Da quando è stato annunciato, Dragon Quest Heroes: L'Albero del Mondo e le Radici del Male ha calamitato l'attenzione degli appassionati della saga Square Enix che però, soprattutto in Occidente, hanno riservato un tiepido entusiasmo a questo spin-off in salsa musou. Un po' come avvenuto con The Legend of Zelda e il suo Hyrule Warriors, anche con Dragon Quest Heroes Omega Force ci ha messo lo zampino andando di fatto a riproporre un esperimento simile, cercando di fondere due tipologie di gameplay nella speranza di svecchiare in qualche modo un genere da anni sempre uguale a se stesso. Sia chiaro, i musou nella terra del Sol Levante continuano a vendere come il pane, ma è innegabile che il pubblico occidentale abbia iniziato a soffrire la ripetitività estrema del gameplay e, complice il salto generazionale, anche un comparto tecnico lontano dalle potenzialità delle nuove console. Tuttavia in questo caso la serie Square Enix è riuscita a mantenere la sua impronta caratteristica, compreso lo stile grafico inconfondibile e il character design del grande Akira Toriyama, nonché a implementare elementi tipici dei giochi di ruolo che potrebbero davvero aggiungere valore all'esperienza, ancor più di quanto fatto dalla controparte di Zelda su Wii U. A poche settimane dal lancio abbiamo messo le mani su una build molto corposa e ne siamo rimasti nuovamente colpiti.
Il mix tra musou e gioco di ruolo presente in Dragon Quest Heroes si fa sempre più interessante
Musou e JRPG
Lanciato il gioco ci siamo trovati di fronte per la prima volta alla versione italiana del titolo, avendo la conferma che Dragon Quest Heroes: L'Albero del Mondo e le Radici del Male avrà tutti i menu tradotti in italiano e i dialoghi sottotitolati, mentre il doppiaggio sarà disponibile in inglese o in giapponese. Abbiamo quindi avviato la campagna principale giocando le prime tre ore, nel tentativo di capire più a fondo cosa ci riserverà il prodotto finale. Il primo passo è scegliere il protagonista tra Luceus e Aurora, un cliché che in realtà è ben poca cosa ai fini della trama visto che la storia sarà la medesima per entrambi e potremo cambiare tra i due in qualsiasi momento. Essendoci dietro il character design del già citato Akira Toriyama, non ci sono opzioni di personalizzazione dei tratti somatici ed estetici, ma più avanti nel gioco ci sarà la possibilità di modificarne i vestiti e ovviamente armi ed equipaggiamento.
La prima parte, più introduttiva, è praticamente un tutorial del sistema di combattimento e dell'interfaccia, di pieno stampo Omega Force. Abbiamo come al solito due tipi di attacchi con quadrato e triangolo, da combinare assieme per combo più efficaci; con X si salta mentre con R2 si usa la schivata e con L1 la parata. Ci sono però alcune variazioni atte a dare maggior profondità agli scontri, come ad esempio la possibilità di lanciare incantesimi premendo R1 e consumando i pochi punti magia disponibili, che si ricaricano gradualmente mettendo a segno gli attacchi normali. Ogni personaggio ha disposizione tre attacchi di questo tipo in base alle proprie abilità: Luceus ad esempio usa il potere elementale del fuoco e Aurora quello del ghiaccio, mentre Juliette, l'ingegnere del gruppo, farà affidamento sulle sue folli invenzioni. Inoltre, è presente un'ulteriore barra che una volta riempita permette ai protagonisti di sprigionare un potere straordinario aumentando il numero di danni per ogni colpo e lanciano magie senza consumare risorse. Tutto molto bello e parecchio soddisfacente all'atto pratico, riuscendo effettivamente ad addolcire una struttura di gioco tipicamente musou, dove in ogni livello ci troveremo ad affrontare orde di nemici in scenari a stanze caratterizzati da obiettivi dinamici. Facendo il confronto con i diretti concorrenti come i vari Samurai Warriors o la serie One Piece Pirate Warriors, c'è da dire che la situazione è migliorata: in generale ci sono meno nemici su schermo, non vanno giù solamente con un colpo e ognuno di essi è ben curato in termini di modellazione e qualità delle animazioni. Allo stesso modo le sequenze di gioco sono piuttosto brevi e mettono al centro dell'azione obiettivi strettamente legati alla trama principale che, almeno all'inizio, sono abbastanza diversi tra di loro e richiedono un approccio un po' meno superficiale rispetto al buttarsi a testa bassa contro il nemico schiacciando a caso i bottoni sul pad. I nemici stessi sono piuttosto vari, con gli iconici slime che si alternano a scheletri, pipistrelli volanti e mostri di ogni tipo, tra cui gli insidiosi giganti di pietra molto coriacei da abbattere.
Ricco di sfumature
In tal senso, ci sono un paio di introduzioni decisamente gradite che servono appunto a rendere maggiormente strutturata e godibile l'azione di gioco, tra cui le medaglie che permettono di evocare due tipi di mostri: le sentinelle e gli attivisti, che nel primo caso si limitano a difendere un piccolo perimetro attorno all'area dove sono stati avocati, mentre nel secondo ci seguono in battaglia combattendo al nostro fianco.
Per fare un esempio, ci siamo ritrovati a difendere un generatore posto al centro del livello e preso di mira contemporaneamente da tre orde di nemici provenienti da direzioni diverse. Abbiamo quindi dovuto decidere quali mostri evocare e dove posizionarli in base a quelli a disposizione e correre costantemente avanti e indietro tra più fronti, per evitare che arrivassero all'obiettivo. Durante le prime missioni abbiamo anche incontrato macchine come lo Sparafiamme, un'interessante deviazione che aggiunge varietà agli scontri permettendo di utilizzate torrette fisse con soli tre proiettili, per colpire gruppi di nemici o abbattere più facilmente il bersaglio più grosso e pericoloso. Aggiunte sicuramente incoraggianti sotto il profilo del ritmo di gioco, ma rimangono ancora un po' di dubbi sulla struttura delle missioni sul lungo periodo, con il pericolo che per allungare il brodo si ricorra troppo spesso alle ripetitività di alcune situazioni e scenari che potrebbero stancare. Di contro a dare maggiore varietà ai combattimenti ci pensano i nostri compagni del party, selezionabili a piacimento con il tasto L2 e ottimamente caratterizzati. Nel giro di poco tempo abbiamo sbloccato la già citata Juliette e la coppia russa Alena e Kiryl, che insieme al Re Doric ci hanno dato la possibilità di provare diverse configurazioni. Tuttavia la composizione del party è semplificata rispetto a quella dei JRPG classici, vista l'assenza di ruoli chiave come il tank o il supporto. In Dragon Quest Heroes si tratta fondamentalmente di bilanciare attacchi corpo a corpo e dalla distanza, forza fisica con potere magico, velocità con potenza. Alena ad esempio è molto veloce e dà il meglio di sé nelle combo, mentre Doric è più lento nei movimenti ma colpisce con estrema violenza. Finite le missioni vi è poi tutta la parte interamente ruolistica a cui pensare, che comprende armi ed equipaggiamenti da comprare con i soldi guadagnati in battaglia, il crafting di oggetti più o meno rari, l'assegnazione di punti abilità e il commercio di materiali preziosi, il tutto da gestire in un hub centrale nel quale consultare la mappa del mondo per decidere la prossima destinazione.
Tuttavia da questa prova sono emersi due elementi che non ci hanno convinto appieno: da una parte abbiamo notato alcuni problemi nella gestione della visuale soprattutto nelle battaglia contro i boss, rispettivamente un Drago e un Gigante, con la telecamera che tende ad incastrarsi nei modelli poligonali bloccandoci la visuale; e dall'altra non ci ha soddisfatto l'interfaccia di gioco satura di informazioni, con mappa e indicatori che sacrificano l'azione su schermo. Tecnicamente invece Dragon Quest Heroes è un bel vedere complice il cel shading in stile cartoon, impreziosito da una palette cromatica accesa e densa di sfumature. Soffrono le ambientazioni piuttosto piatte e non particolarmente dettagliate, inequivocabile segno dello sviluppo a cavallo tra due generazioni di console. L'azione scorre sempre fluida e granitica a 60 frame al secondo anche con lo schermo zeppo di nemici, intervallata solamente dalle cut scene in computer grafica che raccontano i fatti più importanti della storia e lasciano spazio a situazioni ironiche infarcite di humor giapponese, che non faticano a strappare qualche sorriso. Dopo un paio d'ore di gioco non possiamo far altro che riconfermare la nostra fiducia nei confronti di Dragon Quest Heroes: L'Albero del Mondo e le Radici del Male, un musou più curato della media a con alcune interessanti meccaniche ruolistiche che smorzano in parte la ripetitività dei combattimenti e donano un maggiore senso di profondità e varietà alla struttura di gioco, rendendolo sicuramente più appetibile anche per i palati occidentali poco inclini e digerire il genere.
CERTEZZE
- Interessante implementazione di meccaniche da gioco di ruolo
- Totale controllo del party e dello sviluppo dei personaggi
- Graficamente molto curato
DUBBI
- Telecamera talvolta problematica
- Reggerà sul lungo periodo?