologia di movimento di Nintendo ora si apprestavano ad applicarla alle proprie IP ed a nuove, promesse proprietà intellettuali in arrivo. Con dignità, ovviamente: le tecnologie e le strategie comunicative proposte erano profondamente diverse da Nintendo e Wiimote, ma il target finale era lo stesso. Anche il risultato, purtroppo, fu identico se non peggiore, vista la lezione che i due giganti dovevano averne già tratto.

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Da una parte Kinect: nonostante i dati di installato forniti da Microsoft possano far pensare il contrario, l'alto prezzo di vendita misto ad un'assenza di software di qualità focalizzato sulle caratteristiche ne decretò un repentino taglio di prezzo non ufficiale a pochi mesi dal lancio, complice - Kinect Sports e Child of Eden esclusi - un supporto di qualità praticamente inesistente da parte di prime e terze parti. Steel Battalion, l'unico titolo hardcore sviluppato da From Software con il Kinect in testa sin dal principio, dimostrò in maniera plateale come il Kinect incorporasse una tecnologia troppo acerba per riempire quel gap promesso tra giochi hardcore e precisi quanto applicabili controlli di movimento. Per Move il discorso era diverso: differentemente dal gigante di Redmond, Sony non spinse il suo prodotto come una rivoluzione, piuttosto come un accessorio di PS3 che approfondisse l'esperienza dei suoi giochi. Viene oggi da chiedersi: di quali giochi? Gli unici che, come palesato dall'impotenza applicativa di Nintendo, affollavano l'ammiraglia Sony e che potevano permettersi un'applicazione dignitosa in grado di potersi ergere al di sopra del pad tradizionale: gli FPS. Ma gli utilizzi in altri generi erano bloccati dalla natura stesso del motion control, inapplicabile per la quasi totalità.

Aspettative tradite?

Quanti sono gli elementi che in questi anni di old gen ci hanno accompagnato nel farci sognare e che puntualmente hanno deluso? Infiniti. Periferiche annunciate e mai uscite o supportate a dovere, servizi lanciati e lasciati a metà, titoli venduti acerbi e via via finalizzati con patch tardive, trailer posticci a posteriori sbugiardati, vaporware ancora oggi barzelletta di sé stessi. Divertitevi a fare le associazioni, di materiale ce ne è stato sin troppo.

Motion FAIL

Quando giunse il momento per Nintendo di dimostrare a fan e investitori la forza del sistema di controllo, cuore pulsante di Wii, Kyoto si ritrovò ingabbiata tra chi esigeva software che ne dimostrasse la bontà dell'idea e chi aveva acquistato l'hardware per giocare gli IP storici della casa nipponica senza influenze di movimento, con risorse di sviluppo che entravano quindi in conflitto tra loro. Risultato: diradata la nebbia di vendite stellari, Nintendo si ritrovò tappata dal suo stesso collo di bottiglia.

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La cosa incredibile è che, dopo l'esperienza Wii, Iwata abbia fatto gli stessi errori di valutazione con WiiU. L'essersi nuovamente auto-imposti un controller primario pesante da digerire come il Gamepad, teorico fulcro ludico della macchina, sta portando ancora una volta ad una stretta forbice in cui difficilmente potranno realmente esserci profonde quanto coerenti idee di design: il Gamepad è per sua natura sponsorizzato come seconda finestra potenziale dove giocare, quindi condannato a portare un peso eterno di doppia anima perennemente in conflitto. Aggiungeteci l'inserimento di una tecnologia resistiva vecchia di un lustro, ormai quasi completamente rimossa dalle competenze degli sviluppatori moderni, ed ecco che il sogno di poter assistere ad un design innovativo e stiloso legato al Gamepad risulta difficile da concretizzare. Ma almeno siamo fiduciosi che ci proveranno. Kinect, invece, doveva essere la rivoluzione di Microsoft: ve lo ricordate il video di presentazione fantascientifico di Peter Molyneux con il suo Project Milo? Lo trovate qui in basso a destra; riguardatelo oggi, a mente fredda, e traete le vostre conclusioni. Alla fine della fiera, dopo tre anni di supporto hardcore praticamente inesistente e Dance Central come titolo mass-market più famoso, Microsoft ha rimpiazzato la sua creatura con il Kinect 2.0 di Xbox One.

A conti fatti, se è vero che la storia si ripete, non è un caso che in 5 mesi dall'uscita della macchina l'accessorio sia per ora un add-on stiloso e poco di più. Ma i veri giochi che sfrutteranno a dovere il motion control arriveranno... forse; intanto Ryse, annunciato a suo tempo come esclusiva in prima persona per Kinect è diventato un titolo di lancio in terza persona per Xbox One e Kinect Sports Rivals, seguito del multi-million seller Kinect Sports - complice la mancanza dell'effetto novità ed un fattore di installato decisamente a sfavore di Xbox One - sta performando in maniera estremamente inferiore rispetto al predecessore, con una proporzione 1:64 ai limiti dell'imbarazzante. Volendo sforzarci di guardare in prospettiva, l'avvenire di Kinect 2.0 non è dei più rosei. Criticato aspramente dagli analisti come unica vera causa del divario prezzo/appeal tra Xbox One e PlayStation 4, è incredibile pensare che, proprio in virtù del suo essere decantato come elemento fondamentale del business Microsoft, la scintillante periferica sia completamente spoglia di titoli di caratura nell'immediato futuro. Fantasia: Music Evolved, sviluppato da Harmonix e unico prodotto promettente per il sensore di Redmond, è sicuramente interessante ma reca con sé un fattore in un certo senso screditante: esce anche per Kinect, quindi anche per Xbox 360. Se Microsoft intende promuovere l'importanza e l'unicità di Kinect 2.0 senza alcun software esclusivo, il lavoro da fare per spingerlo in cima alla lista desideri dei giocatori sarà sempre più arduo. Tornando in Giappone, il Sixaxis di Sony era stato profetico: del sensore di movimento inserito nel primo pad di PlayStation 3 se ne sono dimenticati tutti in gran fretta, complice una natura intrinseca che peggiorava l'impianto di gameplay piuttosto che spalleggiarlo, e il destino di Move è stato purtroppo simile. In virtù di assenza di software identificativo, il concetto di motion control di Sony si è spento man mano che il Move si andava sempre più identificando come entità superflua da associare a software già esistente e già ottimizzato per il pad piuttosto che software di qualità esclusivo per la periferica, con Il Libro degli Incantesimi come unico brand ad esso legato in maniera univoca. Decisamente un po' poco.

No, non ci siamo proprio

I tre titani del divertimento videoludico hanno mostrato al mondo come, nonostante l'iniziale entusiasmo, il motion control non sia mai diventato un sistema di controllo degno di continue attenzioni, ma - aggiungiamo noi - di Wiimote, Kinect e Move ne sono stati venduti decine di milioni, senza mai fornire supporto coerente e tempestivo ad alcuna delle periferiche. Perché? La risposta la trovate nel primo paragrafo di questa analisi: i venditori di sogni. Don Mattrick, dopo aver venduto nel 2009 promesse di proprietà intellettuali di qualità esclusive per Kinect e dopo aver spinto per legare Kinect 2.0 in maniera indissolubile a Xbox One, è andato via dalla compagnia poco dopo il disastro comunicativo pre-E3 2013 e ora viene stipendiato a fior di milioni da Zynga. Un paradosso deprimente se solo pensiamo a tutti gli early adopter che avevano veramente creduto nel primo sensore motion control di Microsoft. Iwata e la dirigenza Nintendo avevano lasciato presagire grandi e nuovi orizzonti per il motion control di Wii, mai concretizzatisi. Dati i presupposti di credibilità palesati con il Wiimote, non è irreale pensare che la tiepidissima risposta di pubblico alle features uniche del Gamepad di WiiU ne sia diretta conseguenza. Con la presentazione in pompa magna del visore di realtà virtuale Morpheus, Sony ha posto l'asticella dell'hype ancora più in alto, garantendo un futuro basato proprio su tale fattore - stavolta - garantito come rivoluzionario e focale. Ma dato un supporto passato piuttosto deficitario, oltre Move, anche nei confronti di altri propri progetti e tecnologie (qualcuno ancora ricorda Home? Oppure la cross-chat mai implementata? O magari il 3D?) i dubbi sul supporto reale che riceverà Morpheus sono quantomeno leciti. Un tempismo di annuncio così anticipato suona - un po' come la recente infornata di indie - più come una chiamata alla armi per mantenere artificiosamente vivo l'interesse su PlayStation 4 in un periodo ora decisamente privo di uscite first party importanti.

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Certo, l'introduzione di PlayStation Camera come accessorio da mescolare alla tecnologia motion sensing acquisirebbe un'importanza maggiore se solo Sony si degnasse di integrarla a dovere. Le promesse di rendere Morpheus e Move un binomio stabile ci sono, resta come sempre da vedere se diverranno mai realtà o se - come tradizione motion control insegna - faranno la fine di Playroom, discreto passatempo di realtà aumentata preinstallato nel sistema operativo di PlayStation 4 ma già reperto del passato. Ora torniamo al punto: i giocatori hanno bisogno di avere controllo completo sulle proprie azioni a schermo, ed il motion control ha fallito come risposta e come alternativa. Ma prima di ogni altra cosa, i giocatori hanno bisogno di software valido. E allora, a tecnologia praticamente dimenticata, è ormai giusto chiedersi: a cosa è servito sviluppare, produrre e spingere le vendite di tecnologia videoludica come il motion control se chi la ha prodotta è stato il primo a non averci creduto supportandola a dovere? Non sarà che siamo di fronte alla palese dimostrazione che, dopo una fase di sbornia iniziale, tutte le tecnologie in qualche modo esterne alla console - periferiche, servizi e tutto ciò che non rientra nei canoni di gaming tradizionale sui quali le macchine da gioco dovrebbero fondare le basi - sono fisiologicamente destinate, con il tempo, a venire collocate sempre più in fondo alla scala di interesse da parte di produttori, sviluppatori e di conseguenza pubblico?