42

Un mondo nuovo

Jeff Kaplan ci spiega i segreti dello sparatutto Blizzard

SPECIALE di Umberto Moioli   —   10/03/2015

Jeff Kaplan ha l'aria stanca ma serena. Dopo tre giorni sullo showfloor del PAX East, in mezzo a decine di migliaia di persone, la fatica si fa sentire ma non manca la soddisfazione nel vedere quanta gente si è proiettata allo stand Blizzard per provare in anteprima Overwatch. Ore di coda in piedi per giocare una decina di minuti e testare il nuovo sparatutto competitivo della casa californiana. Solo quarantotto postazioni - contro le seicento del Blizzcon - e un caldo infernale non hanno fermato gli appassionati che potrebbero non metterci più le mani sopa per parecchio tempo. Ne abbiamo parlato pochi giorni fa, dopo un paio di partite con i neo annunciati McCree e Zarya, e torniamo a farlo adesso sfruttando l'opportunità che ci è stata concessa di sederci e fare quattro chiacchiere con il direttore del progetto. Un titolo fortemente atipico per Blizzard, per certi versi anche rischioso, che intende allontanarsi dai paradigmi degli altri shooter in commercio per offrire un'esperienza nuova. I nostri primi test ci hanno impressionato in positivo ma, con una beta in arrivo in autunno e l'uscita presumibilmente nel 2016, non possono che esserci anche molti interrogativi...

Overwatch è un cantiere aperto: ne abbiamo parlato con Jeff Kaplan

Lavori in corso

Fin dall'annuncio, Overwatch è stato presentato come un titolo che punta moltissimo, quasi tutto sulla caratterizzazione dei suoi eroi. Un aspetto preso dai multiplayer battle arena e trasportato in un contesto solitamente meno ricco di opzioni. Ma anche un processo che richiede grande fantasia e capacità. "Si tratta del lavoro più divertente del mondo. In alcuni casi l'idea per un nuovo eroe arriva dai nostri game designer.

Un mondo nuovo
Un mondo nuovo

Ad esempio Zenyatta, il monaco robot, è stato realizzato a partire dalla volontà di creare un support che possa curare i compagni di squadra ovunque si trovino, con un'abilità che li segue sul campo di battaglia. Quindi nasce unicamente da un'esigenza di game design. Altri sono il frutto del lavoro dei nostri artisti. Reaper, per citarne uno, era inizialmente un semplice artwork ma ci è parso sin da subito così 'cool' da spingerci a crearvi un vero e proprio eroe attorno". Le mappe sono pure il frutto di meeting tra i diversi capi dei singoli dipartimenti al lavoro sul progetto. "Ci sediamo attorno a un tavolo e pensiamo a quali location sparse in giro per il mondo sarebbe divertente inserire". Quindi il passaggio successivo è quello di contestualizzare questi luoghi iconografici all'interno della narrativa di Overwatch e dello scontro tra fazioni di cui racconta la storia. La narrazione, quantomai complessa in un titolo unicamente multiplayer dove si torna sugli stessi scenari per centinaia di volte, è trainata da due idee principali. "La prima è quella che noi chiamiamo 'Visual Storytelling' e consiste nell'inserire alcuni scampoli di trama direttamente all'interno delle location. In Tempio di Anubi, ad esempio, ci sono alcuni simboli che per ora sono misteriosi e che vogliono incuriosire gli utenti. Nella nuova mappa, Osservatorio: Gibilterra, si possono invece osservare numerose scritte sulle lavagne all'interno del laboratorio. Sono elementi contestuali inseriti nell'ambientazione che si notano e si colgono un po' per volta". L'altro strumento deputato a raccontare le vicende di Overwatch saranno ovviamente i filmati in computer grafica: il primo, quello all'interno del museo, ha riscosso un notevole successo e Blizzard non intende fermarsi anche se creare filmati così lunghi e ricchi di dettagli è di certo un processo articolato e costoso. Soprattutto quando hai cinque o sei progetti attivi allo stesso tempo. "Abbiamo molte idee sia nell'ambito dei filmati realizzati ad hoc che per dei fumetti, non ci mancano le possibilità. Vogliamo creare qualcosa in più che un semplice gioco, un nuovo universo che possa avere la stessa portata di StarCraft, Warcraft e Diablo".

Ad oggi Overwatch conta due modalità di gioco, Trasporto e Conquista, entrambe piuttosto tradizionali e ultra note agli appassionati di sparatutto in prima persona multiplayer. Ci sarà quindi spazio per idee più innovative? "Abbiamo fatto e facciamo diversi esperimenti con modalità articolate, ma alla fine torniamo sempre a preferire soluzioni più semplici. Questo perché davvero vogliamo che il focus sia unicamente sugli eroi e le loro abilità. Quando complichiamo le meccaniche l'attenzione si sposta sulle particolarità della partita, gli utenti iniziano a interrogarsi su come sfruttarle a loro vantaggio e l'esperienza cambia. Tra l'altro essendo tutti gli eroi molto diversi tra loro, in alcuni casi diventa davvero difficile leggere gli ambienti e capire come sfruttarli al meglio. Non vogliamo confondere troppo le idee". Blizzard aveva sperimentato una modalità a obiettivi che prevedeva di difendere e attaccare allo stesso tempo, ma ha notato che il flusso del match diventava un continuo spostarsi di tutti i combattenti avanti e indietro, finendo per avvantaggiare troppo quei personaggi che fanno della mobilità sul terreno il loro punto forte.

Un mondo nuovo
Un mondo nuovo

"Il bilanciamento delle esperienze competitive è da sempre uno dei nostri vanti, fin da quando abbiamo rilasciato e supportato StarCraft. Il nostro mantra quando si parla di equilibri nelle meccaniche di gioco è 'make everything overpowered', ovvero vogliamo che qualsiasi eroe tu scelga ti sembri molto più potente degli altri. Anche se non è effettivamente così. Se ad esempio Tracer può sembrare a tratti sbilanciata perché troppo letale, vogliamo che gli altri eroi la raggiungano al suo livello piuttosto che il contrario". La filosofia alla base del titolo è simile a quella con cui è nato Hearthstone: creare un prodotto a cui sia innanzitutto molto semplice avvicinarsi, preoccupandosi in un secondo momento di vederlo sotto il profilo degli e-sport. Negli ultimi mesi sono comunque stati invitati alcuni pro player di Team Fortress 2 e i feedback sembra siano stati positivi: "ci ha fatto piacere rilevare i commenti relativi all'importanza dell'abilità del singolo giocatore in Overwatch. Quando al Blizzcon abbiamo parlato del titolo per la prima volta c'era il timore che non fosse sufficientemente profondo, ma è una percezione che sta rapidamente cambiando". Merito secondo Kaplan del gruppo di professioni che ci si dedica oramai da tempo. Il team che lavora sul gioco è stato infatti composto pensando alle esigenze di uno sparatutto in prima persona, genere in cui Blizzard non ha esperienza. Kaplan è stato a lungo al lavoro su World of Warcraft, quindi ha scelto di prendere persone con altri background. Ci sono professionisti con Medal of Honor, Ratchet and Clank, Halo, Evolve e Star Wars: Dark Forces sul curriculum. "Ma abbiamo anche numerosi veterani interni a Blizzard. Ad esempio è interessante notare come coloro che hanno fatto esperienza su Diablo, siano perfetti quando si tratta di mostrare la fisicità dei colpi e di creare animazioni convincenti". Tra gli aspetti ancora in via di definizione, quello che sarà forse più interessante scoprire è legato al modello di business ma Kaplan ci spiega che "anche solo osservando com'era Overwatch sei mesi fa, ci sono stati moltissimi cambiamenti che rendono difficile al momento fare previsioni certe su quale sarà la nostra scelta definitiva in tal senso". Secondo noi oggi come è oggi non è semplice proporre un titolo come Overwatch a prezzo pieno e non sarebbe utile per il suo successo a lungo termine, ma è chiaro che Blizzard può contare su una base utenti molto vasta praticamente qualsiasi soluzione scelga. Da qui al prossimo autunno, all'apertura della beta, siamo certi che saremo ancora invitati a provarlo e che magari avremo qualche dettaglio ulteriore sulla forma finale del prodotto e su come intendo supportarlo dopo il lancio. Per ora torniamo dal PAX East con una gran voglia di averlo installato sui nostri PC.