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Miti e Leggende urbane sui Pokémon

Una serie adatta a tutte le età, dallo stile cartoonesco e divertente, può nascondere un segreto che la trasforma in un vortice di orrore?

SPECIALE di Massimo Reina   —   06/10/2015

Satoshi Tajiri è sempre stato un tipo curioso. Il classico sognatore dotato di una fervida immaginazione. Fin da ragazzino mostrò una certa passione per l'entomologia, ma solo per il gusto di collezionare, osservare e allevare insetti, e per i videogiochi arcade, su tutti Space Invaders. Quest'ultimo "amore" lo convinse sul finire degli anni '80 a inventarsi, assieme all'amico Ken Sugimori, una fanzine dedicata all'intrattenimento elettronico chiamata Game Freak, che anni dopo sarebbe poi diventata una software house. Un giorno Tajiri venne letteralmente folgorato dalla visione di un Game Boy e della sua funzione che permetteva a due giocatori di sfidarsi collegando le loro macchine. La fantasia del giovane si mise subito in moto: iniziò a fantasticare di piccole creature che vivevano dentro alle console e che interagivano, si spostavano e si muovevano da un Game Boy all'altro tramite quel semplice cavetto di connessione. Fu proprio in quel preciso istante che senza rendersene conto concepì le basi di quello che sei anni dopo sarebbe diventato un brand multimilionario, capace di spaziare in ogni campo dell'intrattenimento, oltre che di diventare il secondo franchise videoludico per volume di vendite dopo Mario. Nel 1996 Satoshi Tajiri pubblicò infatti il videogioco Pokémon Verde per Game Boy sotto etichetta Nintendo, assieme a Pokémon Rosso. Si trattava di due titoli nei quali il giocatore poteva collezionare ed allenare decine di creature di varia natura ed abilità chiamate Pokémon, per farle combattere con quelle di altri allenatori. Il successo fu praticamente immediato e, come talvolta accade quando un prodotto scuote in maniera dirompente il mercato conquistando una vasta schiera di pubblico, portò anche alla creazione di miti sul mondo dei due videogiochi. È proprio ai due titoli sopra citati che è per esempio legata una delle più famose leggende metropolitane del mondo dei videogame, vale a dire quella della "Sindrome di Lavandonia".

Spaventose o semplicemente insolite: vi presentiamo le più interessanti leggende urbane sui Pokémon

La sindrome di Lavandonia

Lavandonia è una città immaginaria del mondo dei Pokémon. Si trova nella regione di Kanto, ad est di Zafferanopoli, ed è raggiungibile attraversando il Percorso 8 a sud-est di Celestopoli, a cui è collegata tramite i Percorsi 9 e 10 e il Tunnel Roccioso. La città è una delle poche della regione ad essere sprovvista di una palestra, ed è famosa perché ospita un edificio di sette piani adibito a cimitero, dove giacciono i Pokémon deceduti che però non trovano pace visto che i loro spiriti infestano le aree del complesso. Questa cittadina virtuale, come detto poco sopra, ha dato origine a una delle più note leggende urbane del mondo dei videogiochi, la Sindrome di Lavandonia. Secondo il racconto, infatti, una bizzarra serie di casi clinici e di morti che avrebbero coinvolto circa duecento bambini di età compresa tra i 7 e i 12 anni in tutto il Giappone, sarebbero da ricollegarsi alle prime release originali giapponesi dei giochi Pokémon Rosso e Verde (che per il mercato occidentale divenne poi Pokèmon Blu).

Miti e Leggende urbane sui Pokémon
Miti e Leggende urbane sui Pokémon

I sintomi più evidenti del fenomeno, a detta di alcuni presunti esperti e di altrettanto fantomatici insider dello studio Game Freak Inc., erano mal di testa e forti emicranie, sanguinamenti da occhi e orecchie, sbalzi d'umore improvvisi e irascibilità. Ed ancora, dipendenza dal gioco, stati catatonici e, nel 67% dei casi, perfino tendenze suicide. Questi sintomi pare colpissero i giovani utenti che nel corso dell'avventura arrivavano a Lavandonia, e che nella maggior parte dei casi indossavano delle cuffie o degli auricolari. Sarebbe stata l'inquietante musica di sottofondo a causare disagi ai ragazzini, in quanto si dice che avendo un udito più sensibile rispetto agli adulti, fosse per loro più facile sentire gli elevati picchi di frequenza dei suoni. Si dice che nel tentativo di creare un luogo diverso dal solito, molto particolare e capace di lasciare un segno indelebile nella mente degli utenti, gli sviluppatori avessero manipolato il sonoro, sfruttando i cosiddetti battiti binaurali per cercare di condizionare la mente dei soggetti più sensibili allo scopo di suscitare in loro determinate reazioni emotive. I battimenti venivano percepiti dal cervello dei giocatori più giovani quando due suoni con frequenza inferiore ai 1.500 Hz e con differenza inferiore ai 30 Hz, venivano ascoltati separatamente attraverso gli auricolari della console. Ovviamente il team di sviluppo non aveva tenuto conto dei terribili effetti collaterali descritti poco sopra. Tant'è che corse ai ripari eliminando la musica incriminata dalle successive release, comprese quelle occidentali. Le prime notizie sugli effetti di questa sindrome risalirebbero all'estate del 1996, anche se sono giunte all'attenzione del grande pubblico solo molto tempo dopo, quando Satou Harue, una presunta dipendente del team di sviluppo Game Freak Inc., avrebbe rotto il muro di omertà e fatto trapelare alcune informazioni sulla Rete. In particolare venne "pubblicato" un documento contenente i risultati di una presunta inchiesta interna nella quale venivano descritti diversi casi riguardanti bambini che avevano manifestato gravi problemi di salute dopo aver giocato a Pokémon Rosso o Verde. Fra i dati contenuti nella ricerca anche molti referti medici che, come accennato prima, descrivevano nel dettaglio casi di apnea ostruttiva nel sonno, emicrania, irritabilità, dipendenza dal gioco, sanguinamenti dal naso, episodi di autolesionismo e di aggressività nei confronti di altri soggetti. Secondo la leggenda perfino il figlio di Satou Harue sarebbe stato vittima della sindrome, e Shin Nakamura, marito della dipendente di Game Freak, si sarebbe impiccato per il dolore causato dalla perdita del piccolo.

Paura di giocare

Ad ogni modo, come vedremo più avanti, i sintomi della sindrome, o parte di essi, pare fossero correlati anche a fenomeni visivi divenuti poi noti come White Hand Sprite, Ghost Animation e Buried Alive Model. La prima, conosciuta anche col nome in codice di WhitHand.gif, era una creatura nel gioco raffigurata sotto forma di una scheletrica mano bianca con brandelli di carne che le si staccavano dalle ossa. Avrebbe dovuto essere una sorta di Pokémon selvatico posto al terzo piano della omonima Torre. In realtà sarebbe qualcosa di peggio. Il "mostro" sarebbe formato da pochi frame, molti sarebbero mancanti: c'è l'immagine del verso, la mano ferma e due attacchi chiamati rispettivamente Pugno e Brutalità. Guardarla in movimento provocherebbe stati d'ansia, spasmi e crisi epilettiche.

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Altra "immagine" coinvolta nel fenomeno sarebbe la fantomatica Ghost Animation, codificata come Haunting.swf e conosciuta anche come immagine #731. Questa figura, realizzata partendo dal modello normale del fantasma della Torre di Lavandonia, si dice fosse stata concepita per essere dislocata in diversi punti dell'area. Nel prodotto originale, i giocatori sembra che non potessero interagire con questa figura se non tramite un glitch che creava però numerosi problemi, compreso il crash del gioco. Ad ogni modo, la peculiarità di questo personaggio starebbe nel fatto che nei suoi fotogrammi ci sarebbero delle immagini anomale e inquietanti: un'autopsia, diversi cadaveri ma soprattutto evidenti riferimenti alla terribile Unità 731 e al criminale di guerra Shiro Ishii. Quest'ultimo è stato un medico, microbiologo e generale dell'Impero giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale e quella sino-giapponese, a capo di un programma di ricerche per la creazione di armi biologiche. Ishii era infatti al comando dell'unità militare citata prima, attiva dal 1936 al 1945 in Manciuria (Cina nordorientale), principalmente nel campo di Ping Fang. Il suo obiettivo principale era quello di sviluppare delle armi di distruzione di massa, sfruttando per la sperimentazione i laboratori e i prigionieri nei campi di sterminio costruiti dai giapponesi e disseminati nelle zone dell'Asia orientale.

Miti e Leggende urbane sui Pokémon

Sui motivi della fantomatica presenza di immagini così cruente e correlate a figure così tragiche della storia del Giappone, nascoste all'interno di un gioco per ragazzini furono avanzate alcune teorie, ma di fatto nessuno avrebbe mai chiarito realmente la questione, e perfino il capo programmatore Hisashi Sogabe avrebbe giurato di non saper nulla della loro esistenza. Altrettanto inquietante, a nostro parere, è la figura del modello Buried Alive, personaggio che alcune voci di corridoio dicono fosse stato pensato inizialmente dagli sviluppatori per essere il boss principale della Torre Pokémon. Disegnato con le sembianze di un cadavere umano in decomposizione che tenta di strisciare fuori dalla terra, una volta incrociato si dice che generasse una strana conversazione con il personaggio gestito dall'utente, conclusa dall'inquietante frase "sono in trappola e mi sento solo. Molto solo. Vuoi venire con me?". Un attimo dopo sarebbe iniziato lo scontro: se fosse stato vinto dal videogiocatore non avrebbe portato a nulla di particolare, forse un blocco temporaneo della cartuccia o un normale ritorno alla fase esplorativa; viceversa, subito dopo una serie di frasi, molte delle quali apparentemente senza senso, proferite dal nemico, sarebbe apparsa una schermata di Game Over sull'immagine del Buried Alive che divorava il personaggio gestito dal giocatore e lo trascinava con sé. Ma non è tutto: pare che in maniera del tutto autonoma il gioco avrebbe poi scaricato dalla cartuccia l'immagine del modello nella memoria interna del Game Boy, che avrebbe quindi sovrascritto quella normale di inizio gioco. Inoltre sarebbe cambiata anche la musica di sottofondo, grazie a un fantomatico file di nome staticmesh.wav che sarebbe andato a sua volta a sostituire quello originale. Che dire, è o no una leggenda inquietante? Ah, per la cronaca, il filmato qui in basso è un falso creato da un fan.

Il mistero di Mew

Oltre a quella che vi abbiamo raccontato fino ad ora, la serie Pokémon può vantare anche altri segreti e miti. Una di queste è legata al personaggio di Mew. Il centocinquantunesimo Pokémon, uno dei più forti della prima generazione, era disponibile ufficialmente solo attraverso alcuni eventi speciali ufficiali organizzati da Nintendo, come la Legendary Pokémon Offer al CoroCoro Comics, che nell'aprile del 1996 permise ai venti fan di poter aggiungere nella loro copia dei giochi Pokémon Rosso e Blu (in Giappone, Verde) la simpatica creatura rosa. Questo però non fece desistere molti fan dal tentare di ottenerlo ugualmente attraverso trucchi o sistemi inventati di sana pianta da qualche bontempone.

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La leggenda più nota in tal senso è stata quella che diceva che Mew fosse disponibile a Vermillion City, sotto un camioncino rosso parcheggiato sulla strada. Lì, si sosteneva che bastasse usare un Pokémon con l'abilità Forza o Taglia per eliminare il veicolo e vedersi spuntare davanti la creatura. Ma visto che nessuna delle due capacità era disponibile a quel punto del gioco, i fan si scatenarono attuando anche i metodi più strampalati per cercare (inutilmente) di ottenere le abilità necessarie per spostare il camion. In realtà pare che, al di fuori degli eventi Nintendo, la creatura si potesse avere in Pokémon Rosso, Pokémon Blu e Pokémon Giallo solo attraverso il "Mew glitch", un bug che permetteva di aprire il menu di gioco poco prima di certi incontri e, che dopo aver svolto una serie di compiti e scontri, a un certo punto avrebbe consentito di incrociare un Mew selvatico. Un altro mito sulla creatura in questione, però minore come fama, la vedrebbe nascosta dietro a una parete da distruggere nel laboratorio del professor Samuel Oak. Sempre Mew sarebbe arruolabile in Pokémon Oro, Argento e Cristallo: dopo aver fatto cadere per ben mille volte il proprio personaggio dalla buca del faro, si sbloccherebbe una fantomatica area all'interno della quale affrontare ed eventualmente catturare la creatura. Ovviamente si tratta di una bufala.

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Pokémon sulla Luna

In altri giochi della serie si vocifera anche che si possa morire schiacciati da un treno, che sarebbe possibile diventare dei capo palestra nella città di Aranciopoli o effettuare dei vantaggiosi scambi con Bill fino a ottenere l'immancabile Mew e Celebi. In Pokémon Rubino e Zaffiro si dice invece che il videogiocatore possa addirittura andare sulla Luna. A Verdeazzupoli, dal centro spaziale, come sapete vengono lanciati dei razzi. Ebbene, secondo le dicerie di alcuni fan, dopo aver spedito il centesimo, lo scienziato del luogo proporrebbe al protagonista di andare sulla Luna.

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In caso di riposta affermativa, questi si ritroverebbe quindi proprio sul satellite naturale della Terra, dove potrebbe catturare due Pokémon rari, cioè Jirachi e Deoxys. Un'altra creatura rara si troverebbe invece dietro la porta bloccata di una casa, sempre a Verdeazzupoli, situata su un'isola coperta di fiori a est di Hoenn. Per alcuni ci sarebbe Lino con un potente essere, per altri dietro l'uscio ci sarebbero tutti i Pokémon leggendari delle vecchie versioni. Nulla di vero, ovviamente. Infine, in Perla e Diamante per Nintendo DS, ma il vecchio modello che dava la possibilità di inserire anche le cartucce del Game Boy Advance, una leggenda vuole che si possano trovare Haunter e Gengar all'Antico Chateau, ma solo a patto di aver inserito anche Pokémon Smeraldo nella console. Insomma, volendo l'elenco di miti e leggende legate all'universo dei Pokémon potrebbe offrire ancora tanti altri argomenti, ma preferiamo non esagerare con la loro esposizione e chiudere l'articolo con quelli che vi abbiamo descritto fino ad ora, che poi sono anche i più famosi e interessanti. Ma chissà che col proseguo della saga, altre leggende altrettanto valide o curiose non vadano a soppiantare quelle già esistenti, fornendoci lo spunto per ulteriori discussioni e speciali sul tema. Intanto, come sempre, gotta catch 'em all!