È passata una decina d'anni da quando Fabrizio Zagaglia (z4g0 per chi nel frattempo ha bazzicato le community di sviluppatori italiani) pubblicava Longy, un piccolo mix di avventura e survival che per ambientazione e mostri si rifaceva a classici della fantascienza horror vecchia scuola. Dopo un tentativo non riuscito di realizzare un seguito in 3D e portare la serie nel genere degli FPS in pieno stile id Software, Fabrizio ci riprova con Albedo: Eyes from Outer Space, erede spirituale in prima persona che si allontana con violenza dall'approccio "soft" e casual-friendly che il genere ha assunto sempre più col passare del tempo. E poco importa se si scontenta la generazione cresciuta a pane e QTE, longplay su YouTube e spoiler mascherati da sistemi di indizi. Giocatore old school duro e puro, l'autore sta sviluppando un titolo per sé piuttosto che per la massa; una sfida per pochi, nostalgici eletti. Al momento l'uscita è prevista per l'ultimo trimestre dell'anno, ma in occasione dello Svilupparty di Bologna abbiamo avuto modo di provarne alcuni livelli.
L'erede di Longy è un'avventura fantascientifica per i giocatori più tenaci
Enigmi dallo spazio profondo
Tra oscuri laboratori, una campagna sperduta, esperimenti scientifici e bizzarri mostri alieni, Albedo propone una miscela fatta volutamente di cliché, personaggi e atmosfere tipiche dello sci-fi degli anni 60-70. Il protagonista è Longy, una guardia notturna che passa le sue noiose giornate tra lattine di birra e cartoni di pizza, finché non resta intrappolato nell'edificio in cui lavora a seguito di sinistri avvenimenti. L'elemento narrativo serve giusto a dare un minimo di contesto all'esperienza tipica degli escape game, visto che uscire da ciascuna stanza diventa la priorità per il giocatore.
Chi o cosa ci ha infilato in quella baracca lo scopriremo dopo; per ora l'importante è tagliare la corda. Più facile a dirsi che a farsi però, visto che Albedo è volutamente criptico e ostico. La versione che abbiamo provato cominciava con Longy in una claustrofobica stanza piena di rottami e cianfrusaglie, mentre un mostro minacciava di sfondare l'unica porta d'ingresso. Evitando di entrare nel dettaglio, diciamo solo che per trovare la soluzione abbiamo dovuto armeggiare con un distributore di snack, una corda, una trappola per topi e un biscotto al cioccolato. E, se non fosse ancora chiaro, Albedo non fa nulla per renderci la vita facile. Chi gioca deve sporcarsi le mani, spremere le meningi e rovistare sotto scatole e rifiuti per trovare gli oggetti necessari ad andare avanti. Gli elementi importanti non vengono evidenziati per distinguerli da quelli inutili: osservandoli si può ottenere qualche microsopico suggerimento, ma sta al giocatore il compito di rimboccarsi le maniche, spesso attraverso una forte dose di trial and error mentre si cerca di entrare nella testa dell'autore per capire come utilizzare gli elementi di una stanza. I giocatori abituati agli enigmi da risolvere con uno o due click resteranno sicuramente spiazzati dalla meticolosità nell'interazione con lo scenario. Per rimuovere la grata di un condotto d'areazione bisogna svitarne le viti una a una. Per utilizzare uno snack bisogna prima scartarlo. Utilizzare una graffetta per scassinare un lucchetto vuol dire estendere il filo di metallo (ovviamente) e spingerlo, ruotarlo, inclinarlo attraverso la serratura fino a fargli assumere la forma giusta per allineare i pistoncini all'interno. Un singolo minigame, quest'ultimo, che fa sembrare un gioco da ragazzi i sistemi di lockpicking visti in titoli ben più blasonati.
Come nel Longy originale, non mancherà neppure una sfumatura action, con momenti nei quali difendersi da pericolose creature aliene a suon di pugni o, da un certo punto dell'avventura, utilizzando una doppietta. Pur essendo sviluppato da una sola persona armata di Unity e tanta pazienza, Albedo fa un'ottima figura da un punto di vista grafico, ma soprattutto, complice il design dei nemici e le diverse ambientazioni, riesce a creare quell'estetica sudicia, eccessiva e squisitamente naive di un vecchio B-movie. Tutto è infatti sopra le righe, con contrasti spinti e luci esagerate, nel tentativo di rendere il tutto meno fotorealistico e più personale, quasi parodico. Particolare è anche l'interfaccia di gioco: davanti a un elemento d'interesse si utilizza la rotellina del mouse per scorrere una a una le diverse interazioni possibili (guarda, posa, apri, ruota ecc.), oppure la si può premere per visualizzare una ghiera con tutte le opzioni. Va detto che, in mancanza di un tutorial iniziale, ci abbiamo messo un po' a superare l'impaccio dei primi minuti e impratichirci coi controlli, ma rimandiamo questo discorso a una prova più approfondita e lontana dal caos e dalla fretta di un evento pubblico come lo Svilupparty. Insomma, quando mancano ancora diversi mesi all'uscita, Albedo: Eyes from Outer Space sta ormai prendendo sempre più forma, mescolando in maniera coerente meccaniche da avventura grafica con sequenze da escape game, fasi survival a diabolici puzzle sottoforma di minigiochi. Il gioco di z4g0 promette essere un must soprattutto per i nostalgici che amano le atmosfere retrò e sentono la mancanza di enigmi elaborati, ma sarà curioso anche vedere la reazione dei giocatori più giovani, abituati a utilizzare con troppa facilità il termine "frustrante".
CERTEZZE
- Enigmi complessi e articolati
- Diversi ambienti ricchi d'atmosfera
- Graficamente si presenta molto bene
DUBBI
- Scontri a fuoco ancora da valutare
- Probabilmente spaventerà i novizi