Non è tutta colpa di Valve. Un tempo Steam era una piattaforma chiusa cui si accedeva solo a precise condizioni, poi su pressione degli utenti e di molti sviluppatori è stata spalancata diventando per certi versi simile agli store di Apple e Google.
L'unico filtro rimasto per arrivare sulla pagina principale è Greenlight, piattaforma di appoggio simile a un bazar virtuale in cui chiunque può proporre il suo gioco da far votare alla comunità per garantirsi l'accesso a Steam. Sulla carta il sistema è perfetto, visto che sono i videogiocatori stessi a votare ciò che poi, teoricamente, compreranno. Purtroppo anche in questo caso si sono manifestate delle grosse falle sin da subito e Valve è dovuta correre ai ripari. Inizialmente l'accesso a Greenlight era completamente gratuito, per questo molti l'avevano preso come una specie di parco giochi in cui pubblicare qualsiasi stupidaggine gli venisse in mente. Così si è dovuto creare un filtro ulteriore: i soldi. Ora per accedere a Greenlight bisogna versare una cifra simbolica di 100 dollari. Niente di determinante per le casse di Valve o per quelle di uno studio serio, ma sicuramente un buon deterrente per molti troll. Purtroppo per fermare il troll facoltoso lo si può solo abbattere, ma la grande massa ci pensa bene prima di spendere soldi solo per produrre l'equivalente di una battuta. Grazie a questo piccolo accorgimento, la situazione su Greenlight si è stabilizzata. Dopo l'afflusso iniziale di titoli, migliaia in poche ore, oggi ci troviamo a verificare quantità molto più gestibili. Spesso si parla di poche registrazioni al giorno. Ad esempio il 29 maggio sono stati proposti al pubblico appena dieci giochi, il 28 ne sono stati proposti una quindicina e così via. Proprio per questo alcuni spiacevoli incidenti di percorso ci fanno chiedere se non sia il caso che Valve crei un piccolo team di verifica contenutistica e tecnica dei giochi che poi finiranno sullo store. Davvero non è possibile controllare una manciata di titoli al giorno?
Uno speciale per discutere della mancanza di controlli tecnici e qualitativi di Steam, lo store di Valve
Il caso Kill the Faggots
Greenlight presenta ancora diversi problemi cui non si riesce a porre argine. Ad esempio la promessa di chiavi di registrazione dei giochi in regalo a chi dia il suo voto. Certo, in questo caso il delitto si consuma tutto tra lo sviluppatore e l'utente, nonostante sia facile affermare che il mercimonio di voti finisca per sfavorire come al solito chi vuole fare le cose per bene e sul serio. Come già anticipato, il problema più grave è però quello della mancanza completa di controlli. Le esperienze di Google Play e App Store avrebbero dovuto insegnare qualcosa. Purtroppo hanno insegnato soltanto che ciò che non si guadagna da un singolo titolo di qualità lo si può ottenere da una grande massa di titoli, fossero pure spazzatura completa.
Questo però non giustifica il lancio di prodotti spesso tecnicamente traballanti e qualitativamente improponibili, come molti indie (ad esempio il terrificante Grass Simulator) o come anche alcuni tripla A tipo Mortal Kombat X, che per giorni è stato praticamente ingiocabile su Steam. Peggio ancora quando viene garantito l'accesso, sia pure soltanto a Greenlight, a immondizia come Kill the Faggots, sparatutto su rotaie, stile Operation Wolf per intenderci, in cui l'obiettivo è ammazzare omosessuali. Ogni uccisione è accompagnata da commenti tipo "AIDS carrier eliminated" (traduzione letterale: portatore di AIDS eliminato"). Ora, l'integralista cattolico Randall Hermann, produttore di scarpe dall'inquietante slogan "The teachings of Jesus Christ through quality footwear" (traduzione "L'insegnamento di Cristo tramite delle scarpe di qualità"), nonché autore del gioco, aveva tutto il diritto di dimostrare al mondo lo stato del suo cervello sviluppando una simile schifezza omofoba. Senza stare troppo a girarci intorno: opere del genere,siano libri, film, quadri o quant'altro, sono sempre esistite e sempre esisteranno. Chi scrive ricorda una polemica della seconda metà degli anni 80 in cui si parlava di videogiochi per computer a 8-bit a tema neonazista, quindi stupirsi troppo che a qualcuno passi in testa l'idea di creare un gioco in cui si ammazzano i gay sarebbe abbastanza puerile. Il problema è che se il buon Randall avesse creato il suo gioco, lo avesse pubblicato sul suo sito semi-anonimo e lo avesse condiviso solo con una ristretta cerchia di persone che la pensano come lui, ne avremmo pensato sempre tutto il male possibile, magari lo avremmo denunciato per incitazione all'odio verso una minoranza nel caso in cui fossimo fortuitamente capitati da quelle parti, ma la cosa sarebbe morta lì. Invece Kill the Faggots ha avuto accesso a Greenlight senza nessun problema. Ossia il controllo da parte di Valve è arrivato solo dopo che il giornalista videoludico Jim Sterling ha realizzato un video in cui ha parlato del gioco. A quel punto Gabe e soci si sono svegliati e si sono accorti delle centinaia di commenti inferociti nella pagina. Oltre alla figuraccia, ne è nato il forte sospetto che dentro Valve nessuno dia mai un'occhiata a Greenlight, se non richiamato dalle urla del mondo esterno.
Nessun controllo
Kill the Faggots non è l'unico fatto controverso capitato su Greenlight. Ci sono decine di casi in cui sono stati pubblicati titoli dai nomi invitanti con tanto di immagini, spesso rubate da altri giochi, e con delle demo giocabili che in realtà erano dei software di scam per sottrarre dati sensibili agli utenti. Caso celebre quello di John Sears che nonostante fosse noto nella comunità per diverse frodi, non ha comunque trovato ostacoli nel creare pagine Greenlight con la sua EXE-Create, ottenendo anche i voti necessari per arrivare su Steam.
La mancanza di controlli si estende anche nello store principale. Come già detto ci sono casi di titoli messi in vendita in uno stato semplicemente disastroso. Soprattutto la sezione Accesso Anticipato è stata per mesi una terra di nessuno dove qualsiasi furbo che avesse superato un tutorial di Unity poteva creare un paesaggio e venderselo come "gioco in via di sviluppo". Ora, dopo che Valve ha dettato alcune linee guida più stringenti, la situazione è migliorata. Ma lo store è ancora pieno di cadaveri come Montas, tanto per fare un esempio, che nella sua prima versione proposta al pubblico mancava praticamente di tutte le meccaniche di gioco principali, oppure, per offrire carne virtuale più celebre, Rust di Facepunch Studios, ormai in sviluppo da anni e che di versione in versione si è trasformato in qualcosa di molto diverso da quanto inizialmente comprato dagli utenti. Non stiamo parlando di un piccolo titolo di uno studio minore, ma di un prodotto che ha venduto milioni di copie e che allo stato attuale molti non saprebbero nemmeno descrivere. Insomma, di casi citabili ce ne sarebbero tanti e tutti molto diversi tra loro. L'unica costante è la mancanza di controlli da parte di chi alla fine questi giochi li vende. La logica di dare la responsabilità dei problemi solo ai publisher e agli sviluppatori inizia a fare acqua da tutte le parti, perché è vero che i beni virtuali sono differenti da quelli reali, ma è anche vero che la responsabilità deve ricadere anche su chi effettua la vendita, come sa bene chiunque abbia avuto un negozio o conosca l'argomento. Steam è il centro nevralgico del business su PC e non è più pensabile che se ne lavi le mani ogni volta che ci si trova di fronte a casi controversi nati tra i suoi scaffali virtuali. Davvero un simile colosso non può permettersi di formare un team che controlli ciò che ha accesso alle varie sezioni dello store, scremando i contenuti illegali, quelli pericolosi per i computer degli utenti e quelli improponibili?